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Gli assordanti silenzi su Yarmouk

A Yarmouk, l’enclave palestinese nella zona sud della capitale siriana la situazione è da giorni disperata.

Assordante il silenzio di tutti gli attori politici e religiosi che potrebbero avere un ruolo in questa vicenda; ciò costringe le organizzazioni umanitarie a ricoprire un duplice ruolo: di intervento sul campo e di appello accorato ai governi internazionali. Intervento sul campo nel tentativo di dare un minimo di conforto e di beni di primissima necessità ai circa 18 mila palestinesi ancora presenti (erano oltre 150 mila fino al 2012, all’alba della guerra civile che sta insanguinando la Siria), in preda alle battaglie fra i miliziani dell’Esercito Islamico che sono entrati nel campo, e le forze governative che nel poco convinto tentativo di difenderlo prendono due piccioni con una fava stoppando i terroristi e svuotando il campo di civili. Appello ai governi e alle istituzioni internazionali perché si facciano carico della vicenda, a partire dalle Nazioni Unite.

Manca acqua, corrente elettrica, cibo; chi è rimasto vive, come recita l’appello dell’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi (Unrwa), «sostanzialmente in trappola. Domina la paura, la disperazione per le battaglie continue, per le vittime fra i civili, bambini in primis. Non riusciamo ad accedere al campo, cosa che già normalmente riusciamo a fare a fatica, per cui ci appelliamo alle organizzazioni internazionali affinché garantiscano una rapida soluzione degli scontri e forniscano immediata protezione alla popolazione».

La collega Susanna Ricci ha intervistato Marina Calvino, segretaria generale di Unrwa Italia, che così racconta la situazione del campo: ascolta l’intervista.

Copertina: Stefano Stranges