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Respiratori per animali a uso umano, strane asimmetrie fra le specie

La notizia l’abbiamo letta alcune settimane fa: la clinica per animali domestici della Facoltà svizzera di medicina veterinaria “Vetsuisse”, facente parte dell’Università di Berna, utilizza alcuni ventilatori che soddisfano gli standard medici umani. La clinica, nell’emergenza coronavirus in corso, ha offerto la sua collaborazione fornendo attrezzature per l’anestesia e per la terapia di ventilazione. La Facoltà ha comunicato di aver reso disponibili otto dispositivi che, tuttavia, saranno verificati da specialisti prima dell’uso per la medicina umana. La Vetsuisse è in contatto con l’Inselspital, l’Ospedale universitario di Berna, attraverso gli anestesisti delle due strutture, in merito all’uso dei dispositivi. Si tratta di strumentazioni non paragonabili alle classiche apparecchiature di anestesia veterinaria.

A seguito di questa decisione, anche la Società svizzera veterinaria ha chiesto ai suoi aderenti di sostenere la medicina umana. «Tempi eccezionali richiedono misure eccezionali» scrivono i veterinari, il cui Consiglio di amministrazione, insieme ai soci, ha invitato ad aiutare ove possibile. I principi etici della Società svizzera veterinaria si fondano su una assunzione di responsabilità nei confronti della società nel suo insieme. «Una vita umana pesa più di una vita animale», sostengono. «Le nostre conoscenze, attrezzature e impegno possono aiutare a salvare vite umane».

Veterinari italiani censiscono strumenti di ventilazione per un eventuale uso umano

Anche in Italia, il 20 marzo, la Federazione nazionale degli ordini veterinari italiani (FNOVI), sollecitata dalla Protezione civile, ha annunciato il censimento delle strumentazioni per il sostegno respiratorio e del materiale monouso presente nelle strutture veterinarie. Qualche giorno prima l’Associazione nazionale (ANMVI) aveva già dichiarato di essere pronta a mettere a disposizione i concentratori di ossigeno e le strumentazioni delle cliniche veterinarie, in caso di emergenza, attraverso una riconversione delle attrezzature allo scopo di utilizzarle per la medicina umana. 

Siamo noi a dominare la natura, o è la natura a dominare noi?

Difficile rapporto, quello fra esseri umani, natura e animali. Un equilibrio etico che ci vede portare a spasso il nostro più fedele amico per uscire dalla prigionia della quarantena, in uno scambio probabilmente mai simmetrico. Un rapporto in cui possiamo scegliere se salvare un animale o salvare una persona. Eppure stiamo passando da una visione di dominio sulla natura e sugli animali, che fino a ieri dovevano essere a nostro servizio, alla visione opposta, che ci vede esseri fragili in balìa di eventi più grandi di noi. Sono i due estremi che si toccano.

Superare i dualismi. Essere un po’ meno umani, un po’ più animali, un po’ più tecnologici 

Il dualismo persone/animali forse richiede un nuovo equilibrio. Siamo abituati a interpretare la realtà in modo binario: due elementi in contrapposizione fra loro dove uno domina, o vorrebbe dominare, sull’altro: naturale/artificiale, corpo/mente, primitivo/civilizzato. La filosofa, biologa e zoologa Donna Haraway, autrice del Manifesto Cyborg, propone una ibridazione per superare questi dualismi. Dovremmo essere un po’ meno umani (nel senso hobbesiano dell’homo homini lupus) e un po’ più animali (nel senso di essere più connessi fra noi e con l’ambiente), oltre che un po’ tecnologici.

Il nuovo coronavirus, come altri ceppi prima di questo e come altre malattie, sembra essere stato trasmesso dagli animali agli esseri umani. Gli esseri umani, da parte loro, non hanno rispettato l’ambiente e, in certi casi, nemmeno gli animali. Non è la prima volta, e non sarà nemmeno l’ultima, in cui vediamo rompersi l’equilibrio fra natura e umanità.

La rivincita degli animali e il principio di Pareto

Nel frattempo, la quarantena diffusa ha portato le città e le strade a spopolarsi. Gli animali sembrano essersi accorti di questa ritirata, e hanno iniziato a rioccupare spazi che sembravano loro preclusi. Le anatre nella fontana di piazza di Spagna a Roma, i delfini nei porti di Cagliari, Trieste e Reggio Calabria, i pesci nella laguna di Venezia, le minilepri e i cigni a Milano, lupi e caprioli a Pescara, cinghiali nei paesi abitati lungo le coste toscane, numerose specie di uccelli e mammiferi nelle città sono solo alcuni esempi.

Il sociologo italiano Wilfredo Pareto aveva osservato che il 20% delle cause è responsabile dell’80% degli effetti. Come sostiene Anna Maria Testa, tocca focalizzarsi sulle priorità, con la cosiddetta regola 80-20. Vale in natura, in economia, nell’informatica e anche nelle epidemie.

Forse, come razza umana, avremo una seconda occasione di consolidare e migliorare l’amicizia con le altre specie, dopo la pandemia. E come altre volte nella nostra storia, abbiamo l’occasione di trasformare la crisi in un’opportunità. Ma per farlo abbiamo bisogno non solo di maggiore consapevolezza, ma anche di una alleanza con i decisori politici, che devono dirottare le risorse dove serve.

 

Photo by Hristina Šatalova on Unsplash The man and the wild cow. Who’ll beat who?