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La violenza si intensifica in Nicaragua, le chiese chiedono responsabilità al governo

Due mesi fa, manifestanti in Nicaragua sono stati brutalmente attaccati da forze fedeli al governo. I disordini che ne sono derivati hanno provocato la morte di circa 300 persone e molti nicaraguensi sono rinchiusi nelle proprie case per paura di essere uccisi. Una commissione speciale dell’Organizzazione degli Stati americani sta indagando sul coinvolgimento del governo nella violenza.

I dipendenti del Cepad, il Consiglio delle chiese evangeliche in Nicaragua – un partner globale della Chiesa presbiteriana (Stati Uniti) – rimangono al sicuro ma impauriti mentre la violenza continua ad aumentare. Damaris Albuquerque, direttore esecutivo di Cepad, ha scritto nel suo ultimo aggiornamento:

«Tre membri del nostro staff sono stati vittime di rapine in diverse parti del paese. Uno di loro è stato derubato mentre stava mangiando in un ristorante, un altro è stato aggredito quando stava andando a casa dei suoi genitori in una città vicina con la moto e la casa di un terzo è stata scassinata nel bel mezzo della giornata, quando lui e sua moglie erano al lavoro e i bambini erano a scuola. Tutti i loro oggetti di valore sono stati rubati».

La Chiesa presbiteriana statunitense ha attualmente una collaboratrice di missione in Nicaragua. Tracey King-Ortega, referente regionale per l’America Centrale, vive con la sua famiglia nella capitale Managua e ha iniziato a lavorare con Cepad nel 1999. Nel suo lavoro con Cepad ha coltivato lo sviluppo di relazioni di solidarietà a lungo termine, di accompagnamento, amicizia e crescita spirituale tra chiese negli Stati Uniti e chiese in Nicaragua. Continua a collaborare con Cepad nel suo attuale ruolo di collegamento regionale.

King-Ortega ha preso la difficile decisione di lasciare temporaneamente il Paese e chiede preghiere per i fratelli e le sorelle che non possono andarsene.

«Per ora, io e mio marito abbiamo deciso che è meglio per me e per i bambini essere negli Stati Uniti», ha detto. «Continueremo a valutare la situazione e speriamo che le cose migliorino presto, ma nulla indica realmente che ciò accadrà. Come diceva mio marito, “il Nicaragua non è un posto per i bambini”. Per quanto desideriamo allevare bambini resilienti e crediamo che potremmo probabilmente tenerli al sicuro, temo che gli estremi livelli di incertezza, insicurezza e violenza in Nicaragua potrebbero essere traumatizzanti per loro e noi. Combatto con il privilegio di prendere queste decisioni, ma so che è ciò che è meglio per i nostri bambini piccoli in questo momento».

La situazione in evoluzione in Nicaragua ha generato due risoluzioni alla 224a assemblea generale (2018) della Chiesa presbiteriana Usa, che si è tenuta a giugno a St. Louis. La pastora Kathryn Beilke della First Presbyterian Church of Hudson di New York ha aiutato a redigere una delle risoluzioni. Parlando alla commissione per la pace, l’immigrazione e le questioni internazionali, ha detto: «Servo una congregazione con membri che sono nativi nicaraguensi; sono attivisti da tutta la vita, amanti di Gesù e servitori inestimabili per la nostra comunità. Sono devastati da ciò che sta accadendo nel loro paese in cui risiedono molti dei loro amici e familiari. Negli ultimi mesi hanno marciato per le strade da Washington a New York, rinunciando alla loro bandiera blu e bianca e incontrando chiunque voglia ascoltarli e potrebbe diventare un potenziale difensore della causa».

Il numero allarmante di presunte vittime civili in Nicaragua solleva «profonda preoccupazione per l’indebolimento dei diritti umani e la fragilità dello stato di diritto», ha dichiarato il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), pastore Olav Fykse Tveit.

Forza eccessiva quella utilizzata da parte dei paramilitari e dello stato, apparentemente finalizzata a «ristabilire l’ordine» nel paese da metà aprile, quando le diffuse proteste contro il governo del presidente Daniel Ortega sono decollate, e hanno già causato più di 300 morti e 1.830 feriti in tre mesi.

«Chiediamo al governo del presidente Daniel Ortega di cessare le terrificanti violenze e di proteggere la popolazione», ha detto Tveit, che ha anche definito «inaccettabile» l’attuale livello di repressione dello stato.

Il 17 luglio, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha anche espresso preoccupazione per il fatto che la nuova legge antiterrorismo del Nicaragua potrebbe essere utilizzata per criminalizzare i manifestanti. «Il testo è molto vago e consente un’ampia interpretazione che potrebbe portare all’inclusione di persone che stanno semplicemente esercitando il loro diritto di protestare», ha detto il portavoce delle Nazioni Unite Rupert Colville.

In una dichiarazione L’Act Alliance Nicaragua Forum ha invitato il governo «a prendere sul serio le raccomandazioni della Commissione interamericana sui diritti umani nel senso di cessare la repressione e gli arresti arbitrari, rispettare il diritto di protesta pacifica e ammettere l’ingresso nel paese dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite»