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17 marzo 1560, la congiura di Amboise

Quando il giovane Francesco II salì al trono di Francia nel luglio 1559, dopo la morte accidentale del padre Enrico II a seguito di una ferita da una lancia riportata durante una tipica Giostra del tempo, il fervore riformista si impadronì del regno. I missionari inviati dalla Svizzera da Calvino, dal 1555, “fondarono” chiese ovunque: presto furono 2.000 per circa due milioni di fedeli. La febbre raggiunse le più alte sfere dello Stato: un principe di sangue, Louis de Condé, si convertì, così come l’ammiraglio de Coligny.

Come racconta il giornale francese Réforme, per lo storico Denis Crouzet, questa svolta nel protestantesimo avviene in una sorta di «frenesia dell’angoscia», dopo decenni segnati da fortissime angosce escatologiche causate dalla convinzione che la fine dei tempi è imminente, accentuate dal presentimento dell’ira di Dio verso un’umanità «più peccaminosa che mai». La rapida diffusione del protestantesimo, da questa prospettiva, avviene quindi in un clima di «allentamento delle paure». Perché i convertiti hanno una certezza, osserva ancora il ricercatore: dopo il tempo delle tenebre, «è venuto quello della luce del Vangelo accessibile a tutti».

Mentre le assemblee clandestine e le provocazioni iconoclastiche si moltiplicano, la morte di Enrico II appare ai riformatori più esaltati come un segno della Provvidenza, spiegano gli storici Hugues Daussy e Didier Boisson: «Dio ha espresso la sua rabbia contro un principe deciso a opporsi all’ineluttabile trionfo della “vera religione”». L’avvento di Francesco II sembrò quindi inaugurare una nuova era … ma questo entusiasmo si spense rapidamente. Il potere effettivo è infatti nelle mani del duca Francesco di Guisa e di suo fratello, il cardinale Carlo di Lorena. Due ultracattolici che si sono guadagnati la reputazione di persecutori di riformati in Lorena.

Di fronte all’ostilità del potere reale, i protestanti si interrogano. Dovrebbero continuare a obbedire a un principe che li opprime e che così facendo va contro la volontà di Dio? «Per i riformati non si può parlare di ribellarsi apertamente contro il re, soprattutto per un motivo confessionale che li alienerebbe anche i cattolici più moderati,- notano Hugues Daussy e Didier Boisson-. Ciò di cui hanno bisogno è mascherare la loro opposizione religiosa da opposizione politica».

Nel mirino del “partito ugonotto” sono i duchi di Guisa, la cui stirpe non fu naturalizzata francese che nel 1506. Per i riformati, non è normale che questi “stranieri” abbiano una tale influenza alla testa dello Stato; invece, il giovane re dovrebbe fare affidamento sui principi del sangue per governare. «I Guisa sono inoltre accusati di esercitare, in nome del re che manipolano, un potere tirannico e arbitrario», riferiscono gli storici. «Sulla base di questi argomenti, i riformatori possono affermare che non stanno combattendo contro il re, ma contro coloro che hanno usurpato il suo potere, che il motivo della loro rivolta non è religioso, ma politico e quindi che può essere condiviso da tutti, Cattolici e protestanti».

Resta il fatto che i principi del sangue su cui i Riformati ripongono le loro speranze, Louis de Condé e suo fratello Antoine de Bourbon, re di Navarra, non sembrano pronti a condurre un’azione militare. Per spostare le linee, e nonostante gli appelli alla cautela lanciati da Ginevra da Calvino e Théodore de Bèze, diversi protestanti hanno quindi deciso di agire.

Il 17 marzo 1560, sotto la guida di Jean du Barry, signore di La Renaudie, un gruppo di nobili riformati tentò di prendere d’assalto una porta del castello di Amboise, dove era stata stabilita la corte. Il commando desidera raggiungere il re per consegnargli un testo di denuncia della tirannia dei Guisa, intitolato “Lo Stato di Francia oppresso dalla tirannia dei Guisa”, al re loro signore sovrano. Con questo colpo di forza, riferisce Denis Crouzet, l’obiettivo dei nobili protestanti era quello di cogliere di sorpresa il re e contemporaneamente di vedere ritirata ogni autorità al duca di Guisa e a suo fratello il cardinale di Lorena «assimilati a tiranni».

Ma “La congiura di Amboise”, o “tumulto di Amboise”, fu un fiasco, seguito da una repressione particolarmente brutale. Alcuni congiurati furono annegati nella Loira, altri impiccati o decapitati, i loro cadaveri esposti sui bastioni della terrazza del castello reale. Questa crudeltà sarà sfruttata in una campagna contro i Guisa, orchestrata in particolare dallo scrittore riformato François Hotman. Resta il fatto che per la storica Ariette Jouanna, la congiura di Amboise ebbe l’effetto soprattutto di offuscare l’immagine dei protestanti agli occhi dei cattolici e di rendere ancora più difficile il compito di sostenitori della pace nel regno. Fu il primo episodio eclatante di quella che passerà alla storia come Guerra delle religioni che sconvolsero la Francia nella seconda metà del XVI secolo e che ebbero nel massacro della Notte di San Bartolomeo il 24 agosto 1572 uno degli episodi più cruenti e celebri.

 

Nella foto l’esecuzione dei congiurati