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Fava e I Siciliani

«Sono dieci anni da quando è cominciata l’ultima serie dei “Siciliani” che ora si chiamano anche “giovani” (ma lo erano già da prima…). Ne sono passati quasi quaranta (38 anni fa, ndr) da quando i padroni di Catania assassinarono il nostro amico e maestro, Pippo Fava», ricorda oggi sul sito Articolo 21.orgRiccardo Orioles, giornalista e riferimento importante per i giovani professionisti dell’informazione nel panorama siciliano e mentore de I Siciliani.  

«L’idea dei Siciliani giovani è nata in un piccolo studio catanese, quello dove il giudice Scidà, immobilizzato a letto ma tutt’altro che domo, conduceva con pochi amici le sue battaglie (per cui lo aggrediscono ancora, anche ora che è morto). Fra una chiacchiera sulla Procura di Catania e una sul Mediterraneo di Braudel, non ricordo come buttò lì l’idea dei Siciliani: “Ma perché non li rifate?”. Non era il primo a chiederlo. Ma detto da lui era un’altra cosa. Non fu difficile convincermi, su tale argomento. Si riparlò dei Siciliani un paio di mesi dopo, alla mensa di Libera all’assemblea di Firenze. Una gran sala piena di ragazzi: il nostro tavolo – con Dalla Chiesa e Caselli, e accanto quello di don Ciotti – era fra i pochi di gente adulta e posata.

Beh, forse posata non tanto, visto che l’idea dei Siciliani fu accolta come ovvia e giusta e con entusiasmo. Così, avevamo un gruppo dirigente (con Caselli, Dalla Chiesa e Scidà c’era Giovanni Caruso, un “vecchio” del Giornale del Sud e poi del Gapa di Catania), il meglio dell’antimafia[…]».

[…] Da allora, prosegue l’articolo (disponibile in versione integrale qui) «il giornale è uscito regolarmente, sono arrivati anche gli e-book (per noi tanto importanti quanto il giornale) e l’edizione d’assalto, il Foglio dei Siciliani (l’ultimo sta girando ora). Invece siamo piuttosto lenti nell’edizione su carta principale, il vecchio – e per noi costosissimo – magazine sul formato ideato da Pippo Fava; speriamo di fare il prossimo nei prossimi due mesi.  Abbiamo messo in piedi una minima struttura editoriale (provvisoria, come sempre) e via via definiremo quella allargata, in cui dovranno essere rappresentati tutti i nodi locali (gruppi, giornali e siti) dei nostri amici».

 L’articolo pubblicato dai giovani Siciliani il 31 dicembre scorso per salutare il nuovo anno e ricordare l’incontro insieme a libera che si terrà oggi 5 gennaio in memoria di Pippo Fava afferma: «L’Italia non conosce una guerra, o qualcosa di simile, da ottant’anni. L’ultima terminò con l’otto settembre 1943, cioè con lo sfascio completo di tutto ciò che era ufficialmente italiano: il re scappa, i generali scappano, gli americani bombardano, i tedeschi rastrellano e danno fuoco. Eppure, l’Italia allora sopravvisse: l’alpino o il comunista che si fa comandante partigiano, il contadino del Sud o l’operaio milanese che, incontrandosi nello sfacelo, imparano fra gli spari e la neve la lezione dura. E poi gli anni durissimi della ricostruzione, con le biciclette davanti alle fabbriche che diventano motorini e poi lambrette e poi cinquecento e seicento. E coi grandi statisti di allora – i Togliatti, i De Gasperi, gli Einaudi, i Nenni – con la loro repubblica, e con quel popolo buono di cui il Covid uccide ora gli ultimi anziani testimoni.

Certo, tempi antichissimi, di cui non sappiamo niente, e niente vogliamo sapere: eppure, la chiave è là. Bisogna sapere chi erano quei politici, e che cosa hanno fatto. Non per paragonarli agli attuali, che sono comici, e nemmeno per imitarli: ma semplicemente per sapere che si può sopravvivere al panico, riflettere e fare Stato con calma e sicurezza. Non sono i vecchi capi e notabili che ci caveranno dai guai: sarà una generazione giovane, d’età o di cuore, parlando poco, facendo molto e affrontando i problemi ad uno ad uno.

Noi, qui, ci occupiamo di mafia, è l’antimafia il nostro mestiere. Sappiamo dunque qual è il primo problema italiano, dei denari che mancano, del lavoro abolito, dei giovani che se ne vanno (altro che paura degli immigrati!) o restano a vegetare cupi e silenziosi. Non è vero che c’è la crisi: non c’è per tutti. I soldi invece ci sono, moltissimi sono di mafia e una parte addirittura sono formalmente confiscati». 

Giuseppe Enzo Domenico Fava, detto Pippo (Palazzolo Acreide, 15 settembre 1925 – Catania, 5 gennaio 1984), è stato uno scrittore, giornalista, drammaturgo, saggista e sceneggiatore italiano, ucciso da Cosa nostra. È stato direttore responsabile del Giornale del Sud e fondatore de I Siciliani, secondo giornale antimafia in Sicilia. Il film Palermo or Wolfsburg, di cui ha curato la sceneggiatura, ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1980. È stato ucciso nel gennaio 1984 e per quel delitto sono stati condannati alcuni membri del clan mafioso dei Santapaola. Secondo intellettuale a essere ucciso da cosa nostra dopo Giuseppe Impastato (9 maggio 1978). Padre del giornalista e politico Claudio Fava e di Elena Fava (1950-2015), presidente della Fondazione Giuseppe Fava.