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Il dolore delle chiese canadesi davanti alla morte di 18 persone

Non è ancora chiaro il movente, se esistente, che ha spinto Gabriel Wortman, dentista di 51 anni, a mettere in atto la più tragica sparatoria della storia del Canada nella notte fra sabato e domenica scorsi.

18 vittime nell’arco di 12 ore lungo le strade della Nuova Scozia, regione all’estremità orientale del grande Paese nordamericano. L’uomo, travestito da poliziotto, dopo aver trasformato la sua auto a copia di una della polizia locale, ha iniziato la strage nella cittadina di Portapique, per poi darsi alla fuga e spostarsi verso sud, verso Halifax, dove con una sparatoria è stato infine freddato dalle forze dell’ordine. 

Per rivedere un episodio simile in Canada bisogna tornare al 1989, quando fu il giovane Marc Lépine a uccidere 14 donne in una scuola di Montreal. A seguito di quell’episodio venne modificata la legislazione in materia di possesso di armi da fuoco, rendendo finalmente per lo meno illegale possedere armi non registrate.

«Dio di compassione e di misericordia, i nostri cuori sono pieni di dolore e incredulità per questo atto di violenza che ha provocato così tanto dolore e morte» sono le prime parole di Linda Nicholls, arcivescova e dal 2019 primate della Chiesa anglicana in Canada, seconda donna nella storia della Comunione anglicana mondiale a ricoprire una simile carica, dopo la statunitense Katharine Jefferts Schori, arcivescova presidente della Chiesa episcopale degli Stati Uniti dal 2006 al 2015. «Preghiamo per tutti coloro che soffrono la perdita dei propri cari. Possano le ferite interiore dei cuori e delle anime essere confortate dalla tua pace, o Signore, che può trasformare la morte e riportare di nuovo la vita».

Amanda Currie, moderatora della Chiesa presbiteriana in Canada, nel suo messaggio di vicinanza alle comunità colpite ha ricordato che «proprio domenica mattina ho predicato sulle parole di Giovanni 20, versetti dal 19 al 31, in cui Gesù viene dai suoi discepoli chiusi in una stanza, spaventati per la presenza dei capi Ebrei. Il Risorto si mise in mezzo a loro, annunciò la pace e soffiò su di loro donando così lo Spirito Santo ai fedeli seguaci. Ho quindi invitato coloro che stavano seguendo on line il culto a cercare la presenza di Gesù in piedi accanto alle loro case, nel loro lavoro, nel loro dolore e nella loro lotta. Ho ricordato alla mia congregazione di respirare e di ricordare che lo Spirito di Dio è in loro, attorno a loro e tra loro. Poco dopo ho appreso della strage in corso e mentre ascoltavo un membro di quelle comunità rurali, uno di quei tipici posti in cui la popolazione certo non chiudeva le porte di casa mentre ora probabilmente accadrà, i miei pensieri sono tornati ai discepoli nella loro stanza chiusa. Possa la pace di Cristo che supera ogni comprensione essere con loro ora e sempre». 

Penny Nelson, pastora nel villaggio di Tatamagouche, sempre in Nuova Scozia, della United Church of Canada, la Chiesa unita del Canada, ha espresso il dolore «di una intera comunità. I nostri cuori desiderano stare insieme per confortarci e piangere. Anche se non possiamo riunirci fisicamente possiamo vegliare con tutti coloro che sono in lutto, ricordando a ognuno che nessuno si deve sentire solo, che l’amore ci circonda e ci porterà a attraversare questo dolore senza spiegazione».