Libertà di coscienza e di religione, misura della salute di una società

A Washington il 9° congresso mondiale dell’Associazione per la libertà religiosa

Dal 21 al 23 agosto 2023 a Silver Spring (nord di Washington, USA) si è svolto il 9° World Congress dell’IRLA – International Religious Liberty Association. Da 130 anni l’IRLA svolge una continua e proattiva attività di promozione della libertà di coscienza e di religione, un diritto fondamentale garantito a livello internazionale dall’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto comprende la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, individualmente o in comune, in pubblico o in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti».

Oggi la libertà di coscienza e di religione è solennemente sancita e tutelata da molte Carte costituzionali e da numerosi documenti giuridici nazionali e internazionali; tuttavia, essa viene spesso disattesa nella sua concreta attuazione e, in ancora troppi contesti geografici, non risulta garantita. Ne sono esempio le numerose persecuzioni e discriminazioni che in tutto il mondo, a diverso grado e livello, colpiscono i/le fedeli appartenenti alle minoranze di religione o di convinzione.

In questa prospettiva si comprende la rilevanza del raggio d’azione dell’IRLA, orientato a colmare il divario, ancora troppo netto, tra tutela formale e tutela sostanziale della libertà di coscienza e di religione. Rappresentata presso le Nazioni Unite a New York e Ginevra, l’IRLA è una ONG (Organizzazione Non Governativa) presente in 80 Paesi nei quali organizza convegni, lezioni nelle università, svolge attività di advocacy, favorisce il dialogo interreligioso. L’IRLA organizza inoltre, a cadenza quinquennale, un convegno mondiale nel quale autorevoli esperti ed esperte illustrano e analizzano lo stato di salute della libertà religiosa nel mondo e si confrontano su possibili strategie atte ad affrontare in modo costruttivo le problematiche ancora irrisolte o emergenti in un panorama religioso sempre più variegato e complesso.

Il 9° World Congress svoltosi nel mese di agosto 2023 ha visto la partecipazione di circa 200 persone, provenienti da tutti continenti e riunitesi a Silver Spring, nel quartier generale mondiale della Chiesa Avventista, che ha dato le origini ed è alla guida dell’IRLA.

Il presidente della Chiesa Avventista, pastore Ted Wilson, ha aperto il congresso dando il benvenuto ai partecipanti, sottolineando come la libertà di coscienza sia un diritto fondamentale e come gli avventisti, tramite l’IRLA, siano attivamente impegnati in tutto il mondo nella difesa di tale diritto, non solo per i fedeli della propria chiesa, ma di tutte e tutti.

I lavori sono proseguiti con l’intervento di John Nay, ambasciatore del Suriname (Paese dell’America meridionale) e presidente dell’IRLA. Il suo intervento ha evidenziato il carattere di imperativo morale che anima da oltre un secolo la grande famiglia dell’IRLA nella difesa della libertà religiosa, intesa come matrice ideale e fondamento di tutte le libertà. In quanto pilastro di uno Stato democratico, la libertà religiosa non può essere una libertà diseguale, usata strumentalmente per garantire alcuni gruppi religiosi a discapito di altri.

Tale concetto è stato ribadito anche da Ganoune Diop, segretario generale dell’IRLA, il quale ha evidenziato il carattere universale della libertà religiosa e la necessità che ognuno debba essere libero di credere, di professare e parlare della propria religione, di cambiarla, di non credere, senza trovare impedimenti a queste pratiche. La libertà, ha affermato il segretario generale, è un concetto che i credenti imparano da Dio, il quale per primo ha lasciato libera l’umanità, e dunque la libertà è un diritto fondamentale.

I lavori del primo giorno di congresso si sono conclusi con l’intervento di Adama Dieng, sottosegretario delle Nazioni Unite e special adviser per la prevenzione dei genocidi, che ha sottolineato l’importanza dell’impegno della famiglia dell’IRLA nella promozione della libertà religiosa, in un mondo in cui essa viene costantemente minacciata e per molti Paesi costituisce ancora un miraggio. Lo dimostrano i numerosi genocidi che dal Ruanda al Darfur al Myanmar ‒ solo per citarne alcuni ‒ continuano ad insanguinare la storia recente e la contemporaneità.

Riconoscere e difendere la libertà religiosa significa come prima cosa rispettare le varie differenze che caratterizzano le religioni e comprenderne la ricchezza. Significa essere aperti al dialogo senza discriminazioni. Tutte le principali associazioni che lavorano per la difesa dei diritti umani riconoscono l’enorme valore della libertà religiosa. Solo rispettando le diversità e riconoscendone il valore riusciremo a vivere insieme in pace.

Il secondo giorno del congresso si è aperto con un interessante excursus sulla storia dell’IRLA esposto da David Trim, direttore del Dipartimento archivi, statistiche e ricerca della Chiesa Avventista mondiale.

Innovativo l’intervento di Brian Grim, presidente della Religious Freedom & Business Foundation, dell’università cattolica americana, che si occupa di dimostrare come la fede aiuti il business: le persone che hanno una fede lavorano il 23% in più di chi non ne ha una. I Paesi che hanno una forte identità religiosa come l’India stanno crescendo molto a livello economico e la tendenza è in aumento. I paesi che hanno un’apertura verso le religioni sono più prosperi.

Eric Patterson, Presidente del Religious Freedom Institute, ha focalizzato il suo intervento sulla situazione assai critica della libertà religiosa in alcuni Paesi, tra cui la Nigeria, che costituisce uno dei luoghi più pericolosi per i cristiani, pesantemente discriminati, perseguitati e uccisi.

Estremamente interessante le riflessioni di Bettina Krause, redattrice della rivista Liberty e direttrice del Dipartimento affari governativi della Chiesa Avventista mondiale, sulla difficoltà in Australia di tutelare concretamente l’esercizio della libertà religiosa, anche a causa dell’assenza di riferimenti costituzionali a tale libertà, garantita tuttavia da disposizioni specifiche a livello statale e territoriale. Si registra anche, afferma Krause, una certa opposizione dei cristiani conservatori ad un pluralismo religioso più egualitario, opposizione che spesso si tramuta in pressione politica, specialmente in occasioni importanti per la struttura ordinamentale australiana, come nel caso dei referendum. La situazione è ulteriormente aggravata dal paradosso che questa maggioranza di fatto non esiste più perché si tratta di gruppi molto diversi e divisi; si tratta dunque di un uso strumentale della religione che non corrisponde più nemmeno al sentimento religioso nella società.

Nella stessa direzione sono andati gli interventi di Sam Brownback, senatore e ambasciatore USA per la libertà religiosa, e Karnik Doukmetzian, consigliere generale della Chiesa Avventista mondiale, che hanno concordato sulla necessità di essere uniti e di elaborare strategie comuni a tutte le chiese mondiali nella lotta per la difesa della libertà religiosa e per la concreta attuazione dell’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tutti siamo chiamati a cooperare per creare una società più giusta ed egualitaria, in quanto la quotidianità, soprattutto in alcuni contesti, abbonda di esempi di discriminazioni, a volte legalmente codificate per mezzo di leggi specifiche, volte a perseguitare le minoranze religiose. Profondo il riferimento che da parte di più relatori e relatrici viene invocato al velo dell’ignoranza di Rawls, una metafora che il filosofo utilizza per descrivere la società giusta, egualitaria, fondata su principi di giustizia razionali e condivisi dai membri della società. Per Rawls se gli esseri umani fossero posti in una “posizione originaria”, ossia una condizione di equità, in cui tutti ignorano, grazie al velo dell’ignoranza, quale sarà la posizione che ognuno occuperà nella società, dovendo trovare un accordo sui principi base della società essi, in quanto esseri razionali e privati dell’avidità degli interessi particolari, sceglierebbero due principi di giustizia universale: il principio di libertà, per il quale tutti hanno lo stesso diritto alle libertà fondamentali; il principio di differenza, secondo il quale le ineguaglianze economiche e sociali sono ingiuste se non vanno a beneficio di tutti; si possono tuttavia considerare giuste se producono benefici per chi è svantaggiato. Seppur si tratta di un modello puramente teorico, il senso estremamente profondo della metafora rawlsiana stimola ognuno di noi a fare la sua parte per una società più giusta.

Il segretario generale della Chiesa Battista mondiale, il pastore Elija Brown, ha posto i riflettori su un tema più che mai attuale e denso di implicazioni: l’impiego dell’intelligenza artificiale per limitare gravemente i diritti delle minoranze, come avviene già in Cina ai danni della minoranza islamica uigura (tema sul quale si invitano i lettori e le lettrici a leggere il contributo di P. Annicchino, La minoranza musulmana e lo stato nazionale di sorveglianza cinese, in Coscienza e Libertà, 63-64, 2022, pp. 27-33. L’articolo è disponibile on line qui: https://coscienzaeliberta.it/coscienza-e-liberta/rivista-n-63-64/pasqual…

Intervento di carattere storico quello di John Graz, direttore dell’International Center of Public Affairs and Religious Freedom e già segretario generale dell’IRLA, che ha evidenziato i pericoli insiti nel fanatismo religioso, rievocando la figura di Sant’Agostino, trasmigrato da posizione libertarie a posizioni integraliste. Se infatti sono del primo Agostino le parole «Non ci può essere unione tra verità e violenza, giustizia e crudeltà», successivamente egli cambiò orientamento e sostenne l’uso della coercizione da parte delle autorità verso gli eretici per riportarli alla vera fede. Il suo esempio ci dice oggi che anche le più nobili intenzioni possono, se ci si allontana dai principi di giustizia universale, tramutarsi in fanatismo fino a giustificare l’uso della violenza e della coercizione.

Il rabbino del Tempio di Isaia a Fulton (Maryland, USA), Craig Axler, esponente dell’ebraismo riformato, ha osservato che prendersi cura dei più deboli anche se non condividono la nostra fede è un principio ebraico fondamentale. È importante coltivare le relazioni con gli altri gruppi, sostenersi a vicenda; solo lavorando insieme possiamo aspirare alla pace.

Audrey Andersson, vice-presidente della Chiesa Avventista mondiale, ha spostato l’attenzione sulla profetessa avventista Ellen White, la scrittrice donna più tradotta al mondo. Tra i suoi numerosi scritti troviamo alcune parti nelle quali White sostiene che nessun essere umano deve prendere il controllo della mente di un altro suo simile, Dio ci lascia liberi e altrettanto dobbiamo fare noi con gli altri. Ogni persona deve essere libera di gestire il proprio pensiero compresa la scelta religiosa. La costrizione e la forza sono contrari al volere di Dio.

César Garcìa, segretario generale della conferenza mondiale Mennonita, nell’intervento che ha concluso il secondo giorno di lavori ha spiegato che l’origine della Chiesa Mennonita si fonda sulla libertà di scelta. I mennoniti, eredi degli anabattisti, credono nella libera e consapevole affiliazione religiosa, per cui il battesimo deve essere un atto libero, volontario e non imposto. La religione è infatti una scelta personale che deve essere libera. I Paesi che si identificano a livello politico con una sola religione sbagliano perché Dio si manifesta nelle diverse religioni e tutte vanno rispettate e protette. La miglior garanzia per la tutela e per la protezione della libertà di coscienza è proprio la separazione tra Stato e chiese. Allo stesso modo i valori cristiani sono validi per i cristiani ma non possono essere imposti a tutti. Dobbiamo creare una nuova società dove possano coesistere pacificamente fedi diverse come anche persone che non abbracciano alcuna fede.

Il terzo e ultimo giorno di convegno ha visto come primo relatore David Little, professore emerito di pratica etnico-religiosa e conflitti internazionali dell’Università di Harvard e ricercatore associato della Georgetown University, che ha aspramente criticato gli Stati che si identificano in una religione e i nazionalismi confessionali che costituiscono realtà ancora molto diffuse a livello planetario, riemergenti in alcuni casi. Tale connubio risulta deleterio non solo per la libertà religiosa, ma in generale per tutti i diritti umani.

Azza Karam, segretaria generale di Religions for Peace e membro del Level Advisory Board on Effective Multilateralism delle Nazioni Unite, ha ribadito che quando la libertà religiosa è in pericolo, è in pericolo tutta l’agenda dei diritti umani, poiché i diritti umani sono tutti interconnessi.

L’86% della popolazione mondiale aderisce ad una confessione religiosa, ha riportato Knox Thames, Special Adviser per le minoranze religiose in USA e ricercatore presso la Caruso School of Law a Washington. Se una sola parola ha potere allora tante parole possono cambiare il mondo. È necessario unirsi e far fronte comune nella salvaguardia della libertà religiosa, negata in troppi Paesi ancora oggi.

Jònatas Machado, professore di diritto all’Università di Coimbra (Portogallo), ha rilevato alcuni dei fattori che contribuiscono a minacciare la libertà religiosa, tra i quali i populismi e i nazionalismi.

Infine, Rosa Marìa Martìnez de Codes, vice-presidente dell’IRLA e professoressa di storia americana all’Università Complutense di Madrid (Spagna), ha ripercorso la storia dell’IRLA e alcuni tra gli eventi principali promossi da questa importante associazione.

Il congresso è terminato con una visita ai luoghi paradigmatici non solo della storia americana ma anche della storia della libertà. Negli Archivi di Stato di Washington i partecipanti hanno potuto visitare la Rotunda, nella quale sono conservati gli originali del Bill of Rights, della Dichiarazione di Indipendenza e della Costituzione americana, il cui Primo emendamento proibisce ai governi federali e statali di istituire una religione ufficiale o di favorire o sfavorire un punto di vista religioso rispetto a un altro.

La visita è poi proseguita al Martin Luther King Memorial, la cui imponenza ricorda l’imponenza del coraggio e della lotta per affermare una volta per tutte l’eguaglianza degli esseri umani, in un mondo che fino a pochi decenni fa prevedeva carrozze separate tra bianchi e neri nei mezzi pubblici e classi scolastiche differenti, e che ancora oggi fatica a riconoscere che siamo tutti e tutte membri, con eguale dignità e diritti, di un’unica famiglia, quella mondiale.

Il cammino che porta al rispetto mondiale del diritto fondamentale alla libertà religiosa è ancora lungo.

In Italia se ne occupa l’AIDLR – Associazione Internazionale per la Difesa della Libertà Religiosa, e il suo organo di stampa, la Rivista semestrale Coscienza e Libertà (scaricabile gratuitamente qui🙂 nella quale viene data voce alle minoranze, vengono denunciati i diritti violati e proposti approfondimenti che hanno lo scopo di sensibilizzare cittadini, corpo politico e accademico affinché le libertà non siano più un’utopia.