thomas_sankara_portrait

Thomas Sankara. L’attesa sentenza

Thomas Sankara è stato assassinato il 15 ottobre del 1987 a soli trentasette anni. Il leader del Burkina Faso è tutt’oggi una figura amata e ricordata da milioni di africani per quel sogno di libertà e di dignità che egli incarnava e promuoveva prima di essere ucciso; una morte prematura per colpa della sua rivoluzione pacifica realizzata con successo.

Sankara, infatti, era un presidente anomalo. Soprattutto in quegli anni. Quando conquistò il potere decise di eliminare le auto blu di Stato e di sostituirle con delle utilitarie: lui stesso viaggiava in bicicletta. Sankara preferiva imbracciare la chitarra al posto delle armi. In pochi anni di politica sul territorio riuscì a cambiare il volto del suo paese.

Come politico e leader rivoluzionario a capo dell’esercito –  e dunque come militare – Sankara assunse il potere dell’Alto Volta nel 1982 e nel 1983 decise di cambiarne il nome in Burkina Faso, il «Paese degli uomini integri».

In quel luogo anche ideale avviò la sua politica di lotta alla corruzione e alla povertà. Decise, per farlo, di promuovere azioni volte ad allargare l’istruzione e la sanità a tutte e tutti; di estendere e tutelare i diritti civili e umani a tutta la popolazione, in particolar modo alle donne; tentò di smantellare ogni gerarchia e ogni privilegio.

«Creò – si legge nei testi enciclopedici – una Repubblica democratica popolare apartitica e definì la sua rivoluzione antimperialista, ispirata ad afro-socialismo e solidarismo».

Celebre fu il discorso pronunciato alle Nazioni Unite incentrato sul debito africano e sul ruolo del colonialismo (Venticinquesima conferenza dell’Oua – Organizzazione per l’unità Africana, Addis Abeba 29 Luglio 1987) .

Tre settimane fa (dunque, ben trentaquattro anni più tardi dalla morte) si è aperto il processo a coloro che si ritiene siano stati i mandanti di quell’omicidio.

«Un ex soldato dell’esercito – scrive il sito The Citizen – ha ammesso di aver aiutato a trasportare una squadra di sicari per assassinare il leader rivoluzionario del Burkina Faso Thomas Sankara, 34 anni fa».

Il processo si tiene presso un tribunale militare di Ouagadougou ed è seguito con trepidazione dalla popolazione burkinabé che «spera si possa far finalmente luce su uno dei capitoli più oscuri del paese».

«Quattordici persone sono sotto processo per l’assassinio del 1987 e in cui Sankara e altre 12 persone furono uccise da una pioggia di proiettili durante una riunione di alto livello del governo – prosegue The Citizen -. Gli accusati includono l’amico ed ex compagno militare di Sankara, Blaise Compaore salito al potere dopo quel bagno di sangue».

L’icona Sankara è conosciuta anche da molti giovani italiani.

Una gita nel Chianti avvenuta dodici anni fa a casa del musicista Gabin Dabiré fu l’esempio di un’occasione.

Un gruppo di ragazzi ebbe l’opportunità di conoscere la storia di Thomas Sankara «il “Che Guevara” africano e presidente dell’Alto Volta che in soli quattro anni di governo riuscì a cambiare il volto del paese» incontrando «un vero» burkinabé.

Il libro La voce nel deserto di Vittorio Martinelli e Sofia Massai, uscito per gli Editori Riuniti nel 2009, racconta quell’esperienza; l’incontro con il musicista Dabiré (lo stesso musicista che fece avvicinare la cantante Fiorella Mannoia a Sankara) e che grazie ai suoi racconti e alla sua musica seppe tramandare l’immagine di un uomo senza precedenti.

Fiorella Mannoia intervistata per aver dedicato un brano «al presidente con la chitarra» Sankara, disse «quando ascoltai – per la prima volta – i discorsi di Sankara ne rimasi colpita e affascinata e m’innamorai di quell’uomo. M’innamorai della maniera e della lucidità con la quale era riuscito ad affrontare tanti problemi, non solo africani. E per questo devo ringraziare l’amico Gabin Dabiré. Tutto ciò che so dell’Africa me l’ha insegnato lui».

Ora sono tante le persone che attendono gli esiti di una sentenza tardiva ma necessaria.