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«Scelte di Vittorio Emanuele III monito per le generazioni»

«I crimini del fascismo e le firme di Vittorio Emanuele III hanno rappresentato un abominio, un tragico vulnus nella storia d’Italia e resteranno un monito per le generazioni. La Costituzione repubblicana ce lo ricorda chiaramente: la sua stessa esistenza è la più eloquente sentenza cassatrice di quel periodo, del regime e dei suoi protagonisti. Oggi, dopo 82 anni il discendente, il bisnipote Emanuele Filiberto, afferma un sentimento di ripudio e condanna rispetto a quanto avvenuto. Un lasso di tempo molto lungo. Perché ora?»

Così si apre la risposta che l’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) ha pubblicato sul proprio portale Moked a seguito della lettera resa nota nei giorni scorsi del discendente di casa Savoia, che in un passaggio recita in questo modo: «Dichiaro solennemente che non ci riconosciamo in ciò che fece re Vittorio Emanuele III: una firma sofferta, dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile, un’ombra indelebile per la mia famiglia, una ferita ancora aperta per l’Italia intera. Condanno le leggi razziali nel ricordo del mio glorioso avo re Carlo Alberto che il 29 marzo 1848 fu tra i primi Sovrani d’Europa a dare agli italiani ebrei la piena uguaglianza di diritti.
Si tratta in ogni caso di un’iniziativa che è da ritenersi ad esclusivo titolo personale, rispondendo ciascuno per i propri atti e con la propria coscienza».
«Né l’Unione delle comunità ebraiche italiane né qualsiasi Comunità ebraica possono in ogni caso concedere il perdono in nome e per conto di tutti gli ebrei che furono discriminati, denunciati, deportati e sterminati. Nell’ebraismo perfino a Dio non si può rivolgere una richiesta di perdono se chi percepisce l’onta e la colpa non si è prima scusato dinanzi alla persona offesa» prosegue il testo dell’Ucei.
«La condanna morale del regime e dei suoi atti – che Emanuele Filiberto esprime oggi verbalmente per la prima volta – è stata per migliaia di ebrei, partigiani combattenti e convinti antifascisti, una bandiera e una guida per la lotta alla sopravvivenza, per la quale molti di loro hanno sacrificato la vita per la Patria.
È in ricordo di tutti loro, dei sei milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento, degli internati militari italiani, dei perseguitati politici, rom e sinti, disabili e omosessuali che ogni forma di nostalgia di quel regime deve essere severamente affrontata ed arginata. È verso i giovani del nostro Paese, dell’Europa che ci riunisce intorno ai valori fondamentali dell’uomo, che la condanna – non la richiesta di perdono per riabilitare il casato – va rivolta, affinché dicano il più convinto “mai più”.
Prendiamo atto delle parole di costernazione e ravvedimento espresse mediaticamente nelle scorse ore, in vista del 27 gennaio e vedremo, nei prossimi mesi, anni, quali azioni concrete, quotidiane possano a queste seguire con coerenza ed essere di esempio ad altri».

Sul tema è intervenuta anche la Comunità ebraica di Roma: «Prendiamo atto delle dichiarazioni di Emanuele Filiberto di Savoia. Il rapporto con Casa Savoia, nella storia e nella memoria è noto e drammatico. Ciò che è successo con le leggi razziali, al culmine di una lunga collaborazione con una dittatura, è un’offesa agli italiani, ebrei e non ebrei, che non può essere cancellata e dimenticata. Il silenzio su questi fatti dei discendenti di quella Casa, durato più di ottanta anni è un’ulteriore aggravante. I discendenti delle vittime non hanno alcuna delega a perdonare e né spetta alle istituzioni ebraiche riabilitare persone e fatti il cui giudizio storico è impresso nella storia del nostro Paese».

Intanto domani, martedì 16 gennaio alle ore 11 si terrà la tavola rotonda “Fascismi di ieri e fascismi di oggi” organizzata dal Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Unione delle comunità ebraiche italiane.
L’evento, che sarà trasmesso in streaming da Palazzo Chigi (Facebook e YouTube) e Ucei (Facebook e webtv), si aprirà con i saluti della Presidente Ucei Noemi Di Segni e del segretario generale della Presidente del Consiglio Roberto Chieppa. Introdotti e moderati da Giorgio Giovannetti, interverranno Annalisa Cegna, Michele Sarfatti, Furio Colombo e Maurizio Molinari.
«Il piano delle responsabilità e la vicenda della Shoah – viene spiegato nella presentazione dell’evento – si spostano sulla Germania, sui nazisti, su Auschwitz. A questa tendenza e generalizzata ignoranza, soprattutto nei giovani, si abbina l’oggi. L’affermazione e la legittimazione di gruppi di estrema destra sono fenomeni inquietanti e fanno sempre più sentire la loro voce, anche in questi duri mesi di sfida alla pandemia e alle gravi conseguenze economiche vediamo preoccupanti forme di strumentalizzazioni e pericolose similitudini con il passato.
Il tenace filo che lega i due periodi risalta ancora di più oggi, sotto i riflettori di una crisi epocale che fa riemergere e spesso esplodere pregiudizi che non si è mai riusciti a sradicare e riaffiorare idee complottiste che oggi come ieri spesso portano ad individuare un comodo colpevole.
Se questo accade, e oramai con evidenza chiara e puntuale e non come mera percezione, è doveroso per ogni Istituzione – educativa, governativa, amministrativa, giudiziaria – attivare precisi interventi di breve e medio termine per dare concrete risposte e compensare le lacune formative e culturali ispessite nei decenni ,senza che si siano affrontati questi temi».

«Vi è una precisa responsabilità italiana – del regime fascista con tutte le sue caratterizzazioni – che ha portato alla guerra, alla persecuzione e al concretizzarsi dello sterminio degli ebrei italiani. Il modo in cui il fascismo è penetrato nella cultura italiana, il modo in cui si è affermato, le matrici di organizzazione dello Stato e del potere, le violenze e il sistema propagandistico – denigratorio da un lato e di mitizzazione dall’altro – sono stati oggetto di studio e di ricerca, ma ancora vi è insufficiente conoscenza, consapevolezza e senso di responsabilità per questo passato».