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Quartieri-ghetto e campi-nomadi. Cittadinanza di serie Z

I quartieri-ghetto e i campi nomadi non dovrebbero esistere in una società civile, moderna ed evoluta.

Il ghetto sancisce un’appartenenza e una condizione sociale che si imprime nella coscienza collettiva definendo di fatto una cittadinanza di serie A e una cittadinanza di serie B, i campi nomadi sanciscono addirittura una cittadinanza serie Z (zingari, con un carico dispregiativo).

In pratica, si stabilisce una classificazione sociale che spesso diventa razziale essendo che nei ghetti e nei campi nomadi vengono destinati stranieri e cittadini «indesiserati» come i rom e sinti.

Il «ghetto» o il «campo nomade» diventa un luogo per esseri umani declassificati e per le fasce sociali deboli con tutto ciò che questo comporta a livello sociale, culturale, economico e politico.

Chi abita nel «ghetto» o nel «campo nomadi», viene dunque etichettato, e ha molte più difficoltà nell’inserimento scolastico, sociale ed economico. Spesso l’interazione delle fasce più deboli avviene solo al loro interno creando, di fatto, circoli viziosi e fenomeni sociali deviati.

Da parte delle istituzioni gli interventi sono quasi sempre di carattere assistenziale. Un modo di fare che influisce anche a livello morale e psicologico con conseguenze sul piano dell’autostima e della rassegnazione.

La disillusione diventa dunque nemica della società civile.

È facile nel «ghetto» o nel «campo nomadi» acquisire la «sindrome da ghetto», una sorta di patologia che favorisce l’insorgenza di devianze, bullismo, violenze.

In questi «non luoghi» si creano, dunque, «economie di sopravvivenza» che vanno a discapito della società civile.

Ogni essere umano dovrebbe invece avere diritto a un alloggio a non essere etichettato.

Andrebbero invece incoraggiati studio e formazione, attività ludiche e sportive, eventi artistici e culturali; soprattutto andrebbero sostenuti e agevolati lavoro e attività economiche. Tutto ciò eviterebbe ai «ghetti» e ai «campi nomadi» di diventare ricettacoli di attività illegali, dalle quali è difficilissimo potersi poi sottrarre.

«Ghetti» e ancor di più i «campi nomadi», sempre più, giustificano una costante attività di supremazia sui più deboli a tutela esclusiva dei più forti e delle classi più abbienti, facilitando lo sciacallaggio attraverso un becero assistenzialismo.

In sostanza diventano luoghi, espressioni, di egoismo e prevaricazioni in grado di ledere ogni diritto minimo di sicurezza e di sopravvivenza. Arroganze e prepotenze inflitte a fette di società con effetti boomerang. Non luoghi che stabiliscono linee di confine fra la civiltà e l’esclusione sociale di disparità che sottolineano limiti culturali prima che socio-politico.

Segregazioni razziali indegne per un Paese civile. Si spendono miliardi di euro per gli armamenti, non altrettanto per il sociale.

Le leggi razziali, abrogate nella legislazione, sembrerebbero essere ancora in vigore.

A pagarne il fio sono rom e sinti sotto lo sguardo talvolta indifferente dell’opinione pubblica, lasciata troppo spesso in balia di una preoccupante disinformazione. Solo una reale e concreta volontà politica (e istituzionale) potrà far cambiare questa situazione.