Dio ascolta la preghiera angosciosa del credente

Un giorno una parola – commento a Giobbe 9, 2-3

Ascolta la meditazione:

Come potrebbe il mortale essere giusto davanti a Dio? Se all’uomo piacesse disputare con Dio, non potrebbe rispondergli su un punto fra mille
Giobbe 9, 2-3

Io mi alzerò e andrò dal padre mio, e gli dirò: «Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te»
Luca 15, 18

Giobbe: l’esempio dell’uomo di fede, colui del quale il Signore dice: “Non c’è un altro sulla terra che come lui sia integro, retto, tema Dio e fugga il male” (1, 9), viene messo alla prova nei suoi beni, che perde tutti, nella sua famiglia, con la morte di figli e figlie, e infine nella malattia, che colpisce tutto il suo corpo con “un’ulcera maligna”. Ma Giobbe pazientemente “prese un coccio con cui grattarsi, e si sedette in mezzo alla cenere”. Pazienza, accettazione, espiazione: di che? Giobbe non si sente colpevole, ma “non peccò con le sue labbra”. Poi arrivano gli amici, con cui Giobbe ha lunghi dialoghi, ma, sentendosi innocente, vorrebbe parlare con Dio: “Fammi conoscere la mia trasgressione, il mio peccato! Perché nascondi il tuo volto e mi consideri un nemico?” (13, 24-25). E dopo molti interventi teorici degli amici, finalmente Dio risponde: “dal seno della tempesta” (38, 1) e in lunghi capitoli esprime tutta la magnificenza e la potenza della sua creazione. La grandezza di Dio schiaccia e umilia definitivamente Giobbe: “Ecco, io sono troppo meschino; che ti potrei rispondere? Io mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non riprenderò la parola, due volte, ma non lo farò più” (40, 4-5)… e conclude: “Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere” (42, 6).
Il peccato di Giobbe è aver osato parlare con Dio? Il nostro peccato è parlare con Lui nella preghiera? Invocarlo, discutere, anche nella disperazione? Niente affatto: il Signore ha gradito il dialogo con Giobbe, lo riabilita, lo salva, rimprovera gli amici, e valuta invece la preghiera angosciosa del credente: “Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io avrò riguardo a lui per non punire la vostra follia, perché non avete parlato di me secondo la verità, come ha fatto il mio servo Giobbe” (42, 8). Non sono le nostre convinzioni teoriche che il Signore gradisce, ma l’umile implorazione fatta con purezza di cuore. Amen.

Immagine: Giobbe (particolare), dipinto di Léon Bonnat (1880; Parigi, Musée d’Orsay)