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Ricordando Mario Lodi, maestro in ascolto dei bambini

“La speranza può diventare la protesta di un Paese moderno e l’utopia realtà”, questa frase è di Mario Lodi, maestro, educatore e scrittore di cui ricorre il centenario dalla nascita proprio il 17 febbraio 2022. Il comitato promotore ha organizzato una serie di iniziative per rievocarne la figura e l’opera educativa che si possono seguire online, anche in collaborazione con Rai Scuola. Si tratta di “un anno speciale, per un maestro speciale”, si legge sul sito del centenario (https://www.centenariomariolodi.it/), cui la mia generazione è debitrice per aver formato tanti allievi e allieve all’impegno civico, alla partecipazione, alla curiosità, creando spazi di ascolto reciproco e di espressione di ognuno e ciascuna, nel gruppo classe, e poi nella società, con un approccio comunitario che fa leva sulle aspirazioni delle persone, e non solo sui bisogni. Personalmente, mi ha insegnato in nuce a calarmi nei panni degli altri, nella pratica etnografica, che ho poi coltivato dedicandomi alla ricerca antropologica e sociale.

La scuola era concepita da Mario Lodi come “fabbrica di cittadini”, palestra per non essere più sudditi, che assegna una grande responsabilità agli insegnanti, in tutti gli ordini di scuola, ma soprattutto ai maestri e alle maestre in quanto si prendono cura della formazione in anni cruciali per lo sviluppo evolutivo. Il richiamo è alla dignità e all’art. 3 della Costituzione quando afferma che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

La frase sopra riportata è tratta dal libro di Mario Lodi C’è Speranza se questo accade al Vho” (Laterza 2022), pubblicato per la prima volta nel 1963. Il diario decennale del maestro, scritto tra il 1951 e il 1962, nasceva da una “crisi vera” che voleva rinnovare la scuola portandola da un vecchio modello autoritario basato sulla trasmissione della conoscenza alla formazione di una “comunità democratica”. Lo sguardo partecipativo, che sprona a una concreta utopia, è nella presentazione scritta nel 2011, in occasione di una nuova edizione, pochi anni prima della morte, come si legge sul sito di Ibby Italia (https://www.ibbyitalia.it/con-mario-lodi/).

In molti ci riconosciamo in questa ostinazione democratica di voler coltivare la speranza, di alimentare la protesta per non investire abbastanza nelle giovani generazioni, per non credere sufficientemente nel ruolo della cultura e dell’educazione in tutte le età, in quanto la scuola è ancora oggi un’istituzione vitale e dinamica, aperta al territorio che potrebbe promuovere il life-long learning, arrivando anche a genitori e nonni, oltre che intrattenere rapporti con i luoghi della cultura che lo animano e lo rendono un posto vivibile. Pensiamo soprattutto alle aree più decentrate dove tutto questo fa la differenza, quando ci sono iniziative culturali e buone pratiche, ma la farebbe anche di più se solo vi fossero maggiormente progettualità all’insegna di politiche educative e di co-progettazione. 

Quella di Mario Lodi è stata soprattutto una ricerca-azione per il rinnovamento dell’educazione dal punto di vista dei bambini e delle bambine, rendendoli protagonisti della loro esperienza prima ancora che della loro istruzione, utilizzando giornalini di classe e tanti altri strumenti di coinvolgimento personale e di riflessione critica, di cui si può trovare un diario accurato proprio nel libro, ripubblicato in occasione del centenario. Mario Lodi è stato anche uno scrittore e autore di racconti e romanzi, a partire dal libro più noto “Cipì” (1972), scritto in collaborazione con i bambini e le bambine, un classico della letteratura dell’infanzia. Ma come ci ricorda Carla Ida Salviati, saggista ed esperta di letteratura per l’infanzia, in un’intervista ai libri più conosciuti tra cui anche “Il paese sbagliato” e “L’erba voglio”, vanno aggiunti opere quali “Il permesso”, “Il mistero del cane” e “Il corvo” nella cornice della riflessione sulla subalternità della cultura popolare che era portata avanti in quegli anni da antropologi come Ernesto De Martino e Alberto Maria Cirese. 

Erano gli anni Cinquanta e Sessanta e il Movimento di cooperazione educativa era nato nel 1951, proprio nel decennio della ricostruzione post-bellica. È ancora oggi un movimento di educazione popolare, con un’impronta anche internazionale, basato sulla “cooperazione solidale che diviene crescita e integrazione sociale”, come si può leggere sul sito. Quello di Mario Lodi è un insegnamento che è durato nel tempo a cui il mondo della scuola – nelle diverse generazioni – può ancora ispirarsi per promuovere un’educazione aperta e pluralista, motore del cambiamento, aperta al confronto e al dialogo con le diversità, a partire proprio dalle differenze, che arricchiscono e diventano occasioni di unione solidale, come sottolineato dal rapporto Unesco “Reimagining our futures together” (2021) che propone lo sguardo lungo del futuro dell’educazione in tante parti del mondo, all’insegna del rinnovamento civile e democratico. 

Mario Lodi ha iniziato a insegnare nel 1948 ed è stato il maestro della Costituzione che ha sempre raccontato ai suoi alunni e alunne. Il Ministero dell’Istruzione infatti invita i docenti a organizzare iniziative per ricordare uno dei più importanti protagonisti della vita scolastica italiana, a partire dal 17 febbraio 2022, ricorrendo anche alle risorse online messe a disposizione da Indire

Per i protestanti in Italia ricordare il maestro Mario Lodi nella data del 17 febbraio, che rievoca la concessione dei diritti civili e politici per le minoranze religiose (1848), è certamente occasione preziosa per fare memoria e rinnovare l’impegno civile per una scuola laica e pluralista, all’insegna dell’inclusione, della libertà e della partecipazione democratica, per tutti e tutte.