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Media e giustizia di genere

Nella comunicazione mondiale qualcosa si muove in tema di giustizia di genere ma è troppo poco e il Global Media Monitoring Project  afferma che «siamo bel lungi dall’essere diventati uno spazio inclusivo per donne, per donne vulnerabili e per i gruppi storicamente emarginati».

Uno studio (un progetto che muove i suoi passi da un quarto di secolo) ogni cinque anni (sin dal 1995) fotografa la presenza di genere nei media. L’analisi è realizzata dall’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (World Association for Christian CommunicationWacc), l’organizzazione internazionale non governativa che sostiene i diritti della comunicazione, al fine di raggiungere una vera giustizia sociale.

«I risultati preliminari mostrano che le donne sono ancora incredibilmente assenti dalle notizie. Anche oggi, momento in cui dovremmo essere apparentemente più consapevoli dell’ingiustizia di genere», rileva Isabel Apawo Phiri, la vice segretaria generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec).

«Le chiese e le organizzazioni ecumeniche hanno un ruolo importante da svolgere: quello di promuovere e sostenere la leadership delle donne, di esortare i media a smetterla di perpetuare stereotipi di genere favorendo l’emarginazione delle donne». Seppur il ruolo delle giornaliste televisive sia molto importante, ricorda il Cec, solo il 48% delle notizie televisive è gestito da donne.

«Le donne come soggetti, fonti, sono nettamente sottorappresentate» afferma l’analisi dedicata al sistema comunicazione.

Allargando lo sguardo oltre la questione di genere «in America Latina – ricorda il Cec – nei media generalisti sono molti a non trovare spazio, a essere oscurati, non illuminati, ad esempio gli “indigeni”, rappresentati in percentuale statistica con un misero 1% e questo nonostante siano l’8% della popolazione dell’intera Regione. In questa misera porzione di rappresentatività, poi, solo tre persone su dieci sono donne».

Non va meglio per gli anziani, e anche nel nostro Continente europeo: «Nei notiziari televisivi le persone con età superiore agli ottant’anni sono rappresentate, raccontate, interpellate, intervistate, in modo pressoché inesistente e con una percentuale sotto l’1%».

Il Covid-19 ha fatto emergere con forza questi dati. Un vulnus comunicativo che sino poco prima della pandemia era meno evidente.

Per tornare alla rappresentatività di genere, ricorda ancora il Cec, «in televisione lo spazio dedicato a fonti femminili ha una soglia del 30%. É stato riscontrato però un aumento di spazio dedicato (in ​​diversi paesi del mondo) dovuto molto probabilmente alle conseguenze, talvolta nefaste, imposto dalla pandemia».

Anche le notizie (pandemiche) su Internet hanno visto un aumento di attenzione dato alle voci femminili. Sono aumentate ad esempio le interviste fatte a donne «come  protagoniste, professioniste», assottigliando così un divario netto e preesistente.

Il rapporto del Global Media Monitoring Project racconta il cambiamento avvenuto in 25 anni di analisi fatte nel sistema media in tema di rappresentatività femminile nei quotidiani, nel web, nei notiziari radiofonici e televisivi, nei social media. Dati raccolti in 120 paesi.

 

* Volunteer teams around the world monitored the representation of women in news media on 29 September 2020 for the 6th Global Media Monitoring Report. Photo: GMMP team in Zimbabwe