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«Voi siete il sale della terra…»

Il versetto di Matteo «Voi siete il sale della terra…» (5, 16) è la traccia lungo la quale si tiene, dal 28 aprile al 1° maggio a Catania, la quarta sessione del XXIII Sinodo della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi), nell’anno, fra l’altro in cui ricorre il trentennale dell’Intesa firmata con lo Stato nel 1993. Ne parliamo con il pastore nella comunità di Ispra-Varese Carsten Gerdes,dall’anno scorso decano della Celi .

– Lei è stato eletto decano nel 2022: c’era la pandemia in forma molto estesa, da poco era scoppiata la guerra in Ucraina: che cosa significa assumere un incarico di responsabilità in momenti così difficili? Come conciliare lo “sfondo” di queste difficoltà con l’amministrazione e l’edificazione quotidiana della chiesa?
«Personalmente vivo la carica di decano come un camminare in territorio sconosciuto. Mi spiego: la Celi è strutturata e guidata da gruppi (Consiglio di chiesa, Sinodo, Concistoro); e questi gruppi riflettono lo spirito presente in organizzazioni simili: quando ci sono domande o problemi improvvisi, le persone si chiedono “dov’è qualcuno che ora dice o fa qualcosa?”. Con l’assunzione di questa carica, comprensibilmente, queste e altre domande sono orientate verso me. Sono cioè quello su cui sono puntati molti occhi. Al mio arrivo, come Decano, la pandemia stava già declinando e così è ancora oggi, ma alcuni dei suoi effetti non lo sono. Meno persone, come abbiamo visto non solo nella Celi ma dappertutto, frequentano le Chiese, i servizi religiosi e gli eventi, e dobbiamo ristabilire dei contatti con loro. Per alcuni (anziani, persone lontane geograficamente, persone prudenti) i servizi online erano così attraenti che vorrebbero proseguissero. È qui che le Comunità sono chiamate a pensare a che cosa può essere bene e a come far andar bene le cose. Sulla guerra, inizialmente la mia percezione era quella di una sorta di unanime condanna, delle Chiese protestanti, verso questo conflitto. E certamente i conflitti, tutti i conflitti, devono essere condannati. Così come le vittime vanno aiutate. Tuttavia, a oltre un anno dall’inizio di questa ulteriore guerra, le voci cominciano a esprimere diverse posizioni su quale debba essere l’atteggiamento giusto. Anche nella Celi, ovviamente, il dibattito non è unanime. E il senso di queste differenze esprime riflessioni, paure, sensibilità che vanno ascoltate».

– Il testo biblico ispira anche la campagna in corso, il #saledellaterratour: di che cosa si tratta?
«Provo a rispondere partendo da un esempio: se volete cucinare un minestrone, avete bisogno di una grande quantità di verdure, acqua, pasta e, alla fine, solo un piccolissimo grumo di sale. Mettendo tutto su un tavolo, è facile che esso non venga neppure notato. Ecco perché abbiamo un’équipe che sta visitando alcune delle nostre Comunità in Italia: per raccontarle e raccontare i loro progetti, i loro eventi, le persone che le animano. Vale la pena di condividere questo racconto. Perché un minestrone senza sale non è buono! Allo stesso modo, è importante per la società italiana la presenza delle nostre Comunità protestanti, di tutte le nostre comunità e denominazioni, perché il loro impegno come luterani, valdesi, avventisti, etc… può diventare sale della terra».

– Di che cosa parla il documento «Una Chiesa sicura»? Quale sarà la sua potenziale operatività?
«Chiesa sicura è la risposta che la Celi sente il dovere di dare a quel che spesso la cronaca, ahimé, segnala: abusi fisici, psicologici sui bambini, ma anche su donne e uomini, che non possono in alcun caso trovare copertura soprattutto nelle Chiese. Ecco, vogliamo fare in modo che nelle Comunità della Celi, nei nostri eventi, tutte le persone possano sentirsi il più possibile sicure, accolte senza correre il rischio di subire abusi di alcun tipo. Ovvero vogliamo assicurarci che se un’aggressione si verifica, non solo non debba ripetersi ma venga sanzionata secondo quel che la legge prevede e con il nostro impegno a denunciarla anziché coprirla. L’obiettivo è chiaro e non è controverso. Stiamo perciò lavorando su come raggiungerlo».

– A settembre lei parteciperà all’Assemblea generale della Federazione luterana mondiale a Cracovia. Ma tra luglio e settembre ci saranno anche due importanti eventi per la Comunione di Chiese protestanti in Europa (Ccpe/Geke), in ricordo dei 50 anni della Concordia di Leuenberg (l’atto di reciproco riconoscimento e superamento delle storiche divisioni tra luterani e riformati, siglato il 16 marzo 1973). In che modo la Celi si colloca nella CcpeGeke, dove porta con sé la sua peculiarità di essere chiesa luterana in Italia?
«Come Celi abbiamo dedicato l’ultimo numero della rivista miteinander/insieme alla Concordia di Leuenberg. Anche il segretario della Ccpe, Mario Fischer, sarà nostro ospite al Sinodo a Catania. Personalmente parteciperò a uno degli eventi della Ccpe a Vienna, mentre la vicedecana, pastora Kirsten Thiele, è colei che, all’interno della Celi, mantiene i contatti con l’organismo. Concretamente la collaborazione con le Chiese della Concordia si esplica in molti ambiti. Alcuni spesso così pratici da venire considerati scontati. Eppure fino a 50 anni fa non era così. A esempio, durante questo Sinodo, le Comunità della Celi saranno curate, per culti speciali o altre attività (a esempio un funerale) dai pastori delle Chiese che in Italia si riconoscono nella Concordia. Questo scambio, che si realizza nelle collaborazioni territoriali pratiche, ci permette di condividere idee su come le altre chiese della Ccpe stanno rispondendo, a esempio, alla carenza di giovani teologi o su come organizzare un vicariato».

– Qual è dunque la sua esperienza fino a oggi in Italia?
«Vivo in Italia da quasi cinque anni, in una situazione ecclesiastica totalmente diversa da quella che ho vissuto nei 40 precedenti in Germania. Ora, come protestante, sono in minoranza e improvvisamente, devo spiegare che anche i protestanti sono cristiani e parlano della stessa fede dei cattolici. E devo spiegarlo ai cattolici, ma anche a un numero sempre maggiore di persone che non sentono più di appartenere a una chiesa in particolare, per le quali la fede in Dio è qualcosa di superato, incomprensibile o inutile. Spesso si chiede conto ai credenti della fede e altrettanto spesso chi lo fa non vede che anche le vite di coloro che reputano la fede incomprensibile, o persino inutile, sono costruite su fondamenta che devono ancora dimostrare la loro sostenibilità».