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Un Piano Marshall europeo per l’Italia che vorremmo

Quelle foto della celebrazione del 1° Maggio con il presidente Mattarella dove non sembrava esserci spazio neanche per una presenza femminile, potrebbe far sorgere qualche dubbio sulla coerenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) o meglio sulla consapevolezza della gravità della situazione economica del nostro Paese. A due mesi dall’8 Marzo: nello stesso salone del Quirinale, le parole quel giorno e la partecipazione furono decisamente più “inclusive”. E in questa Festa del Lavoro non possiamo dimenticare che solo dal lavoro questo Paese potrà veramente ripartire, donne comprese. Visto che tra l’altro uscire dalle secche del 48,5% di occupazione femminile, per il quale siamo ultimi in Europa, fa parte delle raccomandazioni di Bruxelles, da tempo.

Istanze e Sostanze: tanta attesa per nulla o poco più. Tante le associazioni femminili che in questi mesi hanno sottoposto proposte e partecipato ad audizioni per rappresentare una necessaria risposta a bisogni effettivi in termini di sostegno all’occupazione femminile e di sostegno ai servizi alla famiglia, soprattutto per supportare un Pnrr compatibile con le vere priorità del Paese. È di pochi giorni fa, tra l’altro, il rilancio di un Piano sociale incentrato su questi aspetti proposto dal presidente americano Biden che si avvicina per molti aspetti a quanto definito dal Family Act, attualmente in attuazione. A ben vedere sembrerebbero pochi i soldi univocamente diretti alla parità di genere se guardiamo a: 4,6 miliardi di euro in asili nido e scuole materne, servizi di educazione e cura per la prima infanzia, con la creazione di 228.000 posti di lavoro; 400 milioni di euro per l’imprenditoria femminile e una clausola di premialità, su giovani e donne, per i concorsi.

Ma occorre dire che, visto complessivamente: 19,88 miliardi di euro destinati a Istruzione e Ricerca, per il potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido alle Università, così come i 12,44 miliardi di euro nel capitolo dalla Ricerca all’Impresa, incideranno in maniera importante in settori ad alta occupazione femminile soprattutto se supportati dal piano riforme annunciato dal Premier Draghi.

Il Family Act poi è indubbio che è la prima riforma che risponde a questa esigenza di implementare i servizi alla famiglia, a sostegno dei bisogni delle donne lavoratrici, dei percorsi educativi, della necessità di promuovere la professionalità al femminile, per un welfare sempre più paritario tra donne e uomini, e per una maggiore autonomia per i giovani che arrivi anche dal lavoro.

Difficile sarà colmare un divario di genere sulle materie STEM (tecnico-scientifiche) evidenziato nelle classifiche dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo in Europa (Ocse) sia tra adolescenti che tra adulti in Italia, se non si inseriranno effettivamente nei programmi scolastici priorità ben definite sulle materie tecnico-scientifiche ed economiche. Certamente vedere nel capitolo del Pnrr «nuove competenze e nuovi linguaggi» i riferimenti alla “cultura” scientifica (con la parola cultura messa tra virgolette!), impone una riflessione su un’arretratezza culturale che ci portiamo dietro, ma senza una Cultura tecnico-scientifica le nuove generazioni nell’era digitale non hanno futuro.

E veniamo all’esempio dell’Olanda, dove partendo dalle scuole elementari l’Educazione finanziaria è obbligatoria dai 9 anni e la robotica dagli 11 anni, e il Paese è diventato il 4° al mondo sull’utilizzo dell’informatica nelle aziende, grazie a ricercatori eccellenti… soprattutto italiani, che sono preponderanti proprio all’Agenzia spaziale europea. Ciò per dire che in Olanda il 46% dei ricercatori è di nazionalità olandese e il 54% proviene da paesi esteri.

Ritrovare il senso della coesione sociale e di un’uguaglianza diffusa vuol dire chiedere a gran voce uguaglianza di opportunità. Lavorare proattivamente sulla disuguaglianza di genere in certi ambiti come quello salariale e di accesso ai finanziamenti primari, vuol dire prendere atto che ci sono comunque ancora tante sfide da affrontare su questo tema. Siamo ormai consapevoli della nostra fragilità e la resilienza nasce solamente dalla capacità che avremo di usare “con competenza” gli strumenti che scienza e tecnologia ci offrono, per innovare e migliorare la società.

Donne come ammortizzatore sociale ? No grazie , abbiamo già dato! La pandemia ha aggravato uno scenario in cui le donne sul lavoro sono spesso sottovalutate, incontrano ostacoli all’avanzamento di carriera, scontano una disparità salariale e rischiano maggiormente di finire in condizioni di povertà con l’avanzare dell’età. Inoltre, in molti casi, le donne più degli uomini si scontrano con la difficoltà di conciliare la vita lavorativa con la vita privata, ciò che le costringe spesso a una scelta esclusiva. Pertanto, c’è ancora molto lavoro da fare e, come disse Federico Caffè nel 1981 «Nessun male sociale può superare la frustrazione e la disgregazione che la disoccupazione arreca alle collettività umane».

Il vero investimento nelle politiche sociali dovrà poi soprattutto essere rivolto a recuperare le energie delle nuove generazioni del al Sud, che non hanno infrastrutture per una vera mobilità al servizio dello studio e del lavoro. Perché agire nelle scuole come sui diritti di piena cittadinanza delle lavoratrici e dei lavoratori vuol dire costruire un futuro per il nostro Paese. Sempre con la speranza che al ministero delle Finanze e alla Ragioneria dello Stato vi sia finalmente una rappresentanza femminile tale da non lasciarsi con la stessa amarezza di questo 1° Maggio, in cui le Donne sembrano essere state il “convitato di pietra” di questo Paese.

Immagine via Pixabay