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La ricerca della verità

E’ trascorso un anno dagli omicidi di Jan Kuciak e Martina Kusnirova.

Quel giorno – il 21 febbraio 2018 – il reporter investigativo e la sua compagna, due ragazzi di 28 anni, erano nella loro casa di Velca Maca. Un periodo di preparazione del matrimonio con i sogni rivolti all’Europa, a una nuova cultura, mentre la Slovacchia è ancora impantanata con i boss del vecchio regime, politica corrotta e imprenditori truffaldini, con ex spioni pronti a vendersi per un piatto di lenticchie. Mamma Kuciak raccomanda al figlio Jan, «Stai attento». Jan è stato minacciato dal faccendiere Kocner pesantemente, perché lui, giornalista investigativo, ficca il naso negli affari sporchi e scrive, denuncia. Jan risponde alla madre: «Mamma io sto facendo il mio lavoro per la Slovacchia».

Jan prende sopra di sé il peso del vuoto di verità e di conoscenza in Slovacchia e cerca di colmarlo. Fa quello che dovrebbe fare la polizia, compromessa e sonnolente. Quel giorno di un anno fa, in casa Martina è intenta in cucina e Jan è in cantina. Ecco che entrano i killer, un ex poliziotto e un ex militare, Tomas Szabo e Miroslav Marcek. Un colpo di pistola alla testa a Martina e un colpo al petto a Jan. Gli occhi azzurri di Martina bella come un angelo, rimangono sbarrati dall’orrore. La prima a essere uccisa è lei. Jan sente che accade qualcosa al piano di sopra e sale di corsa le scale, ma di fronte si trova il killer. Sipario. Fine dei sogni dei due giovani europei. Il gruppo di fuoco ha altre due persone oltre ai killer, oggi tutti in carcere: la ex escort – ha vissuto anche in Italia – Alena Zsuzsova – in contatto con l’imprenditore e faccendiere Marian Kocner – in carcere per frodi fiscali e indiziato ora per gli omicidi Kuciak-Kusnirova – e l’imprenditore Zoltan Andrusko. C’è uno scontro in atto in Slovacchia di poteri forti con la società civile, con le nuove generazioni, col nuovo che avanza a fatica. Scontro tra le mafie slovacche che abusano dei cittadini e degli agricoltori che non riescono ad accedere ai fondi europei per le terre, colpa dei clan, che hanno dietro i colossi finanziari dei colletti bianchi. A loro dava fastidio Jan Kuciak.

A colossi finanziari e alla politica corrotta, ha dato fastidio a Malta la giornalista investigativa Daphne Caruana Galizia esplosa con un’autobomba il 16 ottobre 2017, uccisa quattro mesi prima di Jan Kuciak. È bene chiarire un fatto: i soldi si muovono e sui soldi indagavano i due colleghi. C’è un errore che facciamo tutti: pensare ancora in termini di confini nazionali di uno Stato. Per le mafie dei colletti bianchi il mondo è un grande salvadanaio, Malta e la Slovacchia sono solo due pedine nel grande scacchiere. I soldi sporchi hanno molti padroni e intrecci indescrivibili che attraversano l’Europa e il mondo. E Marian Kocner ha investimenti anche a Malta. Daphne indagava sul riciclaggio di danaro sporco e Jan sulle frodi fiscali e anche  sulla ‘ndrangheta. Pochi giorni fa ho pubblicato le foto che provano che Kuciak fosse spiato e pedinato. Tre scatti all’interno del fascicolo di indagine. Si è scatenato un terremoto in Slovacchia dopo lo scoop.

A chi ha fatto paura la pubblicazione della prova fotografica che Jan Kuciak – reporter investigativo – fosse spiato e pedinato? Tre foto allegate al fascicolo di indagine sugli omicidi di Jan e Martina hanno scosso la Slovacchia. Da una parte l’indignazione legittima e la rabbia delle famiglie delle vittime e della società civile che chiedono con forza trasparenza, verità e i nomi veri dei mandanti. Dall’altra il tentativo da parte dei «palazzi del potere» di coprire con una foglia di fico la gravità della prova di uno spionaggio di un valente giornalista europeo. Il governo slovacco è in Europa prima di tutto per la civiltà e la cultura europea che non considera i giornalisti «prostitute» né straccio dei piedi degli oligarchi mafiosi. I giornalisti come Jan sono patrioti.

La trasparenza verso il popolo è un diritto costituzionale internazionale. Qualcuno ha paura delle confessioni di uno dei killer che sta collaborando? Evidentemente sì. Dopo le foto dello spionaggio di Jan Kuciak fotografato e pedinato fino a casa dove è stato assassinato con Martina, nessuno ci ha spiegato fino ad ora nulla. Le famiglie Kuciak-Kusnirova ne hanno il primo diritto: i figli non sono carne da macello! Poi ne ha diritto la società civile democratica perché i cittadini non sono le «comparse» teatrali del potere. Certamente Jan non era l’unico obiettivo della squadra omicida, c’è una lista, è probabile che altri giornalisti siano stati spiati. Le indagini dei reporter pubblicate «fuori controllo» dal palazzo del potere, possono bruciare miliardi di euro illeciti. Questo è il punto. Perché il governo slovacco non si decide a fare una legge che metta fuori legge lo spionaggio dei giornalisti che lavorano al servizio dei cittadini? Perché non fa una legge per la tutela delle fonti dei giornalisti e dei testimoni nelle inchieste investigative dei reporter?

È necessaria una Commissione di indagine europea super partes che accerti col governo slovacco perché un giornalista perbene sia stato fotografato, pedinato, minacciato e poi ucciso con la sua compagna che era certamente un pericoloso testimone dei segreti di Jan. Chiediamo a gran voce un’inchiesta pubblica. Perché la procura generale all’epoca non indagò Kocner, cioè chi minacciava? Invece fu pedinata la vittima della minaccia. Jan aveva puntato non solo sugli imprenditori slovacchi torbidi ma anche sui Vadalà della ndrangheta e sui loro intrecci con gli esponenti politici di primo piano slovacchi.

Un capitolo del tutto aperto e opaco che riserva molte sorprese perché la magistratura italiana sta indagando. Intervenga l’Europa sulle foto dello spionaggio di Jan Kuciak, intervengano le Ong internazionali per la protezione dei giornalisti. I giornalisti investigativi slovacchi che sono stati spiati ad oggi, sono a rischio. E con loro tanti altri in Europa. Chiediamo a gran voce un’inchiesta pubblica anche sull’omicidio di Daphne Caruana Galizia. Siano le chiese protestanti, la Federazione Evangelica a essere promotrici della richiesta di verità: se l’Europa non è una comunità virtuale deve intervenire con urgenza, dobbiamo conoscere i mandanti. Non possiamo lasciare la verità nelle mani di Stati grigi e compromessi. Il giornalismo europeo è stato condannato a morte e noi non possiamo stare a guardare. Jan, Martina e Daphne sono morti come sentinelle solitarie per annunciare il pericolo alla comunità, e noi non possiamo adottare come esempio Ponzio Pilato. Dobbiamo intervenire ad alta voce, come cristiani e giornalisti testimoni di verità. Le chiese sono guardiane del creato. Dopo l’omicidio di Jan e Martina in Slovacchia sono esplose le inchieste e gli scandali che prima erano nascosti sotto il tappeto. Occorre un’indagine conoscitiva sulle garanzie dell’informazione e un libro bianco sui giornalisti in Slovacchia.