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«Caccia al musulmano»

L’hanno chiamato «Giorno del “Punisci un musulmano”» e l’hanno lanciato per oggi, martedì 3 aprile, nel Regno Unito ma l’azione dei social media l’ha fatto rimbalzare anche oltreoceano. Un’iniziativa inquietante, condannata unanimemente dalle comunità religiose, dal governo, dalla società civile, ma sintomatica di un clima pesante, reso ancor più teso dalla morte a Nottingham, lo scorso 14 marzo, della diciottenne italiana Mariam Moustafa, di origini egiziane. Aggredita da un gruppo di “bulle” la scorsa estate, e nuovamente in febbraio, alla fermata dell’autobus, in un attacco in cui le dinamiche del bullismo si sono intrecciate con l’odio razziale.

Non è la prima volta che si sente parlare di Punish a Muslim Day, e l’allerta nel paese è alta: secondo dati del Governo pubblicati lo scorso ottobre, tra il 2013 e il 2017 i crimini d’odio sono quasi raddoppiati, e quasi quadruplicati quelli a sfondo religioso. Qui, come in altri paesi, prevale una sovrastima della percentuale di popolazione islamica, data (secondo una ricerca di Ipsos Mori del 2016) al 15%, mentre la percentuale reale è del 4,8%.

Nelle scorse settimane, in diverse città del Regno Unito (Birmingham, Cardiff, Leicester, Londra e Sheffield) sono state recapitate a persone musulmane (privati cittadini, politici, alcuni pacchi sono stati indirizzati persino ai membri del Parlamento e all’entourage del Primo ministro Theresa May) lettere cartacee con tanto di timbro, da molti condivise sui social network, che incitavano a compiere atti di violenza contro persone musulmane e a «non essere delle pecore». L’appello esortava a opporsi e a non «permettere che la maggioranza bianca delle nazioni europee e nord americane sia invasa da coloro che non vogliono altro che farci del male e trasformare le nostre democrazie in stati di polizia guidati dalla Sharia». L’appello era completato da una delirante tabella a punti (10 per chi insulta un musulmano, 2500 per chi bombarda La Mecca) e un recapito postale e telefonico per ulteriori informazioni.

In molti hanno reagito, dal mondo politico si sono levate voci di condanna e l’appello alla vigilanza: lo ha fatto Theresa May il 14 marzo (data di morte della giovane Mariam), lo ha fatto due giorni prima alla Camera dei Comuni la conservatrice Victoria Atkins, sottosegretario di Stato per «Vulnerabilità, salvaguardia e il contrasto all’estremismo» e per il Ministero dell’Interno, ribadendo che «il governo prende molto sul serio l’islamofobia e i crimini d’odio», che le lettere, il cui contenuto «chiaramente ripugnante non ha posto in una società civile», sono oggetto d’indagine della polizia, e invitando chiunque abbia ricevuto questi messaggi a rivolgersi alla polizia.

Il Forum cristiano-musulmano (Cmf) ha diffuso delle linee guida per essere vicini ai loro fratelli e sorelle musulmani con gesti di amicizia e solidarietà, una telefonata, un messaggio.

Lo stesso ha fatto l’organizzazione Tell Mama, dove Mama sta per measuring anti-muslim attacks, un progetto nazionale interreligioso nato con il supporto governativo, che dal 2012 si occupa di monitorare e contrastare l’odio anti-islamico. In queste settimane Tell Mama ha diffuso delle linee guida per rassicurare quanti si sentono minacciati da questa aberrante iniziativa, ma anche per fornire indicazioni sulla sicurezza rivolte in particolare ai più giovani: dire sempre ai genitori dove si è, evitare luoghi isolati e scorciatoie, sui mezzi pubblici viaggiare il più vicino possibile all’autista, non avere paura di cercare aiuto se ci si sente minacciati…

La stessa organizzazione, di fronte alla circolazione di messaggi WhatsApp che esortavano i musulmani a stare a casa e a lettere di minacce inviate a famiglie musulmane, ha reagito invitando a «continuare normalmente la propria vita di tutti i giorni, ma restando vigili e attenti».

Tra le chiese, la chiesa metodista inglese ha espresso profondo sconcerto per l’iniziativa, e richiamando il recente documento elaborato dall’organismo ecumenico Churches together in Britain and Ireland (CTBI), ha sottolineato l’importanza della «costruzione di relazioni basate sul rispetto e la fiducia tra persone di religioni diverse, per facilitare una più profonda comprensione reciproca, la riconciliazione e la cooperazione per il bene comune». Tutte cose che sembrano molto, molto lontane.