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Non toccate quelle terre

Mancano poco più di dieci giorni all’inizio del “Tempo del Creato” e dagli Usa arriva una nuova notizia su un progetto che mette in pericolo l’ambiente.

I leader della Chiesa episcopale lanciano infatti l’allarme per la decisione dell’amministrazione Trump, annunciata il 17 agosto, di consentire la vendita alle compagnie petrolifere di permessi di trivellazione su una parte del territorio dell’Arctic National Wildlife Refuge, in Alaska, la più grande area protetta delle 567 presenti negli Stati Uniti, nonché la più grande delle 16 National Wildilife Refuge presenti solo in Alaska.

La riserva, istituita nel 1960 e considerata territorio sacro dalle popolazioni native dell’Alaska, ha oggi un’estensione pari alla Repubblica Ceca, e prevede la tutela della biodiversità, della fauna e flora selvatica (è un’importante area per la riproduzione del caribù, animale indispensabile per il sostentamento e l’economia delle popolazioni indigene), pur consentendo al suo interno varie attività di caccia e ricreative quali campeggi, escursioni e attività sportive outdoor.

Già negli anni Ottanta in una parte costiera della riserva era stata concessa, per decisione del Congresso, la possibilità di attività estrattive (pare che in quella zona si trovi la riserva di petrolio non sfruttata più grande del Nord America), e da allora era cominciata una battaglia che continua ancora oggi. La Chiesa episcopale vi ha preso parte almeno dai primi anni Novanta, con attività di sensibilizzazione che si sono intensificate con l’inizio della presidenza Trump.

Ora il Dipartimento dell’Interno annuncia che sono compiute le procedure di controllo per avviare la messa all’asta dei permessi di trivellazione per estrarre petrolio e gas, probabilmente entro la fine dell’anno.

Nella regione, dove sono presenti diverse comunità native (una delle più numerose, i Gwich’in, in gran parte membri della Chiesa episcopale), si scontrano ora due opposte visioni, quella di chi vuole preservare tradizioni e stili di vita con una storia millenaria, oltre all’ambiente naturale e alla biodiversità, e chi invece intravede possibilità economiche e di lavoro, e quindi supporta la linea del Governo federale.

I sostenitori del primo orientamento denunciano da un lato l’inopportunità di questa spinta verso l’esplorazione di nuovi giacimenti di combustibile fossile, in un momento storico in cui ci si rende sempre più conto degli effetti del cambiamento climatico, e dall’altro la scarsa attenzione per la vita e i diritti delle popolazioni native, e annunciano una battaglia legale che potrebbe protrarre la questione ancora per anni. Nel frattempo, si spera che la conversione verso forme di energia più sostenibili faccia passi in avanti, considerando anche la situazione di incertezza causata dalla pandemia di Covid-19, che ha colpito anche il settore energetico – i prezzi del petrolio sono scesi nettamente da marzo.

 

Foto: L’oleodotto che trasporta petrolio dalla parte settentrionale dell’Alaska a Valdez. Poco distante dal luogo dello scatto si trova l’Arctic National Wildlife Refuge (via Istock)