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La Chiesa d’Inghilterra sulla via del green

A metà novembre, il Sinodo generale della anglicana Church of England eletto per il quinquennio 2021-2026 sarà ufficialmente inaugurato con un incontro di due giorni alla Church House di Westminster, a Londra, primo incontro totalmente in presenza dall’inizio della pandemia.

Molti i temi all’ordine del giorno, per i 467 membri delle tre camere (vescovi, clero e laici), il 60% dei quali sono nuovi: dal divario di ricchezza nel Regno Unito, alla maggiore presenza di bambini e giovani nelle chiese (l’obiettivo è di raddoppiarne il numero), alla revisione della governance per il prossimo futuro. Uno dei temi centrali sarà di sicuro l’ambiente.

Nell’incontro del febbraio 2020 il precedente Sinodo aveva approvato una mozione che stabilisce una meta ambiziosa, zero emissioni di CO2 entro il 2030: vent’anni prima rispetto agli obiettivi del Governo, e quindici anni prima di quanto proposto inizialmente in Sinodo. È apparso chiaro a tutti che per attuare un cambiamento così profondo è necessario il consenso e il coinvolgimento di tutte le realtà (diocesi, parrocchie, istituzioni nazionali, scuole…), quindi tutte le parti della Chiesa d’Inghilterra sono state esortate a lavorare insieme per elaborare un piano d’azione, e la bozza di questo percorso fa parte dei documenti presentati a questo Sinodo.

La denominazione è da tempo attenta al tema, e le raccomandazioni incluse nel documento, dalla ristrutturazione degli edifici al riscaldamento, riflettono un impegno già in atto con diverse iniziative: dalla prima campagna per una “Quaresima green” nel 2020, agli strumenti per aiutare le chiese a calcolare (e ridurre) la propria “carbon footprint”, valutando le fonti di energia usata, le dimensioni e gli utilizzi dei vari edifici. Considerando un patrimonio edilizio di quasi 40.000 costruzioni, realizzato «in ogni stile architettonico e materiale negli ultimi 1500 anni», si tratta di una sfida enorme, ha osservato Nicholas Holtam, vescovo di Salisbury e responsabile delle questioni ambientali per la Church of England: «Tuttavia, le chiese non sono musei; sono costruzioni vive, che servono le loro comunità ogni giorno della settimana, ed essere più green non vuol dire fare meno, vuol dire attrezzare le comunità a essere più efficienti rispetto al consumo di energia».

La Chiesa anglicana ha promosso anche una ricerca con l’Università di Durham (Durham Energy Institute – Dei), per rendere gli edifici più efficienti con soluzioni diverse, visto che buona parte degli edifici è storica o tutelata.

Ma anche i terreni ecclesiastici sono di interesse per i progetti ambientali: una proposta è di usarli per la “cattura dell’anidride carbonica” e modelli di ripristino dell’habitat, e all’inizio di giugno, insieme ad altri soggetti (A Rocha UK, Caring for Gods Acre e Chiesa del Galles) la Chiesa dInghilterra ha partecipato con i propri membri a una settimana di “censimento” delle forme di vita naturale presenti nei cimiteri, o più in generale nelle aree verdi (i dati sono confluiti nella Rete nazionale della biodiversità). Si ritiene infatti che queste aree, in genere non “lavorate”, possano racchiudere un habitat prezioso per animali rari o in via di estinzione. Si calcola che queste aree verdi, che durante il periodo della pandemia sono state una preziosa valvola di sfogo specie nelle città, abbiano un’area complessiva pari a quella di un piccolo Parco nazionale.