L’erba del vicino

Tribunale greco: gli studenti ortodossi non possono essere esonerati dalle lezioni di religione. Fra laicità (assente) e privacy. E l’Italia?

Mal comune..l’erba del vicino..e altri motti popolari non alleviano l’amarezza per una situazione di discriminazione che si perpetua di anno in anno. Il tema dell’insegnamento religioso nelle scuole rimane un indicatore dello stato di salute delle libertà di una nazione (Qui l’intervista della nostra Marta D’Auria all’avvocata Ilaria Valenzi, responsabile dello “Sportello Scuola Laicità Pluralismo”, avviato circa un anno fa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia). La cattolica Italia e l’ortodossa Grecia rivelano tratti comuni nella gestione della materia.

In una lotta in corso tra l’Unione Atea di Grecia e il Ministero dell’Istruzione greco, il Consiglio di Stato di Atene ha stabilito questo mese che gli studenti greco-ortodossi non possono essere esonerati dalle lezioni di religione obbligatorie e ha affermato che le esenzioni per i non ortodossi non violano i diritti umani o le leggi sulla privacy dell’Unione Europea. 

In Grecia, l’istruzione pubblica e l’educazione religiosa sono intimamente legate , tanto che il nome completo del Ministero dell’Istruzione è Ministero dell’Istruzione, degli Affari Religiosi e dello Sport. L’articolo 16 della Costituzione greca afferma che «l’istruzione costituisce una missione fondamentale per lo Stato» e incarica gli educatori a «sviluppare la coscienza nazionale e religiosa».

Tutti gli studenti delle scuole pubbliche che appartengono alla maggioranza cristiana ortodossa del Paese sono quindi tenuti a frequentare le lezioni di religione dalla terza elementare fino alle superiori.

Ma la Grecia ha da tempo consentito esenzioni per ebrei, musulmani e gruppi cristiani non ortodossi, oltre che per atei e agnostici. Secondo il quotidiano greco eKathemerini, negli ultimi anni sono state concesse circa 10.500 esenzioni ogni anno scolastico.

L’Unione Atea di Grecia ha inizialmente portato la questione in tribunale nel 2015, sostenendo che la richiesta di esenzione costituiva di per sé una violazione della privacy ai sensi del Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione Europea, in quanto creava una registrazione del credo religioso o del non credo di ogni studente. Il processo permetteva inoltre agli amministratori scolastici di costringere comunque gli studenti a frequentare le lezioni. 

«Il ministero stava cercando di fare il possibile affinché pochi studenti ottenessero l’esenzione e di scoraggiare gli studenti a chiederla, utilizzando una serie di trucchi e decisioni ministeriali», ha dichiarato a Religion News Service Napoleon Papistas, segretario dell’Unione degli Atei di Grecia.

«La formulazione della richiesta di esenzione richiedeva che gli studenti, con l’approvazione dei genitori, si dichiarassero “non appartenenti alla religione cristiana ortodossa”», ha spiegato Papistas. I funzionari scolastici, troppo zelanti, spesso cercavano i documenti di battesimo degli studenti e usavano i loro certificati di battesimo per respingere le richieste. Molte sono state le segnalazioni di famiglie che hanno incontrato alcuni problemi nel processo di richiesta dell’esenzione. 

Circa il 90% della popolazione greca si identifica come cristiana ortodossa, secondo uno studio dell’istituto Pew Rsearch del 2017, anche se solo il 17% frequenta settimanalmente la chiesa. La Costituzione afferma che il cristianesimo ortodosso è la «religione prevalente» della Grecia.

Dopo la presentazione del caso, il ministero ha cambiato il linguaggio per la richiesta di esenzione in una formula che i funzionari considerano più neutrale: «Ragioni di coscienza religiosa non consentono la partecipazione (mia o di mio figlio) al corso di studi religiosi», si legge ora. 

L’Unione degli Atei e altri gruppi per i diritti umani in Grecia hanno ritenuto che ciò non fosse sufficiente, in quanto metteva ancora gli amministratori scolastici nella posizione di valutare uno studente sulla base delle convinzioni religiose. 

L’obiezione è stata sostenuta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che in un caso del 2018 ha stabilito che «le autorità statali non hanno il diritto di intervenire nella sfera della coscienza individuale e di accertare le convinzioni religiose dell’individuo o di costringerlo a rivelare le sue convinzioni in materia spirituale». 

Theodoros Papageorgiou, consigliere speciale del Santo Sinodo della Chiesa di Grecia, ha dichiarato a RNS che la Chiesa ritiene che l’Unione Atea stia «cercando di abolire l’obbligatorietà del corso per gli studenti cristiani ortodossi». Ha negato che le lezioni siano «indottrinamento religioso», descrivendole invece come «contenuti cristiani ortodossi che forniscono conoscenze religiose».

«Il fatto che il corso debba avere contenuti ortodossi non lo rende un lavaggio del cervello, in primo luogo perché riguarda studenti che provengono da famiglie cristiane ortodosse e in secondo luogo perché lo studente viene valutato in base alle sue conoscenze, non a quanto crede o a quanto sente di appartenere alla Chiesa ortodossa» ha aggiunto.
La sentenza del Consiglio di Stato concorda essenzialmente con questa argomentazione. 

Nel frattempo, Papistas ha comunque visto una piccola vittoria nella sentenza, una breccia: «Abbiamo perso sulla formulazione della decisione e sulla formulazione della richiesta di esenzione, ma il risultato sostanziale è una sorta di vittoria perché afferma esplicitamente che le scuole non sono autorizzate a cercare i dati personali degli studenti per verificare se le loro ragioni religiose sono valide», ha detto Papistas. 

La sentenza ha anche lasciato aperta la questione di cosa andrà a sostituire il corso di religione per coloro che richiedono l’esenzione. Secondo eKathemirini, molto probabilmente si tratterà di un corso di etica che tratterà la storia delle religioni.
La decisione lascia inoltre irrisolto il più ampio dibattito in Grecia sul ruolo della Chiesa ortodossa nelle scuole.

Nel 2016, il governo del partito di sinistra Syriza ha tentato di sostituire le lezioni di religione con un corso non confessionale che assomigliava molto al corso di etica proposto per gli studenti esonerati oggi. 

I leader ortodossi riuscirono a bloccare quel cambiamento e otto anni dopo il Parlamento greco appare molto diverso, con un numero di seggi più alto che mai concesso ai partiti di estrema destra, molti dei quali sposano una forma di nazionalismo cristiano unicamente ortodosso.

La Convenzione europea dei diritti degli esseri umani (Cedu), un trattato internazionale adottato nel 1950 ed entrato in vigore nel 1953, è la prima convenzione del Consiglio d’Europa destinata a tutelare i diritti dell’uomo. La sua ratifica è la condizione indispensabile per aderire all’Organizzazione.
Gli articoli 8 e 9 della Convenzione stabiliscono i diritti alla privacy e alla libertà di pensiero e religione:

ARTICOLO 8 
Diritto al rispetto della vita privata e familiare 
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.
ARTICOLO 9 
Libertа di pensiero, di coscienza e di religione 
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui.
Nella guida alla lettura dell’articolo 9 si legge che «La libertà di religione implica anche dei diritti negativi, ossia la libertà di non aderire a una religione e quella di non praticarla (“Alexandridis c. Grecia,”). Pertanto, lo Stato non può obbligare una persona a compiere un atto che possa essere ragionevolmente compreso come un assoggettamento a una determinata religione.

Nella “guida di accompagnamento all’articolo 8 , guida che contiene anche le varie sentenze in materia della Corte europea dei diritti umani, si legge invece che «Sebbene la libertà di pensiero, di coscienza e le questioni religiose siano disciplinate essenzialmente dall’articolo 9, la Corte ha stabilito che la divulgazione di informazioni relative alle convinzioni religiose e filosofiche personali può concernere anche l’articolo 8, in quanto tali convinzioni riguardano alcuni tra i più intimi aspetti della vita privata (“Folgerø e altri c. Norvegia [GC], § 98”), in cui l’obbligo imposto ai genitori di comunicare alle autorità scolastiche informazioni dettagliate sulle proprie convinzioni religiose e filosofiche poteva essere considerato violazione dell’articolo 8 della Convenzione).
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