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Chiesa in vendita

L’idea che la propria chiesa diventi una scuola di ballo o un fast food può gelare il sangue a qualcuno, specie se l’edificio racchiude secoli di storia e tradizione. Tuttavia, di fronte a problemi economici difficilmente risolvibili, e parallelamente a un calo di presenze inesorabile, con l’abbandono, spesso totale, del locale di culto, molte comunità hanno cominciato a porsi l’annosa domanda: se non siamo in grado di restaurare il nostro tempio, e in ogni caso non sappiamo più come usarlo, perché non venderlo? Dalla Francia alla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti alla Svizzera, molte hanno già affrontato una questione, che comincia a toccare anche l’Italia.

Un esempio viene dalle chiese protestanti dell’Alsazia e Lorena (Uepal), che sul loro magazine bimestrale, Le Nouveau Messager (nell’articolo ripreso qui) raccontano la storia della chiesa di Petite-Rosselle, al confine con la Germania, venduta nel 2019 dopo sei anni dalla celebrazione dell’ultimo culto. Dovendo trovare ingenti fondi per la ristrutturazione e la messa a norma, il consiglio di chiesa pensa di vendere l’edificio: se ne discute in assemblea in modo molto franco, ricorda la pastora Cosima Hoffmann, mettendo sul tavolo una domanda di buon senso: «Una chiesa è fatta perché delle persone possano riunirsi. Se è vuota, che cosa si fa dell’edificio?».

La scelta è difficile e combattuta, ammettono, e viene seguita da un iter preciso, attraverso l’Unione delle chiese protestanti dellAlsazia e Lorena (Uepal) e il “Chapitre de Saint-Thomas” di Strasburgo, la più antica istituzione protestante francese, che si occupa tra l’altro di gestire ingenti beni immobili delle chiese protestanti. Questi passaggi servono a evitare che le chiese svendano il proprio patrimonio e ad aiutarle a valutare anche altri aspetti, per esempio l’idea di vendere l’edificio nel quadro di un progetto urbano nel quale poi partecipare, oppure acquistare un altro bene con i soldi ottenuti. Spesso le chiese si sentono obbligate a vendere, e sono a disagio per essere arrivate “a quel punto”: la strategia del Chapitre è di non puntare il dito su questo, ma piuttosto ragionale in termini propositivi, di progettualità nuove.

L’ultimo via libera deve arrivare dalla Prefettura, insieme all’autorizzazione per il cambio di destinazione dell’ormai ex locale di culto: dopo un periodo che può variare da alcuni mesi a un anno, c’è la parte forse più difficile, la ricerca di un acquirente. Nel caso specifico di Petite-Rosselle, mantenendo in gran parte l’aspetto originario, la chiesa è diventata una scuola di tango argentino e i fedeli hanno trovato ospitalità in una chiesa cattolica, «accolti a braccia aperte», commenta la pastora valutando il positivo “balzo in avanti” ecumenico. Di sicuro non sarà l’ultimo caso in questa regione, che dal 2019 ha già dismesso sette chiese.

Altri numeri, considerando anche le dimensioni, sono quelli degli Stati Uniti, dove si parla di migliaia di edifici “riconvertiti”, e anche qui il problema, trasversale alle denominazioni, è di chiese sempre più anziane, meno numerose, e spesso separate tra loro, arroccate su modelli superati, che non tengono conto dell’attuale ritmo di vita.

Diverse soluzioni creative sono state adottate: dalla trasformazione in spazi multifunzionali, che possono ospitare altre comunità di fede (il panorama delle chiese “non denominazionali” è molto ampio) insieme a organizzazioni no-profit, diventando uno spazio per la “comunità” in senso più ampio. Durante la pandemia, poi, sono stati creati hub vaccinali, o mense per distribuire cibo.

In un libro di pochi mesi fa, Closing Costs, Dominic Dutra, esperto in campo immobiliarista ecclesiastico, spiega come «reimmaginare gli edifici ecclesiastici per scopi missionari» e parla appunto delle migliaia di chiese già chiuse o che lo saranno a breve, sottolineando il fatto che non si affrontano le discussioni sul “dopo” finché non è già troppo tardi. Il libro è citato da Religion News, che ricorda anche uno studio del 2021 di Lifeway Research, basato sui dati di una trentina di denominazioni, che ha documentato la chiusura di 4500 chiese – a fronte, è il caso di dirlo, di 3000 avviate, il che mostra comunque un certo dinamismo.