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Immigrazione, chiese evangeliche e Sant’Egidio: appello a Governo e Parlamento

Di fronte agli ultimi provvedimenti in tema di immigrazione, giunti ora all’esame delle Camere, la Comunità di Sant’Egidio e la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che «da anni seguono il fenomeno e realizzano risposte concrete, come gli ormai collaudati corridoi umanitari, esprimono tutta la loro preoccupazione e lanciano un appello al Governo e al Parlamento.

Il pacchetto di nuove regole previste rischia infatti di intaccare un modello che, sia pure tra luci ed ombre, ha consentito di tutelare diritti fondamentali, di garantire reali processi di integrazione e di contenere fenomeni di irregolarità e devianza.

In particolare occorre riconsiderare gli effetti che avrebbe una restrizione della cosiddetta “protezione speciale” che – occorre ribadire – non è un provvedimento esclusivamente italiano perché praticato, in forme diverse tra loro, da numerosi altri paesi dell’Unione.

Gravi conseguenze si avrebbero prima di tutto sulle persone che lo richiedono. Non potrebbero infatti essere più protette se a rischio di trattamenti disumani nei loro paesi di origine, né riceverebbero più cure indispensabili per la loro sopravvivenza, né avrebbero la possibilità di essere accolti quando fuggono per calamità naturali come alluvioni e terremoti.

Si tratta – è bene ricordarlo – di diritti garantiti dalla nostra Costituzione, di fronte ai quali le commissioni giudicanti e la magistratura non potranno chiudere gli occhi.

Infine la non conversione della protezione speciale in permesso di soggiorno per motivi di lavoro allargherebbe in modo preoccupante l’area di irregolarità (e quindi anche di insicurezza) proprio in un momento in cui tutte le forze produttive del paese chiedono una consistente immissione nel mercato di cittadini stranieri.

Si tratta di un appello che si basa sull’esperienza concreta di integrazione realizzata dal 2016 attraverso i “Corridoi umanitari”: un’esperienza fondata sulla legalità, che ha avuto importanti riconoscimenti istituzionali, e che viene portata ad esempio da tutte le forze politiche, di maggioranza come di opposizione.

Il rischio di un restringimento della protezione speciale è quello di produrre un effetto opposto a quello desiderabile e pubblicizzato, non favorendo o interrompendo quei percorsi di integrazione e di “buona immigrazione” di cui il Paese, anche alla luce dei dati sul deficit occupazionale in varie filiere, ha acutamente bisogno».