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Metodisti in prima linea contro il colera in Congo

Sono passati cinque mesi da quando nella provincia del sud Kivu, in Repubblica Democratica del Congo è scoppiata una nuova epidemia di colera, e i metodisti del Paese continuano ad operare per tentare di arginare la crisi sanitaria, in un contesto socio – politico di estrema incertezza e violenza.

Da settembre 2017 nella regione sono stati registrati 13.300 casi e almeno 60 morti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità in tutto il Congo 24 mila persone sono state infettate lo scorso anno e le vitime sono state oltre 500.

Non sono ovviamente risparmiati nemmeno membri della locale Chiesa metodista: almeno 430 fedeli colpiti dal batterio nell’ultimo periodo. Claude Watukalusu, medico, racconta come ad organizzazioni non sanitarie ma molto ben radicate sui territori, come accade per le comunità metodiste, è chiesto uno sforzo nel terreno della prevenzione, nel tentativo di arginare il problema a monte, dal momento che sono rarissime le strutture sanitarie attualmente in funzione e in grado di aiutare le persone colpite dal male. I

ntervento che si concreta da un lato con il tentativo di rendere note pratiche e atteggiamenti che possono limitare il proliferare del batterio responsabile, e dall’altro lato con una massiccia distribuzione, resa possibile grazie ai volontari membri di chiesa, di compresse per la depurazione delle acque, perché troppa parte della popolazione sta bevendo e utilizzando acque non sicure.

I pastori continuano a essere, in molte zone, i primi se non unici soggetti a parlare alla popolazione del dilagare del colera, ricordando l’importanza del lavaggio delle mani, e sollecitando i membri malati a raggiungere rapidamente un centro di cura.

La crisi sanitaria si innesta in un contesto politico di estrema incertezza e violenza, caratterizzato dal continuo rinvio dell’appuntamento elettorale che dovrebbe avviare il dopo Kabila, al potere dal 2001 dopo che suo padre aveva governato dal 1997. Il voto più volte promesso, continua a subire dilazioni, e ciò non fa che aumentare le tensioni fra gli oltre 80 milioni di congolesi.