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USA. Una nuova legge vieta prodotti realizzati dal lavoro forzato degli uiguri

Grande apprezzamento dei battisti del sud per l’approvazione all’unanimità di una legge degli Stati Uniti che vieta l’importazione di beni realizzati con il lavoro forzato dei musulmani uiguri, vittime della persecuzione del Governo Cinese.

Il 23 dicembre scorso il presidente Joe Biden ha firmato la legge per la prevenzione del lavoro forzato degli uiguri, circa sei mesi dopo l’adozione da parte dei delegati alla riunione annuale della Convenzione battista del sud (SBC) di una risoluzione che condannava l’oppressione degli uiguri da parte del Partito Comunista Cinese (PCC). La risoluzione chiedeva al governo degli Stati Uniti di intraprendere “azioni concrete” per porre fine al genocidio.

Con la risoluzione approvata il 15 giugno scorso, la SBC è la prima denominazione cristiana a denunciare la campagna della Cina contro gli uiguri come genocidio.

L’azione del PCC contro gli uiguri, minoranza musulmana nella Cina occidentale, include non solo il lavoro forzato, ma anche la detenzione diffusa nei campi di “rieducazione” e un programma coercitivo di controllo della popolazione tramite aborto e sterilizzazione.

«Questo è un passo importante per affrontare il Partito comunista cinese sulla atroce schiavitù del popolo uiguro», ha affermato Brent Leatherwood, presidente ad interim della Commissione per l’etica e la libertà religiosa (ERLC) della SBC. «Spero che a questa seguiranno altre azioni per difendere la dignità umana da parte dell’America e dei nostri alleati».

«Sei mesi fa – ha detto Leatherwood al Baptist Press – abbiamo con voce unanime condannato il genocidio che si sta compiendo contro gli uiguri. Ciò ha contribuito a stimolare più dibattiti, più sostegno e, in definitiva, l’azione legislativa necessaria per approvare questo disegno di legge. Dimostra che la voce della SBC è importante quando è focalizzata, tempestiva e radicata nelle scritture».

Griffin Gulledge, pastore della chiesa battista di Madison (Ga.) e autore della risoluzione della SBC, ha dichiarato al Baptist Press che la nuova legge è un passo significativo «nel sostenere la dignità del popolo uiguro e nel porre fine al genocidio perpetrato contro di loro dal governo comunista cinese».

«Spero e prego che gli americani in generale, e i cristiani in particolare, colgano questa opportunità per informarsi sulla difficile situazione degli uiguri», ha detto Gulledge. «È fondamentale inviare un messaggio che non tollereremo né consumeremo beni e servizi forniti dal lavoro forzato, che è solo un altro termine per indicare la schiavitù moderna».

«Questa è l’azione più importante e di impatto intrapresa finora dagli Stati Uniti per ritenere il Partito comunista cinese responsabile del loro uso del lavoro forzato», ha affermato il senatore Marco Rubio, R-Fla. «La legge approvata cambierà radicalmente il nostro rapporto con Pechino: essa dovrebbe anche garantire che gli americani non acquistino più inconsapevolmente beni realizzati dagli schiavi in ​​Cina». I sostenitori nel Congresso del divieto di importazione dei prodotti realizzati con lavoro forzato degli uiguri, prima di ottenere l’approvazione del disegno di legge, hanno affrontato le resistenze della Casa Bianca e di alcune principali società (Apple, Coca-Cola e Nike) che traggono vantaggio dalla situazione del lavoro nello Xinjiang.

Dopo aver firmato la legge, Biden ha dichiarato su Twitter: «Gli Stati Uniti continueranno a utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per garantire che le catene di approvvigionamento siano libere dall’uso del lavoro forzato, anche dallo Xinjiang e da altre parti della Cina».

La nuova legge vieta l’introduzione nel mercato americano di prodotti realizzati con il lavoro forzato nella regione autonoma uigura dello Xinjiang. Secondo la misura, ci sarà una “presunzione confutabile” che “i beni estratti, prodotti o fabbricati” nello Xinjiang siano esclusi dall’importazione negli Stati Uniti. Le eccezioni al divieto avverranno solo se esistono “prove chiare e convincenti” che un articolo non è stato prodotto “in tutto o in parte dal lavoro forzato”.