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Non dimentichiamoci del mondo

«Se ritieni che sia faticoso, stressante, vivere la pandemia chiusi in casa, in isolamento, osservando l’aumento del numero di persone infette da Covid-19 e di vittime… pensa a quale situazione di stress siano costrette milioni di persone, migranti e rifugiati, colpite da guerra e conflitti e oggi costrette alla fuga, senza la possibilità di una meta sicura e di un tetto sulla propria testa».

Act-Alliance, l’Alleanza globale di oltre 145 chiese e organizzazioni che lavorano per la giustizia sociale e membro del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) che opera in oltre 120 paesi è molto preoccupata per la difficile situazione delle persone vulnerabili nel mondo e ha pubblicato A Call for Humanity per una Governance globale più forte.

«Proteggere dal #Covid19 significa proteggere tutti e aiutare coloro che lavorano su #frontierepiùdifficili in prima linea», questo è il tweet pubblicato recentemente da Act-Alliance, per chiedere una maggiore attenzione mediatica e politica a quelle aree del mondo come il Medio Oriente, il Corno d’Africa, il Sahel e la Repubblica democratica del Congo, dove oggi abbondano rifugiati e sfollati.

Rudelmar Bueno de Faria, segretario generale di Act, lo scorso 7 aprile affermava con sgomento: «Assistiamo, ogni giorno che passa, quanto il Covid-19 stia colpendo persone e nazioni. Questa pandemia è da considerarsi una tra le maggiori crisi umanitarie della storia moderna, anche perché si sta diffondendo in paesi già fragili e segnati da conflitti bellici».

Conflitti che nel mondo proseguono e mietono vittime, che vanno ad aggiungersi a quelle provocate dal coronavirus, e che hanno spinto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres (il 23 marzo scorso) a chiedere un nuovo e immediato cessate il fuoco mondiale per contrastare la pandemia e spegnere i conflitti.

De Faria ha poi ricordato che «Questa pandemia sta aumentando la vulnerabilità delle persone che già vivono crisi umanitarie, povertà, disuguaglianze e difficoltà economiche. Che le necessità umanitarie diventeranno sempre più acute. E che sarà, dunque, sempre più complicato far fronte alle emergenze diffuse, poiché i paesi di tutto il mondo stanno già concentrano i propri sforzi per sopperire alle esigenze e ai bisogni al proprio interno, per superare la pandemia».

Act, poi, esprime preoccupazione anche per le «“Tattiche di guerra economica” messe in campo da alcuni governi tese a controllare le catene di approvvigionamento di beni strategici e sanitari, minando così e di fatto alle fondamenta una risposta umanitaria equamente necessaria. Una strategia “di mero guadagno”, non certamente umanitaria, particolarmente grave quando colpisce i paesi con meno risorse economiche, e «in tempi in cui tutti i governi e le istituzioni dovrebbero garantire un accesso sicuro, immediato e senza restrizioni di dispositivi medici al personale umanitario e medico che opera nelle aree più colpite dalla pandemia», ha affermato de Faria.

Un allarme, lanciato anche dal Dipartimento del servizio ai rifugiati palestinesi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente.

«La situazione oggi ci preoccupa e non solo all’interno della Striscia di Gaza dove sono disponibili 60 ventilatori per una popolazione di 2 milioni, ma anche in Cisgiordania dove i 205 ventilatori dovrebbero coprire le esigenze di una popolazione di oltre 2,5 milioni».

Il sistema sanitario palestinese è in difficoltà e sta già arrivando ad un punto critico. Questo è il motivo che ha spinto le autorità politiche palestinesi a chiusure rigorose.

Tra i problemi principali che la popolazione palestinese deve affrontare c’è quello del pendolarismo «dei lavoratori di ritorno da Israele che potrebbero essere positivi al virus».

In tutto il mondo, soprattutto in certe aree, Italia compresa, i test clinici (tamponi) spesso sono insufficienti

«Anche nei territori palestinesi non ci sono abbastanza test per muoversi in sicurezza», ha ricordato il Dipartimento di servizio ai rifugiati palestinesi.

La dottoressa Souraya Bechealany, segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente che ha recentemente firmato la storica dichiarazione pastorale congiunta per la tutela della vita promossa dal Cec, ha rilevato: «Nel momento in cui il Covid-19 mette in crisi l’intera umanità è importante per le chiese alzare la voce, una voce che sia forte, chiara, condivisa, per testimoniare la nostra fede e la nostra speranza nel risorto Gesù Cristo e per osare attraverso la Parola profetica che ci è stata affidata».