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La scienza e il limite

Nelle ultime settimane siamo stati riassaliti dall’ansia per curve e previsioni statistiche, a causa del riacutizzarsi dei contagi da Covid-19 anche nel nostro Paese. Il sentimento collettivo di ansia proviene da un certo scetticismo sulla possibilità di governare gli eventi, prevenendo gli esiti peggiori, causato anche dalla sensazione di estrema approssimazione nella conoscenza del fenomeno naturale. Si riaffaccia cioè la diffidenza verso la scienza come metodo generale di conoscenza della realtà. In un precedente articolo (Riforma n. 18/2020) abbiamo accennato alla dimensione politica della scienza, cioè al suo dipendere da particolari condizioni socio-culturali e da scelte politiche che possono favorire o no il suo sviluppo come strumento di conoscenza e intervento sull’ambiente. Ora vorremmo riflettere sul grado di attendibilità della conoscenza scientifica a garanzia delle grandi scelte collettive e per l’orientamento individuale di fronte agli interrogativi dell’esistenza.

Che cos’è un modello statistico? C’è differenza concettuale fra il modello matematico di un sistema industriale da implementare e un modello di previsione statistica di un’epidemia? Perché, se si legge un testo di Fisica teorica, appare così diverso da uno di Fisiologia o di Botanica? Perché i numeri si rivelano strumenti così potenti di indagine della realtà? Sono domande a cui è difficile rispondere anche con interi trattati; tuttavia fa parte dei doveri della cittadinanza battersi per l’alfabetizzazione scientifica diffondendo gli interrogativi corretti sul problema culturale più importante della nostra epoca: l’intreccio fra la scienza, la tecnologia, la cultura e la politica che ha cambiato le condizioni profonde del vivere sociale. Detto tutto ciò, l’aspetto più enigmatico della conoscenza scientifica resta la compresenza di un’avvertenza sul suo grado di fallibile provvisorietà con la rivendicazione dell’alto grado di “certezza” dei suoi risultati. In questo apparente paradosso si gioca la comprensione della stessa natura della conoscenza scientifica, in quanto sapere sociale, cioè oggettivo, sottoponibile a controllo in qualunque momento e circostanza.

Il modello dei talk show, a cui l’opinione pubblica è sovraesposta, è assolutamente fuorviante per comprendere il modo in cui si sviluppa il dibattito scientifico e il raggiungimento della “certezza” condivisa. Al dibattito sono ammessi solo coloro che dimostrano di possedere il livello di conoscenze necessario; non contano i pareri generici, ma solo quelli competenti e inquadrati nella consapevolezza delle conoscenze raggiunte. Non vi è nulla di definitivo nella scienza, anzi si potrebbe definirla una “cultura del limite” e un’“arte della gestione delle conoscenze provvisorie”. 

Le scienze naturali, a partire dalla fisica, non forniscono risposte certe e indubitabili, pur costituendo l’unica forma di conoscenza in grado di proporre spiegazioni dei fenomeni naturali noti e previsioni dell’esistenza di fenomeni ancora ignoti, sulla base dell’elaborazione teorico-matematica dei dati e del confronto sperimentale dei risultati attesi con il comportamento della natura. Gli scienziati conoscono il limite di validità delle loro previsioni, che è funzione della qualità della raccolta e dell’elaborazione dei dati, nonché della qualità del quadro teorico-matematico. La scienza è un’attività complessa ed elaborata, delicata e potente, altamente formalizzata e dotata di linguaggio specializzato, caratterizzata dalla storia non solo di continui affinamenti ma anche di brusche svolte delle concezioni teoriche. È un’attività sociale, perché ciascuno necessita del continuo confronto con i propri pari. In questo senso le certezze scientifiche sono provvisorie e limitate ad ambiti di applicazione ben circoscritti; di fatto il termine “certezza”, nell’epistemologia della scienza, ha un significato molto tecnico e distante da quello corrente; tuttavia deve essere ben chiaro che non esistono forme di conoscenza che possano meglio attrezzare l’umanità per vivere in questo mondo e custodirlo. Al di là della comprensione del senso delle “certezze provvisorie” dei risultati della ricerca scientifica, permane la questione della linea di faglia epistemologica che corre non solo fra scienze naturali con origini e storie profondamenti diverse, come Fisica e Biologia, ma anche all’interno delle singole scienze.

Lo sviluppo secolare della fisica cosiddetta classica attorno ai metodi deterministici di derivazione galileiana (espressioni matematiche dei principi fondamentali della natura, immutabili nel tempo e nello spazio e denominati leggi naturali, formulate in termini di dipendenze fra valori numerici al cambiare di certe condizioni) diffuse la concezione di una conoscibilità dei fenomeni naturali limitata solo dalle difficoltà del calcolo. I modelli deterministici giocano tuttora un ruolo insostituibile nelle applicazioni di natura ingegneristica e sono stati enormemente rafforzati dallo sviluppo dei sistemi di elaborazione automatica delle informazioni e del calcolo.

Non esiste invece alcuna possibilità di elaborare un modello deterministico di una pandemia virale, fenomeno in cui concorrono aspetti biologici, sanitari, sociali, politici, economici e culturali. La vita in sé, nonostante innumerevoli tentativi di ridurla a fenomeni trattabili in termini deterministici, dopo Darwin appare irrimediabilmente un fenomeno “dotato di storia”, cioè dipendente da particolari condizioni che si verificano nel tempo e che determinano uno sviluppo piuttosto che un altro. Se si potesse far ripartire la storia della vita sulla Terra, replicando le medesime condizioni iniziali, sicuramente non si osserverebbe lo stesso sviluppo che la paleontologia documenta. I modelli deterministici sono applicabili solo se sono in gioco elementi universali e indistinguibili. In ogni sistema naturale in cui si evidenziano differenziazioni il cui sviluppo dipende da fattori e circostanze irripetibili, di cui cioè si può ricostruire una storia, il metodo deterministico risulta inapplicabile.

Nell’orizzonte scientifico è progressivamente entrato, recentemente in modo prorompente, il grande tema della complessità. Qualche secolo fa, per gli interessi vitali degli Stati, si era cominciato a raccogliere dati demografici ed economici. Il tentativo di analizzarli scientificamente ha portato alla Statistica (scienza che tratta di fatti importanti per lo Stato). Essa è diventata poi una delle branche più importanti della matematica e i suoi metodi oggi si applicano in tutte le scienze. In ogni fenomeno analizzato, esiste un livello discriminante di interdipendenza fra fattori conosciuti (misurabili in termini quantitativi e controllabili in termini di leggi naturali) e fattori aleatori (non conosciuti) che determina se e quando si deve passare da un modello deterministico di descrizione a uno probabilistico-statistico. I modelli probabilistico-statistici conservano piena scientificità di risultati (ovverosia la controllabilità sociale che ne determina l’oggettività nel senso detto sopra) nella misura in cui gli elementi aleatori sono trasformati in elementi stocastici (cioè assoggettabili ai metodi del calcolo delle probabilità). Nella pratica scientifica attuale, non esistono sistemi studiabili senza l’applicazione dei metodi probabilistico-statistici, nemmeno nella fisica sperimentale, data l’incertezza intrinseca nei processi di misura.

Non si deve essere sconcertati dalla differenza di opinioni fra studiosi della biologia del virus, dato che fino a un anno fa quest’ultimo era praticamente sconosciuto. Occorre tempo affinché siano acquisite le conoscenze necessarie a descrivere perfettamente i meccanismi biologici di infezione e replicazione del virus; il dibattito fra biologi può anche farsi aspro fino a quando il quadro non risulti perfettamente definito. Una pandemia, inoltre, è un fenomeno con parecchi aspetti extra-biologici che serve non solo studiare, ma anche governare, in maniera da minimizzare le gravissime conseguenze. I metodi probabilistico-statistici sono gli unici strumenti razionali per guidarci in previsioni (di natura stocastica) necessarie per le decisioni, dato che l’umanità deve assoggettarsi al limite dell’impossibilità di fare predizionisui sistemi complessi. Possiamo però confidare pienamente nella potenza dei modelli stocastici, ben dimostrata, per esempio, dalla precisione raggiunta nelle previsioni meteorologiche.