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Stati Uniti, l’abuso del nome di Dio

 

La retorica religiosa non è rara a Capitol Hill e dintorni, luoghi in cui i politici spesso inseriscono i riferimenti al divino nei loro discorsi mentre partecipano al basso teatrino politico. Ma nell’ultima settimana piena di tensioni legate alla messa in stato di accusa, all’impeachment, del presidente Trump, si è assistito a un’impennata dei riferimenti celesti.

Il senatore Lindsey Graham ha detto di aver usato il suo buon senso «divino» per decidere che l’accusa contro il presidente Trump «era solamente una fesseria», per usare un eufemismo.

Il senatore Mitt Romney ha di contro dichiarato che la sua fede «lo obbligava a credere che il presidente fosse colpevole di un crimine meritevole della destituzione».

Lo stesso Trump ha insistito sul fatto che la fede era un’arma usata dai suoi rivali contro di lui – e ha ammesso che il consiglio di Gesù di «amare i tuoi nemici» era assai difficile per lui da onorare.

Tutti e tre erano parte di una guerra teologica di parole sull’impeachment che è andata avanti per mesi, con il comandante in capo e i suoi avversari che invocavano il divino e si interrogavano l’un l’altro sulla fede.

I legislatori di entrambe le parti – tra cui Alexandria Ocasio-Cortez e Barry Loudermilk  hanno citato le Scritture a dicembre per sostenere le loro rispettive argomentazioni sulla messa in stato di accusa delle azioni del presidente. Il dibattito sulla fede si è acceso giorni dopo, quando l’editore del quotidiano on line Christianity Today ha ricevuto un secco rimprovero da parte di Trump per aver scritto un editoriale che chiedeva la rimozione del presidente dall’incarico.

Dio è tornato in grande auge mercoledì (5 febbraio), quando il senatore dello Utah Utah Mitt Romney, un membro della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, ha citato la sua fede mentre spiegava la decisione di rompere con il suo partito e votare invece per condannare Trump per almeno uno dei capi di accusa.

«Sono profondamente religioso», ha detto spiegando la decisione. «La mia fede è al centro di ciò che sono».

L’osservazione di Romney e l’annuncio del suo voto hanno scatenato una reazione accesa di Donald Trump il giorno successivo, giovedì 6 febbraio, al tradizionale appuntamento del National Prayer Breakfast, un meeting annuale a carattere religioso che si svolge a Washington, che quest’anno ha visto la presenza anche della nostrna Giorgia Meloni.

«Non mi piacciono le persone che usano la fede come giustificazione per fare ciò che sanno essere sbagliato», ha detto Trump in riferimento a Romney.

Il presidente avrebbe espresso una critica simile poche ore dopo durante un discorso alla Casa Bianca. Dopo aver celebrato la sua assoluzione nel frattempo ottenuta, si è scagliato contro i legislatori che hanno sostenuto l’impeachment e l’allontanamento dall’incarico, individuando in particolare Romney.

«E poi ne hai alcuni che hanno usato la religione come stampella», ha detto, osservando che si riferiva a un «candidato alla presidenza fallito» (Romney nel 2012 fu candidato repubblicano alla presidenza, sconfitto da Barack Obama) e suggerendo che Romney non aveva «mai usato» la fede nei discorsi politici in passato. Cosa non così vera, perché il discorso religioso è stato spesso fra i cavalli di battaglia del senatore.

Trump ha ricevuto il sostegno più acceso come abbiamo visto dal senatore della Carolina del Sud, Lindsey Graham, a cui è stato chiesto di Romney durante un’apparizione televisiva al “The Brian Kilmeade Show”.

«Tutto quello che posso dirti è che Dio ci ha dato il libero arbitrio e il buon senso. Ho usato il buon senso che Dio mi ha dato per capire che queste accuse erano infondate», ha detto Graham. 

«Quando andrò a incontrare Dio alle porte perlate, non penso che mi chiederà “Perché non hai condannato Trump?” Potrei sbagliarmi, ma non credo che sarà al in cima alla lista», ha esternato.

Romney non è stato l’unico obiettivo della furia di Trump, tuttavia. Il presidente ha anche rimproverato la portavoce della Camera democratica Nancy Pelosi durante il suo discorso alla National Prayer Breakfast, affermando di non provare stima per le persone che dicono “Prego per te” quando sanno bene che non è così».

La linea di attacco – un apparente riferimento all’insistenza della Pelosi ad aver pregato per il presidente durante il processo di impeachment – è stata ripetuta più tardi quel giorno quando Trump ha parlato alla Casa Bianca.

Donald Trump Jr., il figlio del presidente, su Twitter, ha commentato che «la probabilità che Nancy Pelosi preghi per Trump è quasi uguale alla probabilità che Satana corra in giro citando le Scritture».

Nancy Pelosi, ha recitato una preghiera durante la colazione di preghiera per coloro che soffrono a causa delle persecuzioni religiose – mentre Trump sedeva a pochi passi di distanza.

«Non so se il presidente capisce la preghiera o le persone che pregano», ha detto in seguito in risposta a Trump, ai microfoni di ABC News. «Prego molto per lui, perché è così fuori strada».

Il gesuita James Martin, ha commentato il discorso del presidente alla National Prayer Breakfast definendolo «disgustoso, egoistico e mediocre» un pretesto per colpire i suoi nemici.

«Al centro della relazione del cristiano con Gesù Cristo c’è una profonda riverenza per i suoi insegnamenti, tra cui “Ama i tuoi nemici e prega per quelli che ti perseguitano” (Matteo 5:44). E l’ultimo posto in cui si dovrebbe sfoggiare la propria vanità o ignorare gli insegnamenti di Gesù è nel contesto della preghiera», ha twittato Martin, chiedendo ai leader cattolici di boicottare la colazione di preghiera in futuro se includesse ancora discorsi come quello pronunciato quest’anno di Trump.

L’ex deputato e oggi conduttore televisivo Joe Scarborough, ha usato un tono simile venerdì mattina 7 febbraio nel suo spettacolo “Morning Joe”. Si è presentato con una Bibbia, sostenendo che le osservazioni di Trump hanno tradito il messaggio contenute in quelle pagine, radicate nel comando di amare i propri nemici.

«Chiunque sia cresciuto in una chiesa – evangelica, cattolica, o quant’altro – comprende la blasfemia contenuta nelle parole del presidente, ha aggiunto. 

Scarborough ha anche criticato i leader di fede evangelical che sostengono Trump, alcuni dei quali hanno celebrato l’assoluzione del presidente questa settimana. Stephen Strang, editore della rivista cristiana conservatrice Charisma, ha scritto che i cristiani si stavano «rallegrando» per l’assoluzione del presidente e che l’argomento per la sua messa in stato di accusa «non ha mai avuto sostanza».

Insomma, troppe strumentalizzazioni delle scritture, tirate e stiracchiate da una parte e dall’altra a seconda delle convenienze per vicende che hanno ben poco da spartire con esse. Mancano ancora molti mesi alle elezioni e il crescendo di toni apocalittici, da “ultima crociata”, al fine di accattivarsi le simpatie di vari gruppi religiosi rappresenta una deriva, fumo gettato negli occhi delle persone per caricare le piccole beghe terrene di chissà quale impronta messianica. Un po’ come i rosari e i crocifissi branditi ad altre latitudini. Una deriva pericolosa in un’epoca in cui le chiese e i templi si svuotano, e l’aspetto religioso pare residuale fra le priorità di una società, privato di senso dall’annuncio di tanti falsi profeti.

Foto : Trump alla National Breakfast Prayer