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«Il Cec offre una piattaforma sicura dove i cristiani possono incontrarsi, impegnarsi nel dialogo e cercare insieme le vie che portano alla guarigione e alla riconciliazione»

All’apertura dell’11ª Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) il 31 agosto a Karlsruhe, in Germania, il segretario generale facente funzione padre Ioan Sauca, ha condiviso una relazione che ha toccato la crisi climatica, il COVID-19, la guerra in Ucraina e molte altre sfide nel mondo di oggi.
 
«Nel rispondere alle difficoltà del nostro tempo, abbiamo bisogno gli uni degli altri, dipendiamo gli uni dagli altri e possiamo progredire solo se camminiamo insieme, non nella separazione», ha detto. «Pertanto, oserei dire che se il Cec non esistesse, oggi dovremmo inventarlo o reinventarlo».
 
La relazione di Sauca ha mostrato l’ampiezza del lavoro del Cec relativo al Pellegrinaggio di Giustizia e Pace, alla crisi climatica, alla giustizia razziale, alle ferite causate dalla guerra in Ucraina e da altri conflitti nel mondo, e alla promozione dei diritti umani in Terra Santa.
 
«Sono convinto che, guardando al periodo che ci attende, dobbiamo continuare il nostro cammino ecumenico comune come un pellegrinaggio di riconciliazione e di unità come paradigma generale che guida il lavoro programmatico del Cec», ha aggiunto. «Inoltre, poiché la riconciliazione e l’unità non possono essere raggiunte senza la giustizia e la pace, questa sarà la naturale continuazione del paradigma ecumenico che è stato coniato all’epoca della nostra 10ª Assemblea di Busan, ma che ora è stato modellato e allineato in risposta alle esigenze di un mondo che desidera la riconciliazione e l’unità.
 
Ha inoltre sottolineato che la cura per il creato è centrale per la testimonianza delle Chiese. «È una questione teologica. Il piano di Dio in Cristo era anche la riconciliazione e la guarigione dell’intero creato».
 
Inoltre, ha sottolineato l’essenzialità delle relazioni ecumeniche. «Sono più che mai convinto che il Cec rimanga uno strumento essenziale per coinvolgere le Chiese e amplificare la loro testimonianza comune come espressione fondamentale della comunione e dell’unione», ha affermato. «Questo obiettivo può essere raggiunto solo rafforzando la collaborazione con i partner ecumenici, comprese le organizzazioni ecumeniche regionali e i consigli nazionali delle chiese, le comunioni cristiane mondiali e i ministeri specializzati».
 
In conclusione, Sauca ha ringraziato Dio per essere stato una presenza costante durante il suo servizio come segretario generale ad interim, che pensava sarebbe stato di breve durata ma che, a causa della pandemia da COVID-19, si è protratto per quasi tre anni. «Il vero capitano della barca ecumenica e il capo della Chiesa non è nessuno di noi, ma Cristo», ha detto Sauca. «Noi siamo solo umili strumenti e possiamo avere successo se seguiamo la sua volontà».
 
Qui di seguito l’intero discorso del segretario generale del Cec, padre Sauca: 
 
Cari moderatori, vice-moderatori, delegati, rappresentanti, consiglieri, ospiti e partecipanti, Eminenze, Grazie, Care sorelle e fratelli in Cristo,

1. “L’amore di Cristo muove il mondo alla riconciliazione e all’unità“.

Questo è il tema della nostra XI Assemblea. Esso annuncia l’amore di Dio in Cristo per tutta la creazione. Parla al cuore della nostra fede e costituisce la ragione della nostra comunione. Ispira la nostra chiamata comune a camminare, pregare e lavorare insieme per la giustizia e la pace, per la riconciliazione e l’unità, per il rinnovamento e la guarigione. Afferma che il progetto di Dio in Cristo era anche la riconciliazione e la guarigione dell’intera creazione. Sulla crisi climatica dirò di più in seguito.

 2. Per grazia di Dio ci siamo riuniti a Karlsruhe, in Germania, anche se la nostra assemblea è stata ritardata di un anno a causa della pandemia COVID-19.

3. Le conseguenze della pandemia e le sfide del mondo di oggi hanno dimostrato che il tema è provvidenziale. Oggi più che mai vediamo un mondo che ha un disperato bisogno di riconciliazione e di unità, e bisognoso dell’amore di Cristo, primo frutto di una nuova creazione.

4. Iniziando la mia relazione, comincio con parole di gratitudine e ringraziamento: alla leadership del Comitato centrale con la dottoressa Agnes Abuom come moderatrice, e la vescova Mary Ann Swenson e il metropolita Nifon come vice moderatori. Il mio pensiero va anche al defunto metropolita Gennadios, nostro vice-moderatore, scomparso il 1° giugno 2022. Ha contribuito al nostro sodalizio in molti modi. Desidero inoltre ringraziare i membri del nostro comitato esecutivo e centrale, i nostri partner ecumenici e l’intero staff per l’enorme impegno e la dedizione al Cec.

5. I miei ringraziamenti vanno anche al nostro ex segretario generale, il vescovo Olav Fykse Tveit, per il suo incoraggiamento spirituale e per la sua leadership. Caro Olav, la sua leadership ha fornito stabilità e direzione in mezzo alle molte sfide che abbiamo affrontato e per questo le siamo molto grati.

6. La nostra assemblea a Karlsruhe è la terza volta in Europa dalla nostra assemblea di fondazione ad Amsterdam nel 1948. L’ultima volta è stata la nostra quarta assemblea a Uppsala, in Svezia, nel 1968. Siamo quindi particolarmente grati ai nostri ospiti: la Chiesa evangelica in Germania (Ekd), il Consiglio delle Chiese cristiane in Germania (Ack), la Chiesa protestante del Baden, e a coloro che hanno sostenuto l’assemblea, in particolare le Chiese protestanti regionali vicine, l’Arcidiocesi cattolica di Friburgo, l’Unione delle Chiese protestanti dell’Alsazia e della Lorena e la Chiesa protestante in Svizzera. Il Cec guarda al suo lungo coinvolgimento con le Chiese tedesche, anche nel periodo in cui il Paese era diviso, e quando il Cec è stato in grado di mantenere le Chiese sia della Repubblica Federale Tedesca che della Repubblica Democratica Tedesca come membri pieni e attivi della comunione ecumenica.

7. Vorrei anche ringraziare il governo federale tedesco e il Ministero degli Esteri per il generoso sostegno che ha reso possibile questa assemblea in Germania in tanti modi diversi. Il discorso oggi del Presidente federale Frank-Walter Steinmeier è solo un esempio dei numerosi legami tra il vostro Paese e il Consiglio ecumenico delle Chiese.

8. Senza tutti voi, non saremmo stati in grado di riunirci qui per l’11ª Assemblea del Consiglio Mondiale delle Chiese.

9. All’inizio del 2020, quando mi è stato chiesto di assumere la responsabilità di guidare il Cec come segretario generale ad interim, si pensava che sarebbe stato solo per un breve periodo. Sono già passati più di due anni e mezzo e continueranno fino alla fine di quest’anno.

10. Durante questi anni, tutti noi abbiamo affrontato le sfide senza precedenti poste dal COVID-19. La pandemia ha portato via innumerevoli vite, tra cui molti membri e leader delle nostre chiese e molti amici ecumenici. Continuiamo a piangere per questa perdita di vite umane. Questa pandemia ci ha ricordato la nostra comune vulnerabilità e ha creato un forte senso di solidarietà tra le chiese come comunità e con l’intera famiglia umana. Allo stesso tempo, la pandemia ha amplificato le disuguaglianze esistenti, soprattutto per i gruppi vulnerabili.

11. La pandemia ha sconvolto la vita liturgica e pastorale di molte delle nostre chiese. Tuttavia, se da un lato ci ha separati fisicamente, dall’altro ci ha avvicinati spiritualmente. Abbiamo imparato nuovi modi di lavorare e di usare le tecnologie digitali e online per incontrarci. Mentre andiamo avanti, continuiamo a essere sfidati a continuare ad adattarci, a imparare e a prenderci cura gli uni degli altri.

12. “Intendiamo muoverci insieme”. Questo è stato il messaggio della nostra 10ª Assemblea a Busan. Da allora, il Pellegrinaggio di giustizia e pace è diventato un movimento, che coinvolge chiese e partner in uno spirito comune. Abbiamo imparato a celebrare insieme i nostri doni, a visitare insieme i luoghi feriti, i luoghi della violenza e dell’ingiustizia, e a cercare insieme di trasformare le ingiustizie che abbiamo visto.

13. Sono convinto che, guardando al periodo che ci attende, dobbiamo continuare il nostro cammino ecumenico comune come un pellegrinaggio di riconciliazione e unità come paradigma generale che guida il lavoro programmatico del Consiglio ecumenico. Inoltre, poiché la riconciliazione e l’unità non possono essere raggiunte senza la giustizia e la pace, questa sarà la naturale continuazione del paradigma ecumenico che è stato coniato al tempo della nostra 10ª Assemblea di Busan, ma che ora è stato modellato e allineato in risposta alle esigenze di un mondo che desidera la riconciliazione e l’unità.

14. L’immagine del pellegrinaggio parla della nostra identità. Siamo un movimento e non un’istituzione statica. Siamo “persone in cammino”. Questo concetto ha una forte base biblica e patristica. I primi cristiani erano chiamati “gente di strada” (At 9,2). Nelle prime fonti cristiane vediamo che i cristiani erano chiamati coloro che camminano insieme (syn-odoi), mentre per San Giovanni Crisostomo la chiesa stessa era chiamata syn-odos.

15. Abbiamo rafforzato le nostre relazioni e la nostra cooperazione con persone di altre fedi come compagni nel nostro pellegrinaggio di giustizia e di pace, sulla base dei nostri valori comuni nel rispondere alle pressanti sfide del nostro tempo. Vorrei menzionare la crescita della cooperazione con il Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose (IJCIC), in particolare dal 2019, e con il Congresso ebraico mondiale sulla questione della parità di accesso alle vaccinazioni.

16. Voglio anche menzionare la nostra cooperazione con Al-Azhar e Human Fraternity, con Religions for Peace e con i rami sciiti dell’Islam in Iran. Sono lieto e grato che siano presenti qui con noi i rappresentanti dei nostri partner pellegrini, che in seguito si rivolgeranno alla nostra assemblea.

17. Guardando alla prossima assemblea del Cec nel 2030, vediamo un periodo che coincide con il tempo rimasto per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Molti dei nostri governi hanno promesso di contribuire al raggiungimento di questi obiettivi e si sono impegnati a lavorare con le comunità religiose e la società civile. Li prendiamo in parola. Il pellegrinaggio è un’opportunità per continuare a lavorare con tutte le persone di buona volontà, per assicurare un futuro migliore per tutti e per la nostra casa comune.

18. Questa comunione di chiese membro è dinamica. Cresce, si approfondisce e si unisce. Sono convinto più che mai che il Cec rimanga uno strumento essenziale per coinvolgere le Chiese e amplificare la loro testimonianza comune come espressione fondamentale di comunione e di unione.

19. Questo obiettivo può essere raggiunto solo rafforzando la collaborazione con i partner ecumenici, comprese le organizzazioni ecumeniche regionali e i consigli nazionali delle chiese, le comunioni cristiane mondiali e i ministeri specializzati. Voglio ricordare in particolare la testimonianza delle Chiese unite e unificate, e che la Chiesa protestante di Baden, che ha offerto così tanto al nostro incontro qui, ha celebrato il suo 200° anniversario come Chiesa unita nel 2021. Siamo tutti strumenti dell’unico movimento ecumenico e serviamo una comunione di chiese.

20. Le relazioni che alimentano questo unico movimento ecumenico si sono estese oltre la comunione delle chiese membro, per includere le chiese che non sono parte del Cec, in particolare le chiese cattoliche, evangeliche e pentecostali.

21. L’ottava Assemblea del Cec, tenutasi ad Harare nel 1998, ha dato l’impulso per la creazione del Global Christian Forum come piattaforma per ampliare l’esperienza dell’unità dei cristiani. Incoraggio il Cec a continuare a sostenere il forum, di cui oggi Cec, Chiesa cattolica romana, Pentecostal World Fellowship e World Evangelical Alliance costituiscono i “quattro pilastri”.

22. Nel 2025 si commemorerà il 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico di Nicea del 325. Il Credo niceno è l’espressione di un’opera di fede che si è sviluppata nel corso degli anni. Il Credo niceno è un’espressione di unità visibile in una fede e in una vita comune in Cristo, che afferma la nostra fede nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Questo anniversario sarà segnato da una Sesta Conferenza Mondiale sulla Fede e Costituzione e incoraggio l’intera comunione delle Chiese a celebrare questo anniversario e a partecipare a queste attività.

23. Il rapporto di rendicontazione del Comitato centrale, i Pellegrini sul sentiero della pace: il viaggio del Cec da Busan a Karlsruhe, e il Resource Book per questa assemblea evidenziano l’ampiezza delle attività intraprese negli ultimi nove anni. Il Comitato per le linee guida del programma rifletterà più a fondo sul lavoro del Cec per gli anni a venire.

24. In questa sede vorrei offrire una visione di come potrebbe essere strutturato il lavoro in questo periodo a venire. Il Cec ha sperimentato molte strutture di programma diverse nel corso degli anni. La 10a Assemblea a Busan ha definito tre aree di programma e ha introdotto l’idea di questioni trasversali, o cross-cutting.

25. Sulla base dell’esperienza del nostro lavoro e dei suoi risultati, e delle valutazioni successive a Busan, incoraggio l’Assemblea a offrire linee guida per un lavoro programmatico del Cec più mirato e integrato e costituito da due aree di programma anziché tre, pur mantenendo un approccio trasversale alle questioni trasversali.

26. La prima area di programma includerebbe il lavoro del Cec su “unità, missione e formazione ecumenica”. Comprenderebbe il lavoro delle commissioni Fede e Costituzione, Missione Mondiale ed Evangelizzazione, Educazione e Formazione Ecumenica. Includerebbe anche il lavoro della Rete dei Popoli Indigeni, della Rete Ecumenica degli Avvocati della Disabilità e dell’Istituto Ecumenico di Bossey.

27. La seconda area di programma includerebbe il lavoro del Cec sulla “testimonianza pubblica e la diaconia”. Essa coinvolgerebbe il lavoro della Commissione delle Chiese per gli affari internazionali e della nuova Commissione per la salute e la guarigione. Includerebbe anche il lavoro del Cec sulla giustizia economica ed ecologica, la costruzione della pace, la dignità umana e il nostro impegno con le Nazioni Unite.

28. Un approccio trasversale alle questioni rafforzerebbe le relazioni ecclesiali, ecumeniche e interreligiose, la giusta comunità di donne e uomini, l’impegno dei giovani nel movimento ecumenico e il nostro lavoro per superare il razzismo.

29. Il successo del lavoro del Cec dipende, tuttavia, dalla misura in cui esso coinvolge le Chiese membro e i nostri partner ecumenici. Per questo motivo, consiglio umilmente di rilanciare i desk regionali nella futura struttura programmatica. Senza il legame diretto con le regioni e il lavoro con le chiese in esse, il corpo del Cec rimane tagliato fuori dai suoi membri nelle regioni.

30. Siamo anche impegnati a fare tutto il possibile per promuovere la sostenibilità nelle nostre attività. Come ho già detto, l’inizio della pandemia ha comportato un rapido passaggio a piattaforme online ed elettroniche per mantenere l’efficacia, dato che le riunioni globali e i viaggi del personale locale e internazionale sono stati ridotti.

31. Pur essendo consapevole delle numerose sfide della comunicazione digitale, tra cui il potenziale di esclusione, e della necessità di sostenere una visione di giustizia digitale, incoraggio il sodalizio a continuare a esplorare e utilizzare le opportunità della comunicazione digitale e online, per integrare le nostre riunioni e attività faccia a faccia.

32. Un altro esempio del nostro lavoro per promuovere la sostenibilità è il “Green Village”, lo sviluppo della proprietà del Cec intorno ai suoi uffici a Ginevra in collaborazione con Implenia, la principale società svizzera di servizi immobiliari. Nel gestire questa risorsa per il futuro, il comitato direttivo del Cec per il progetto ha previsto un gruppo di edifici, “come un villaggio”, dove le persone si sarebbero riunite e che avrebbe favorito il dialogo e lo scambio. La sostenibilità è il tratto distintivo del progetto, che spazia dalla gestione dell’acqua all’approvvigionamento di cibo locale, dal legno di provenienza locale all’uso di energia geotermica e pannelli solari.

33. Giustizia climatica: Domani, 1° settembre, è celebrato dalle chiese di tutto il mondo come il Giorno della Creazione e l’inizio della Tempo del Creato che dura fino a ottobre. Per alcune chiese, il 1° settembre è anche l’inizio dell’anno ecclesiastico. Il tema della creazione sarà al centro della prima plenaria tematica che si terrà domani ed è centrale per la nostra testimonianza come chiese. È una questione teologica. Il piano di Dio in Cristo era anche la riconciliazione e la guarigione dell’intera creazione. E permettetemi di essere molto schietto: secondo un rapporto scientifico presentato lo scorso ottobre all’incontro a Roma dei leader religiosi che si preparano alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP 26, se non cambiamo il nostro comportamento, tra 50 anni il nostro pianeta sarà inabitabile.

34. Nel luglio di quest’anno, il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha descritto la crisi climatica come “ora il più grande problema di sicurezza che tutti gli abitanti della Terra devono affrontare”. Questa dichiarazione mi ha toccato il cuore. Il Cec ha svolto un ruolo di primo piano nell’evidenziare i pericoli per l’ambiente ed è l’unica organizzazione basata sulla fede che ha avuto una presenza permanente nel processo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Questa è la prima assemblea del Cec ad aver ricevuto una certificazione ambientale ufficiale e a Karlsruhe dobbiamo sollevare la questione della giustizia climatica e sottolineare la necessità di prendersi cura del creato. Dobbiamo renderla “l’assemblea più verde di sempre”. Abbiamo parlato abbastanza; ora è il momento di agire.

35. Giustizia razziale: A livello globale, il razzismo continua nelle sue varie forme, perpetuando sia la discriminazione razziale sia le strutture che segregano e sfruttano. Black Lives Matter è un movimento nato inizialmente dalle esperienze delle persone di origine africana negli Stati Uniti, ma è diventato un movimento nazionale e globale di solidarietà per diversi gruppi razziali. Solleva la questione della dignità umana e dell’autostima di fronte a sistemi che disumanizzano e pervertono la dignità umana.

36. Razzismo, discriminazione e xenofobia sono affrontati da indigeni, popoli razzializzati, dalit, rom, persone di origine africana e asiatici in luoghi in cui sono una minoranza, soprattutto in seguito all’emergere del COVID-19.

37. L’emergere del movimento Black Lives Matter e l’esperienza del Pellegrinaggio di Giustizia e Pace hanno portato il Comitato esecutivo del Cec a concordare nel 2016 di sollevare l’attenzione sul razzismo e, nel 2021, di avviare una nuova risposta programmatica per il superamento del razzismo, per rafforzare il lavoro esistente e per rafforzare la risposta ecumenica alle crescenti manifestazioni che vediamo di razzismo, discriminazione razziale e xenofobia.

38. Sessualità umana: Il tema della sessualità umana non è nuovo nel movimento ecumenico ed è stato ripetutamente discusso fin dalla terza assemblea del Cec a Nuova Delhi nel 1961. La novità di oggi è che, dopo un lungo dibattito, disponiamo ora di un documento di studio e di risorse su “Conversazioni sul Cammino di Santiago – Invito a camminare insieme su questioni di sessualità umana”, che è stato ricevuto dal Comitato centrale nel febbraio 2022 e offerto per ulteriori studi e riflessioni alle chiese interessate.

39. Tuttavia, questo tema continua a dividere le chiese e a creare divisioni all’interno di alcune famiglie confessionali. Mentre alcuni avanzano argomenti teologici che sostengono una posizione, altri, usando argomenti teologici diversi, la negano e la rifiutano. Dobbiamo essere chiari: il Cec non ha una posizione o una politica su questo tema, poiché sono le Chiese stesse che devono discuterne e giungere a una conclusione per conto proprio.

40. Ciò su cui tutti possiamo concordare, tuttavia, è la necessità di rispettare la dignità di ogni essere umano, di difendere e affermare i diritti umani per tutti, di condannare qualsiasi violenza o aggressione verbale o fisica e di affermare che ogni essere umano è creato a immagine di Dio.

41. Per alcune Chiese, anche discutere di questo tema rimane un tabù e ogni volta che viene proposta una discussione in merito, si insospettiscono, temendo che il Cec possa sostenere un’opinione o un’altra, e che possa implementarla come politica che poi si traduce nel lavoro programmatico. Abbiamo sentito questi timori espressi ancora una volta durante la riunione preassembleare interortodossa di quest’anno a Cipro e continuo a sentire le stesse preoccupazioni e inquietudini da parte di altre Chiese, in particolare del Sud del mondo.

42. Per questo motivo, alcune Chiese stanno prendendo le distanze dal Cec e alcuni membri minacciano di lasciarlo. Il rapporto dell’incontro pre-assemblea interortodossa ha ribadito la posizione e l’atteggiamento del Cec su tali questioni di divisione etica, espressa nel rapporto del 2002 della Commissione speciale sulla partecipazione ortodossa al Cec: “Il Consiglio non può parlare a nome delle Chiese, né imporre loro di adottare posizioni particolari. Può, tuttavia, continuare a fornire a tutte le Chiese l’opportunità di consultarsi e, laddove possibile, di parlare insieme. Allo stesso modo, le Chiese membro dovrebbero comprendere che non tutte le questioni discusse nei loro forum possono essere imposte all’ordine del giorno del Cec. Sono necessarie abilità e sensibilità da parte di tutte le parti per percepire quali questioni devono rimanere all’interno dei consigli delle singole chiese e quali possono essere discusse con profitto insieme”.

43. La mia opinione personale è che anche in questo caso dovremmo fare del nostro meglio per mantenere il Cec come uno spazio aperto e libero per il dialogo su qualsiasi argomento che il nostro mondo deve affrontare. Ma il Cec non può, e dovrebbe chiarire che non imporrà o prenderà posizione su una questione etica o di fede che possa dividere la comunità. Dobbiamo mantenere il Cec come una comunione mondiale di chiese.

44. Guerra in Ucraina: È una ferita aperta nel nostro mondo di oggi. Questa guerra è in Europa, dove si svolge la nostra assemblea, e poiché ha implicazioni mondiali a causa della minaccia nucleare e della crisi alimentare che colpisce le persone in molte parti del mondo, rifletterò su di essa più ampiamente.

45. Fin dall’inizio, il Cec ha condannato la guerra, ha chiesto la fine immediata delle ostilità armate, il rispetto del diritto internazionale e della sovranità dell’Ucraina e ha fatto appello per la fine immediata degli attacchi indiscriminati che stavano avendo un impatto crescente sui civili. Il Cec è stato sotto i riflettori dei media fin dal primo giorno di guerra e, ad oggi, più di 7000 articoli hanno menzionato il Cec in relazione alla guerra.

46. Nella sua risposta il Cec è stato coerente nel:

-denunciare la violenza come soluzione ai conflitti

-chiedere la protezione di persone innocenti e vulnerabili

-mantenere i contatti e il dialogo con le Chiese in Russia e Ucraina

– coinvolgere le chiese dei Paesi vicini in tavole rotonde di dialogo

– sostenere l’assistenza umanitaria con espressioni visibili di accompagnamento in Ucraina, Ungheria, Romania e Russia,

47. In ogni fase, la mia preghiera è stata quella di far sì che il Cec potesse essere uno spazio per il dialogo, per l’ascolto e la cura reciproca, e per una pace e una riconciliazione giuste. Possiamo e dobbiamo sostenere alternative alle cosiddette soluzioni geopolitiche che aggraverebbero le divisioni.

48. Durante questo periodo, abbiamo ricevuto lettere e messaggi da individui e da tre chiese che ci chiedevano di “espellere” la Chiesa ortodossa russa dalla comunione del Cec.

49. In consultazione con la leadership del comitato centrale, ho risposto a tali richieste basandomi sulla storia del Consiglio quando la nostra associazione si è trovata di fronte a situazioni simili. La conclusione è stata chiara in tutti i casi: il Cec è stato creato come una piattaforma aperta per il dialogo e l’incontro, per discutere e sfidarsi sulla via dell’unità. A meno che non si tratti di ragioni teologiche citate nel suo fondamento, il Cec non ha escluso nessuno, a meno che non si sia escluso da solo. Questo è stato persino il caso della Chiesa riformata olandese (RDC) in Sudafrica, che ha sostenuto teologicamente l’apartheid. Questa posizione portò a forti dibattiti e condanne da parte di altre chiese membro del Cec, ma, alla fine, fu la chiesa stessa ad “autoescludersi” dal Cec in quanto sentiva di non appartenervi più. Non è stato il Cec a sospendere o escludere la RDC.

50. Durante la riunione di giugno, il Comitato centrale ha discusso a lungo la questione dell’esclusione della Chiesa ortodossa russa dal Cec. Nella sua forte dichiarazione sulla guerra in Ucraina, il comitato centrale ha condannato la guerra e qualsiasi uso improprio del linguaggio e dell’autorità religiosa per giustificare l’aggressione armata, e ha riaffermato la natura del Cec come “una piattaforma e uno spazio sicuro per l’incontro e il dialogo al fine di affrontare le molte questioni urgenti per il mondo e per il movimento ecumenico derivanti da questo conflitto, e l’obbligo dei suoi membri di cercare l’unità e di servire insieme il mondo, e quindi esorta i membri della comunione ecumenica in Russia e Ucraina a fare uso di questa piattaforma”.

51. Il Comitato centrale ha respinto all’unanimità la proposta di esclusione e ha scelto di continuare il dialogo. In preparazione di questa assemblea, il comitato centrale ha chiesto “al Segretario generale facente funzioni di fare tutto quanto in suo potere per la prossima 11ª Assemblea del Cec a Karlsruhe (31 agosto-8 settembre 2022) per contribuire in modo significativo alla ricerca della pace attraverso il dialogo, per la giustizia, la dignità umana e i diritti umani – anche assicurando una rappresentanza dell’Ucraina all’Assemblea – e per la riconciliazione e l’unità a cui siamo chiamati dal nostro Signore e Salvatore Cristo Gesù”.

52. Qualche settimana fa ho fatto una visita di cinque giorni in Ucraina. Abbiamo dovuto percorrere 1700 chilometri in auto perché non ci sono voli per l’Ucraina. Abbiamo incontrato persone nelle parrocchie, persone che si occupano dei rifugiati e delle vittime della guerra, nonché i leader della Chiesa. Molti hanno detto che siamo stati i primi leader religiosi di alto livello a visitarli. Abbiamo sentito dai leader della Chiesa e dai funzionari statali parole di apprezzamento per la coraggiosa visita di solidarietà e sostegno in condizioni di pericolo e insicurezza. Sono felice di riferire che, come risultato di quella visita, ci sono 11 ucraini che rappresentano le principali chiese e il Consiglio nazionale delle chiese che sono con noi. Nella plenaria dell’Europa parleranno in prima persona e condivideranno le realtà e le sfide della situazione e le speranze per il futuro.

53. Come seguaci di Cristo, ci è stato affidato il ministero della riconciliazione e il tema dell’XI Assemblea del Cec ricorda a tutti noi che l’amore di Cristo muove il mondo alla riconciliazione e all’unità. Sarebbe molto facile usare il linguaggio dei politici, ma noi siamo chiamati a usare il linguaggio della fede, della nostra fede. È facile escludere, scomunicare e demonizzare, ma noi siamo chiamati come Cec a offrire una piattaforma libera e sicura di incontro e dialogo, per incontrarci e ascoltarci l’un l’altro anche se e persino quando siamo in disaccordo. Questa è sempre stata la via del Cec. Credo nel potere del dialogo nel processo di riconciliazione. Una pace imposta non è pace; una pace duratura deve essere una pace giusta. La guerra non può essere giusta o santa; l’uccisione è un’uccisione, che deve essere evitata attraverso il dialogo e i negoziati.

54. A luglio ho visitato le chiese in Libano e in Siria, insieme ai segretari generali del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente e dell’ACT Alliance. La visita in Siria era attesa come un obbligo morale. Siamo andati in auto dal Libano a Damasco e da lì ad Aleppo. Siamo stati felici di visitare e incontrare il nostro presidente del Cec, Sua Beatitudine il Patriarca Giovanni X, primate del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente e Sua Santità il Patriarca Ignazio Aphrem II, primate del Patriarcato siro-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente. Abbiamo visitato tutte le chiese – ortodosse, protestanti e cattoliche.

55. Abbiamo visto il dolore e la sofferenza della gente, le città e i villaggi di un tempo che sono deserti e completamente distrutti. Eppure, tra le rovine rimaste, qua e là, abbiamo incontrato persone, bambini all’asilo o nelle aule scolastiche, modesti ospedali e luoghi di cura per gli anziani. Ci ha commosso vedere come le chiese gestiscono e si occupano di questi progetti e che le persone che ne beneficiano non sono solo i cristiani, ma tutti i bisognosi.

56. La situazione della gente, tuttavia, è insostenibile. Abbiamo sentito che alcune persone, in preda alla disperazione e temendo per la propria sopravvivenza, vendono i propri organi o i propri figli per comprare il pane per gli altri membri della famiglia.

57. L’immagine di un bambino di circa 10 anni mi perseguita ancora. In un incontro che abbiamo avuto con una congregazione dopo la funzione domenicale, accanto ad altri che hanno parlato, anche questo bambino ha chiesto di parlare. Con le lacrime agli occhi ha chiesto semplicemente se potevamo aiutarlo a portare medicinali per il popolo siriano. Non lo ha chiesto per la sua famiglia o per la sua chiesa, ma per tutto il popolo siriano. Poi ha iniziato a piangere a dirotto. Abbiamo scoperto che suo padre stava morendo di cancro ed era ormai in fase terminale. Aveva dolori che non riusciva a sopportare e, a causa delle sanzioni, non riusciva a trovare alcun farmaco nelle farmacie.

58. Durante la nostra visita, gli appelli delle persone che abbiamo incontrato si possono riassumere in queste due richieste: “Non dimenticateci e non abbandonateci” e “dite alle Chiese presenti all’Assemblea del nostro dolore e della nostra sofferenza e chiedete loro, a nome nostro, di fare tutto il possibile per contribuire alla revoca delle sanzioni, perché non sono i politici o il governo a soffrirne, ma la gente normale”.

59. Quando siamo tornati a Ginevra, insieme al segretario generale dell’ACT Alliance, ho firmato una lettera indirizzata al presidente Biden per chiedere la revoca delle sanzioni. E stiamo ancora aspettando con speranza di ricevere una risposta.

60. Il nostro programma del Cec sulla Siria continuerà a monitorare e ad affrontare queste questioni dolorose e impegnative.

61. Sono consapevole che alcune delle nostre iniziative o azioni, come questa, possono sembrare per alcuni impopolari, fuori moda o non politicamente corrette. Tuttavia, personalmente penso che in tutte le situazioni non possiamo tacere la testimonianza dei valori del Vangelo che rappresentano di fatto il nucleo della nostra identità. È nostro dovere morale vedere nel volto di ogni essere umano il volto di Cristo e affrontare ogni sofferenza nella prospettiva dell’amore compassionevole di Cristo che si è manifestato come Signore compassionevole per tutti coloro che soffrono, non solo per alcuni selezionati.

62. Dopo la Siria, ho visitato le nostre chiese membro e i nostri fratelli cristiani in Israele e Palestina, incontrando tutti i patriarchi, i capi delle chiese e delle comunità locali, nonché le ONG cristiane che rappresentano le comunità di base in Palestina. Il nostro messaggio e la nostra visita di solidarietà hanno avuto lo scopo di rassicurare le nostre sorelle e i nostri fratelli in Terra Santa che non sono soli e abbandonati, che il Cec continua a rimanere con loro e ad accompagnarli, e a difendere la loro dignità e i loro diritti umani di fronte alle difficoltà e alle tribolazioni.

63. Il nostro ufficio ristrutturato a Gerusalemme, che coordina il lavoro e la presenza del Cec in Terra Santa, sta funzionando bene e continuiamo a ricevere molti segnali di speranza. Ci sono ancora molte sfide e difficoltà, e abbiamo fatto grandi sforzi per rispondere ad esse e aumentare il nostro lavoro di advocacy. Allo stesso tempo, abbiamo cercato di mantenere un approccio giusto, di parlare con equità e di denunciare qualsiasi violazione dei diritti umani e della dignità, sia per i palestinesi che per gli israeliani.

64. A questo proposito, il nostro rapporto con il Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose (IJCIC) ha fornito un forum per ascoltare le prospettive dei nostri fratelli e sorelle ebrei e condividere con loro le nostre. Anche se possiamo avere punti di vista diversi su situazioni o eventi specifici, manteniamo un dialogo sincero, amichevole e aperto e condividiamo l’obiettivo di una pace giusta per l’intera regione.

65. Mentre ci preparavamo per l’assemblea e prima della nostra visita in Terra Santa, abbiamo ricevuto la notizia che alcuni gruppi noti, in particolare qui in Germania, hanno iniziato a parlare contro di noi e a dipingere il Cec ancora una volta come un’organizzazione antisemita.

66. A coloro che accusano il Cec di essere antisemita, vorrei dire con coraggio che già nel 1948 il Cec ha riconosciuto la storia dell’antiguidaismo cristiano e ha denunciato l’antisemitismo come un peccato. E pur essendo critici nei confronti di alcune politiche dello Stato di Israele, sempre dal 1948, il Cec riconosce lo Stato di Israele e rispetta il diritto di Israele a difendersi e a prendersi cura dei propri cittadini, nella prospettiva del diritto internazionale. Ci opponiamo, rifiutiamo, condanniamo e denunciamo ogni forma di antisemitismo.

67. Allo stesso tempo, sosteniamo la parità di diritti umani per i palestinesi e ci opponiamo, rifiutiamo, condanniamo e denunciamo le situazioni in cui questi non vengono rispettati. Protestare contro le violazioni dei diritti umani quando si verificano e chiedere al governo israeliano di proteggere tutti i suoi cittadini, siano essi israeliani o palestinesi, non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo; è un esercizio naturale e normale in qualsiasi società democratica. Chiediamo il rispetto della dignità e dei diritti umani dei palestinesi. Chiediamo la parità di trattamento di tutti i cittadini. Chiediamo con fermezza e coerenza la fine dell’occupazione. Abbiamo ripetutamente affermato la politica dei due Stati basata sul diritto internazionale. Vogliamo che israeliani e palestinesi convivano sulla via della pace, della riconciliazione, della pace giusta.

68. Allo stesso tempo, alcuni gruppi da parte palestinese e alcuni gruppi in Occidente ci hanno contestato di essere morbidi e non abbastanza coraggiosi nel denunciare e condannare le violazioni dei diritti umani. Inoltre, sulla base del recente rapporto di Amnesty International, abbiamo ricevuto lettere, richieste e proposte da parte di alcuni membri della nostra circoscrizione del Cec, in particolare dal Sudafrica e da alcuni gruppi occidentali, per cambiare la politica del Cec all’assemblea di Karlsruhe e denunciare Israele come stato di apartheid a causa del suo trattamento dei palestinesi. È stato anche proposto e riaffermato il sostegno al BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) come strumento di resistenza e pressione sullo Stato di Israele per la fine dell’occupazione e il rispetto dei diritti umani. Tutti questi sviluppi sono complessi e delicati, con profonde implicazioni.

69. Chi potrebbe rispondere al meglio a domande e proposte così difficili se non le nostre Chiese membro nella regione e i nostri fratelli cristiani lì? Ascoltarli e cercare consigli è stato uno dei motivi principali della mia visita. Il programma di accompagnamento del Cec, tuttora in corso, è stato avviato su richiesta delle nostre chiese membro. I punti di vista e le opinioni delle nostre chiese membro sono fondamentali, perché sanno meglio di chiunque altro cosa è necessario per la loro sopravvivenza e il loro lavoro nella loro situazione concreta. Ho incontrato tutti i capi delle chiese, ho parlato e ascoltato le persone e ho promesso di portare i loro punti di vista e le loro voci all’assemblea.

70. Tutti, senza eccezioni, hanno parlato della difficile situazione dei palestinesi, dei casi di violazione dei diritti umani, dell’impunità degli atti aggressivi dei coloni, della demolizione di case, delle violazioni delle proprietà e degli espropri, delle restrizioni di accesso ai siti religiosi e dei tentativi di eliminare la presenza cristiana dalla Città Vecchia di Gerusalemme. Tutti sono stati grati per il lavoro del Cec e per la nostra presenza nella regione, hanno apprezzato il lavoro dell’Ufficio di collegamento di Gerusalemme del Cec e del Programma di accompagnamento ecumenico in Palestina e Israele (EAPPI) e hanno sottolineato quanto sia importante questo lavoro per le comunità locali. 

71. Tuttavia, quando si è trattato di affrontare le questioni dell’apartheid e del BDS, sono stati tutti molto cauti e sfumati. Hanno chiesto al Cec di continuare a sostenere e difendere la loro causa e i loro diritti, ma di fare attenzione a parlare a loro nome e a proporre una terminologia e delle azioni che chiuderebbero le porte al dialogo e minaccerebbero la loro stessa esistenza in Terra Santa. Mi è stato chiesto: cosa si aspetta che otteniamo se l’assemblea del Cec definisce Israele uno Stato di apartheid? Come volete che sosteniamo il BDS che significa boicottare noi stessi, le imprese locali del nostro popolo, la nostra stessa esistenza qui? Per favore, fate attenzione a ciò che proponete a nostro nome, mi è stato detto; pensate alla nostra situazione qui e al nostro futuro. Questo è stato il messaggio che ho riportato da questa visita.

72. Sulla base di ciò che ho sentito in quella sede e che mi è stato chiesto di trasmettere, esorto le nostre Chiese associate a mantenere e a tenere vivo l’impegno di patrocinare presso i governi dei loro Paesi la causa palestinese e la difesa dei diritti umani e della dignità dei palestinesi, per l’uguaglianza di trattamento di tutti i cittadini, e di intervenire presso il governo di Israele quando si verificano violazioni dei diritti umani, chiedendo che rispetti le sue leggi e le sue convenzioni internazionali, e che si assicuri che vengano applicate nelle concrete situazioni locali. Incoraggio inoltre le Chiese a partecipare più attivamente al nostro programma EAPPI e a offrire o sponsorizzare accompagnatori ecumenici, il cui lavoro e la cui presenza sono così importanti in quel Paese.

73. Tuttavia, vorrei consigliare di esercitare con discernimento, attenzione e saggezza le proposte che presentiamo durante le nostre deliberazioni in questa assemblea, le politiche che adottiamo e le direzioni che prevediamo di prendere, in modo da garantire che le decisioni che prendiamo qui e ora aiutino i cristiani e le persone in Terra Santa piuttosto che mettere in pericolo la loro stessa esistenza. Ci consiglio di seguire la loro voce e la loro richiesta.

74. Questo periodo di quasi tre anni di lavoro nella segreteria generale del Cec mi ha aperto gli occhi ed è stata un’esperienza di crescita spirituale. In tempi di isolamento e di morte causati dalla pandemia COVID-19, ho potuto vedere concretamente cosa significa il Cec per le Chiese e come queste si relazionano con il Cec, chiedendo sostegno, solidarietà, consigli, preghiera e accompagnamento pastorale. Ho sentito l’apprezzamento delle Chiese per il tono e il linguaggio spirituale che il Cec ha adottato nell’affrontare le situazioni difficili durante il COVID-19, che ha avvicinato ulteriormente le Chiese al Cec. In tempi di tribolazioni e guerre, di violazioni dei diritti umani, di necessità di una risposta comune ai disastri naturali o alla crisi alimentare mondiale, ho potuto constatare ancora una volta come il Cec sia stato percepito come la piattaforma internazionale dove i cristiani possono incontrarsi, discutere, esprimere solidarietà, sostenere e lavorare insieme sulla base dei valori di fede che hanno in comune per rispondere alle difficili sfide del nostro tempo.

75. Gli evangelici e i pentecostali, che in passato hanno mantenuto le distanze dal Cec, ora li vedo avvicinarsi, impegnandosi con noi in azioni comuni e partnership sulla base dei valori del regno e della testimonianza della nostra fede. Forse sorprendentemente, la maggior parte delle recenti richieste di adesione al Cec negli ultimi tre anni provengono da chiese evangeliche e/o pentecostali.

76. Ho assistito a un fenomeno simile tra le chiese ortodosse che nel recente passato sono state molto critiche nei confronti del Cec, e due di esse hanno addirittura abbandonato il sodalizio. Il periodo della pandemia COVID-19 ci ha avvicinato. Nei momenti di crisi, è stato chiesto al Cec di intervenire e di aiutare a mediare soluzioni per una pace giusta e una riconciliazione, di offrire una piattaforma sicura, di istituire tavole rotonde per l’incontro e dialoghi per il dibattito e le sfide, come nel caso delle guerre in luoghi come l’Ucraina, il Nagorno-Karabakh e l’Etiopia, o della situazione disperata dei palestinesi.

77. Inoltre, seguendo la tradizione del passato, gli ortodossi hanno partecipato a una riunione pre-assembleare per prepararsi come famiglia confessionale all’assemblea. L’incontro ha avuto luogo all’inizio di quest’anno a Cipro, un Paese europeo che desidera ancora una soluzione giusta e pacifica alla sua tragica divisione, e si parla di un incontro storico. Per la prima volta si sono riuniti ortodossi orientali e orientali di tutte le giurisdizioni (ad eccezione della Chiesa ortodossa d’America e della Chiesa ortodossa del Giappone, che non hanno potuto partecipare a causa del cambiamento di data dell’incontro).

78. L’incontro è stato storico, ma anche le discussioni, i dibattiti, l’ascolto della delegazione ortodossa russa sulla guerra in Ucraina e il fatto che la relazione finale e la dichiarazione finale siano state concordate da tutti hanno superato le aspettative. Tuttavia, bisogna ammettere che se non fosse stato il Cec a convocare e presiedere tale incontro, esso non avrebbe mai potuto avere luogo. In tempi di divisioni e conflitti, è il Cec che offre una piattaforma sicura dove i cristiani possono incontrarsi, impegnarsi nel dialogo e cercare insieme le vie che portano alla guarigione e alla riconciliazione.

79. Il cammino verso l’unità nella fede e nella comunione eucaristica come imperativo del movimento ecumenico rimane il nostro obiettivo e la nostra visione comune, ma siamo ancora lontani da questo traguardo. Ci sono ancora differenze e divisioni che devono essere superate, e nuove sfide che mettono ancora una volta in discussione la natura dell’unità dei cristiani oggi. Tuttavia, anche le voci più critiche nei confronti del Cec concordano sul fatto che il Cec è necessario soprattutto oggi come associazione cristiana e che, nonostante tutte le differenze, ci riuniamo sulla base della nostra comune affermazione che Gesù Cristo è Dio e Salvatore secondo le Scritture, riconoscendo che c’è un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.

80. Nel rispondere alle difficoltà del nostro tempo, abbiamo bisogno l’uno dell’altro, dipendiamo l’uno dall’altro e possiamo avanzare solo se camminiamo insieme, non nella separazione.

Pertanto, oserei dire che se il Cec non esistesse, oggi dovremmo inventarlo o reinventarlo.

81. Nel concludere questa relazione e anche il mio mandato di Segretario Generale ad interim alla fine di quest’anno, vorrei rivolgere i miei ringraziamenti a tutti voi che rappresentate le nostre Chiese membro per la vostra fiducia in me e per il vostro continuo accompagnamento in questi tempi difficili.

82. Rendo anche gloria e grazie a Dio per tutte le benedizioni che ci ha concesso durante questo periodo e per la sua costante presenza e guida. Abbiamo lavorato duramente per pianificare e proiettarci verso il futuro, ma la maggior parte dei nostri piani non si è realizzata e la pandemia ci ha fatto cancellare e rimandare qualsiasi cosa avessimo pianificato. Ma ogni volta, e quasi all’ultimo minuto, i risultati sono stati grandiosi e inaspettati. Questo ci ha dato il coraggio di andare avanti e di riconoscere che il vero capitano della barca ecumenica e il capo della Chiesa non è nessuno di noi, ma Cristo stesso. Noi non siamo che umili strumenti e possiamo avere successo se seguiamo la sua volontà.

83. Da parte mia, con umiltà, potrei solo concludere con le parole di San Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2 Timoteo 4.7). Che Dio continui a benedire e a rafforzare il Cec negli anni a venire!

Foto di Albin Hillert

Traduzione di Claudio Geymonat