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Giustizia e parità di genere: espressioni della fede

La parità di genere è espressione della fede. Questo emerge dalla dichiarazione programmatica sulla giustizia di genere approvata dal Sinodo della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi). La mozione è stata approvata a larga maggioranza nel corso della 2a sessione del XXIII Sinodo (29 – 1° maggio), il cui tema è stato «Continuità, cambiamento, futuro. La misericordia come responsabilità della Chiesa».
Nel 2013 la Federazione luterana mondiale (Flm) prende ufficialmente posizione con il documento programmatico Gender Justice Policy. Nel 2015, la Rete delle Donne della Celi lo sottopone all’attenzione del Sinodo, quale “documento d’interesse generale”. Nel 2018 il Sinodo forma una apposita Commissione per redigere una dichiarazione. La prima bozza, che si ispira al documento dei luterani mondiali, è di 20 pagine. La Commissione lavora quindi a una versione sintetica di due pagine. Il documento è stato discusso e commentato nelle comunità e nei consigli di chiesa. I suggerimenti hanno portato a una ulteriore rielaborazione, per approdare quindi all’approvazione con modifiche nel corso di questo XXIII Sinodo.
«Ci è voluto un anno in più, ma ora abbiamo un documento sostenuto da tutti con ampio consenso – ha dichiarato la vice-decana della Celi, pastora Kirsten Thiele –. La discussione è stata vivace, concreta e profonda. Io credo fondamentale questo passaggio, per quanto riguarda l’approvazione di documenti essenziali. Mi dispiace che ci sia voluto del tempo, ma questo tempo è utile. E mi ricorda quando, ormai tanti anni fa, abbiamo approvato la risoluzione per la benedizione delle coppie di fatto: abbiamo discusso, anche animatamente, perché non tutti erano d’accordo, ma discutendo nelle comunità alla fine siamo arrivati all’unanimità». Questi processi decisionali partecipati consentono di arrivare a un voto che supera il concetto di minoranze e maggioranze: «Ci si confronta perché l’argomento è sentito e si arriva a qualcosa di veramente condiviso».
I 56 sinodali si sono soffermati sulle singole parole. La discussione è stata lunga, «ma discutere di più serve – prosegue la vice-decana –. Noi diciamo ciò che pensiamo, ma è anche vero che il linguaggio plasma il nostro pensiero. Per questo la commissione ha posto l’attenzione su un uso corretto e inclusivo del linguaggio, che è alla base del pensare; poi, bisogna agire di conseguenza».
Nell’introduzione del documento si legge: «La giustizia di genere costituisce un impegno costante della Celi per una società inclusiva che garantisca pari opportunità a tutte le persone, contribuendo in tal modo a che tutt* possano vivere nel pieno rispetto della dignità personale a prescindere dalla propria condizione (colore della pelle, sesso, stato sociale, fede religiosa)». Poco oltre, la mozione parla della necessità di inclusione di tutti i gruppi emarginati: «Sebbene i diritti delle minoranze siano stati sanciti da tempo, i pregiudizi e la discriminazione delle persone LGBTQIA+ sono purtroppo ancora fortemente radicati nelle opinioni di molti. […] Anche noi come Celi, non possiamo essere indifferenti a questa situazione e dobbiamo essere promotori di un cambiamento».
La giustizia di genere si concretizza quindi nel pensare, nel parlare e nell’agire in modo diverso. La mozione si sviluppa in 8 punti in cui la Celi si impegna per una comunità aperta a tutti e tutte. Per il riconoscimento del valore della ricerca teologica che metta in evidenza il ruolo della donna nella Bibbia e ne promuova la conoscenza. Per un linguaggio culturalmente sensibile e inclusivo. Per la difesa dei diritti umani ovunque. Per la promozione, in tutti gli ambiti della vita comunitaria ed ecclesiastica, di una sempre maggiore sensibilizzazione e piena accettazione di ogni persona. Per il contrasto a ogni forma di violenza verbale, fisica, sessuale e psicologica. Per la promozione di un dialogo e di una comunicazione nonviolenta, nel pieno rispetto dell’altra persona, anche quando non si è d’accordo. Per una piena partecipazione e equilibrata presenza di uomini e donne nei vari ambiti delle chiese luterane nel mondo.
Il documento è stato definito “coraggioso”. Afferma Thiele: «Io non l’ho trovato particolarmente coraggioso, perché per noi nella chiesa luterana, in Italia come in Germania, dovrebbe essere un approccio normale. Però nel contesto sociale non è così. È un documento che si rifà al lavoro che facciamo insieme con le altre chiese evangeliche sul territorio, che promuove la visione della donna nella Bibbia. Parlo del lavoro di rielaborare la figura femminile. Ci sono tante donne, anche nei racconti biblici, che sono un po’ sottomesse. Bisogna leggere fra le righe a volte, vedere bene le parole e leggere quello che non c’è scritto, quello che non viene detto. Le donne però ci sono. E dirlo, questo sì, è coraggioso e nuovo».

(NEV – Notizie evangeliche)