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Un catechismo a prova di pandemia

Come gestire gli incontri di catechismo “a distanza”? Le chiese si sono attivate con diverse iniziative (le avevamo citate nelle panoramiche di appuntamenti nelle settimane scorse). Il pastore Italo Pons e i catechisti della chiesa valdese di Milano ci hanno dato la loro testimonianza. In seguito alle restrizioni ministeriali, racconta il pastore Pons, «il gruppo dei catechisti dei medi (13-14 anni) ha cercato di trovare una modalità funzionale per collegare i catechisti “storici” di Milano e altri che non hanno mai potuto partecipare prima per ragioni di distanza, poi si sono aggiunti ragazzi da altre comunità. Già prima della crisi Covid-19, seguendo sia le schede di catechismo sia altro materiale, avevamo impostato una modalità interattiva cercando di coinvolgere anche figure esterne al gruppo dei monitori “storici”. Questo per rafforzare la dimensione comunitaria dell’incontro, durante il culto domenicale. Tra monitori ci siamo chiesti come organizzare un’unità che avesse un inizio e una conclusione».

Come avete progettato questo percorso e quale era lo scopo? Emanuele Campagna: «L’idea era considerare quali potessero essere i frutti della reclusione, partendo da personaggi biblici che ne hanno fatto esperienza. Il personaggio che si è imposto è Giù (alias Giuseppe). Ne abbiamo ricavato un ritratto che desse conto di un cammino in quattro tappe, soprattutto facendo sempre riferimento al rapporto tra le scelte di Giù e quelle di suo padre Giacobbe in situazioni assimilabili. Lo scopo è di mettere a punto un dispositivo catechetico adatto ai tempi del digital 3.0 in cui il tema sovraesposto (ma sottovalutato) delle competenze rinvia al processo di acquisizione fatto di abilità e apprendimento. Giù in questo è esemplare». 

Quali modalità avete utilizzatoLaura Villa: «Abbiamo attinto dagli strumenti che Internet mette a disposizione. Per prima è stata individuata una piattaforma per video conferenza (Skype), dove poter creare uno spazio comune per trovarci una volta a settimana e condividere presentazioni Power Point nonché audio (brani da Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzi, che per l’occasione due sorelle della chiesa hanno gentilmente letto dal capitolo I fratelli di Giuseppe), disegni, quadri e la preghiera corale (momento conclusivo recitato da tutti). Le slide ci hanno aiutato a seguire un filo logico durante la lezione. Alla fine di ogni tappa abbiamo riservato sempre un po’ di tempo al gioco (il Kahoot), che i ragazzi hanno molto apprezzato, in modo da fissare i concetti di ogni tappa. Il Kahoot, piattaforma online che permette di creare quiz, sondaggi, puzzle è stato scelto perché favorisce un poco di sana competizione tra i ragazzi».

Com’è stata organizzata la partecipazione e quali sono state le reazioni dei ragazziStefania Partisetti: «Da un primo collegamento di saluti con il gruppo di catechismo per “testare” Skype e raggranellare i contatti, siamo passati alla prima lezione di catechismo “digitale” tra attenzione all’ascolto e un po’ di imbarazzo, comprensibilissima data la novità video che ci mette tutti sotto il riflettore. In seguito, l’esperimento ha raccolto la partecipazione di altri giovani: tre ragazzi dalla Toscana, due da Pavia, che con quelli “storici” di Milano sono arrivati a 9 la domenica di Pasqua».

Da questa esperienza, quali idee per il futuro? Emanuele Campagna: «Il catechismo (come la scuola secolare) deve necessariamente porsi la vocazione (non mero obiettivo formativo) di elevare il neofita/catecumeno (studente) a maturare uno sguardo responsabile e immaginifico sul mondo, su sé stesso e su Dio. L’idea prima è di tornare al testo biblico con la meditazione e la preghiera. Da questa esperienza di comunione con Dio (Mt 6, 6) definire un ciclo (un mese o massimo 6 settimane) di incontri su uno/due temi (si sconsiglia di farne più di 3 e comunque solo se ben interconnessi) che consenta a breve giro di sviluppare le conclusioni circa l’acquisizione di competenze e di conoscenze. Questo significa in primisavviare una generosa comunicazione con i catecumeni e le loro famiglie sia rispetto alla meta prefissa sia rispetto alle intenzioni che muovono le scelte operate per sviluppare il percorso. Questa attitudine didattica è centrale per realizzare uno strumento condiviso e creativo. Ultima, il confronto, non ancillare, ma critico, con gli ultimi ritrovati della pedagogia».

Questo lavoro implica una lunga preparazione sia nei contenuti sia negli aspetti tecnici, osserva il pastore Pons, «e in questa fase non è prevedibile l’esito della sperimentazione, ma fin da ora raccogliamo con una certa soddisfazione l’entusiasmo delle famiglie che affiancano i ragazzi e che ci lascia ben sperare. Anche perché sono i genitori che hanno il compito, non sempre facile, di mettere i loro figli davanti al Pc».

E conclude sull’importanza di questo contatto, anche a distanza: «Non è facile interloquire con gli adolescenti, cogliere il loro silenzio, sollecitarli ma anche ascoltarli in ciò che vogliono dirci. Distribuire qualche credito di fiducia. Ricostruire una dimensione, per quanto possibile, comunitaria. In quanto adulti abbiamo un “debito” di riconoscenza con quanti, monitori, pastori o altri membri di chiesa, hanno accompagnato il nostro percorso di vita. Nostra intenzione è, dunque, restituirlo ai nostri ragazzi».