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Non solo Intese

A fine gennaio la Regione Lombardia ha approvato una legge che stabilisce nuove regole urbanistiche per la realizzazione di luoghi di culto, che penalizza molto gran parte delle confessioni religiose: la questione non riguarda solo l’urbanistica, ma tocca inevitabilmente l’argomento della libertà di culto. Il Governo ha impugnato la legge lombarda davanti alla Corte costituzionale, che dovrà esprimersi proprio a proposito di un’eventuale lesione della libertà religiosa nella Regione. Ne abbiamo parlato con Ilaria Valenzi, consulente legale della Ccers, la Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato.

Come è stata accolta la notizia dell’impugnativa?

«Sicuramente la notizia è fonte di soddisfazione, non soltanto per l’operato che ha riguardato la Ceers e altre istanze che si sono occupate di far sentire la propria voce contro questo provvedimento: soprattutto perché segna l’inizio un reale percorso verso l’abrogazione di questa legge o quanto meno della parte della legge che sta incidendo negativamente sul diritto di libertà religiosa».

Quali sono i punti della legge che ledono la libertà religiosa?

«La legge riguarda il governo del territorio, dunque è una materia di edilizia e urbanistica che è di competenza delle regioni: il problema è che l’edilizia di culto è in tensione tra tutela dei piani regolatori e libertà religiosa. Questa legge non fa altro che entrare in un campo che non è più il suo perché finisce per ledere diritti di uguaglianza e di libertà nel senso più ampio, come la libertà di associazione e delle comunità di essere riconosciute come tali, di avere un proprio spazio per potersi riunire. Se pensiamo ad alcune norme contenute in questa legge, non fanno altro che andare a incidere sul campo della sicurezza e dell’ordine pubblico, invece che su quello della tutela della libertà: in particolare penso alla norma che rimanda alla necessità della presenza di telecamere di videosorveglianza collegate con la polizia locale. Oppure la necessità che la struttura sia in armonia con un presunto paesaggio lombardo: una norma indicativa della non volontà di non avere minareti, ma che in generale rimanda a tutte quelle vecchie leggi in cui le chiese dovevano essere coperte, e non mostrarsi in quanto tali. L’elemento eclatante è il tentativo da parte delle forze politiche di utilizzare i luoghi di culto come strumento di controllo, e restringere il diritto di professare la propria religione».

Parlando di religioni e stato, si pensa subito alle Intese: sono ancora una garanzia di tutela?

«L’Intesa è sicuramente lo strumento che l’ordinamento ci dà per usufruire di una serie di diritti che servono a non ricadere sotto la non del tutto abrogata legge dei culti ammessi. La corsa alle Intese che c’è stata dal 1984 in poi,anno in cui l’ha ottenuta la Chiesa Valdese, fino al 2012, in cui sono state approvate molte intese già deliberate ma non approvate dal Parlamento, serve a riempire questo vuoto normativo di legislazione ordinaria. L’Intesa è dunque uno strumento di favore, ma convenzionale: se non si raggiunge la convenzione tra i due stipulanti, è neutralizzabile. L’esempio dell’Islam è il più evidente. Alcune religioni che hanno una struttura ecclesiologia diversa rispetto a quelle che conosciamo storicamente, sono svantaggiate. Il superamento dell’Intesa necessita di un passaggio successivo, ovvero la dotazione di una legge organica sulla libertà religiosa».

Qual è la prospettiva di questo superamento?

«C’è un gruppo di lavoro di giuristi ed ecclesiastici universitari, ma anche composto da rappresentanti delle confessioni religiose, che da qualche tempo si riunisce e sta lavorando a una bozza di disegno di legge. La volontà è quasi sempre politica: c’è la necessità che Governo e Parlamento si facciano portatori della istanza contenuta nei disegni di legge, e che qualcuno la porti agli organismi preposti, in modo che non resti un esercizio di buona volontà; successivamente occorre che la Chiesa cattolica abbia un approccio non distruttivo nei confronti di un provvedimento di questo tipo, da parte della Chiesa Cattolica. Fino al 2007, diversi disegni di legge sono stati portati in Commissione affari costituzionali, uno relativo all’individuazione del principio di laicità come principio cardine del nostro ordinamento: in quel caso ci fu un blocco totale per un veto assoluto da parte del presidente della Cei, e il disegno di legge cadde nel vuoto. In un recente convegno, l’attuale segretario generale della Cei ha dato una diversa lettura della necessità di una legge per la libertà religiosa. L’idea di collaborare positivamente affinché ci sia una nuova legge sembra ora più possibile. Ci si comincia a rendere conto che non si può vivere nel monopolio dei diritti, ma che questi vanno condivisi».

 

 

Copertina: VinnyCiro – Licenza: CC0 Public Domain