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«Il culto no stop in Olanda è un’importante testimonianza di fede»

Continua nei Paesi Bassi la mobilitazione, 24 ore su 24, della chiesa protestante Bethel della città de L’Aja, per fermare la deportazione di una famiglia armena, colpita da provvedimento di espulsione dopo ben 8 anni già vissuti in Olanda.

Da oltre due mesi, era il 25 ottobre quando tutto ha avuto inizio, la famiglia Tamrazyan si è rifugiata nel tempio, approfittando di una legge olandese che vieta alle autorità di pubblica sicurezza di entrare in un luogo di culto mentre è in corso un servizio religioso. Da allora è iniziata una cerimonia che non ha ancora visto la fine, mentre la famiglia è ospitata nei locali del tempio.

Intanto il giovane ministro della Giustizia, Mark Harbers, ha informato nei giorni scorsi di non aver intenzione di usare alcuna discrezionalità o deroga per concedere i permessi di soggiorno alla famiglia. Decisione che se possibile ha rafforzato ancora di più lo spirito di comunità dei partecipanti, pubblico e officianti.

La chiesa «non può accettare il rifiuto e continuerà a dare rifugio alla famiglia, ha affermato Theo Hettema, presidente del Consiglio della Chiesa riformata nei Paesi Bassi.

650 pastori e predicatori olandesi e stranieri, appartenenti ad almeno venti denominazioni differenti, si sono già alternati alla conduzione del culto no stop e ora anche il Consiglio mondiale delle chiese (Wcrc) prende netta posizione sulla vicenda.

Philip Vinod Peacock, segretario esecutivo per la “Giustizia e testimonianza” del Wcrc, e Hanns Lessing, segretario esecutivo del Wcrc per la “Comunione e la teologia”, hanno condotto il culto alla chiesa Bethel nei giorni scorsi.

«La Chiesa protestante dell’Aia rispetta gli ordini del tribunale, ma si trova di fronte a un dilemma: la scelta tra rispettare il governo e proteggere i diritti di un minore», si legge in una dichiarazione sul sito web della chiesa. «Lo scopo dell’asilo ecclesiastico è quello di creare riposo e sicurezza per la famiglia e di offrire loro un poco di respiro. Periodo nel quale invitiamo i politici a discutere con noi il destino della famiglia».

Durante il servizio di culto, Lessing e Peacock hanno offerto «la nostra profonda gratitudine a nome dell’intera Comunione mondiale delle chiese riformate per l’attenzione che prestate alla famiglia Tamrazyan e per la testimonianza che state offrendo al mondo. Siamo con voi con le nostre preghiere e con la nostra solidarietà. La vostra testimonianza è un incoraggiamento per le molte persone sradicate nella nostra Comunione e per i molti membri delle nostre chiese che stanno lavorando per un mondo in cui i migranti siano al sicuro e possano vivere una vita dignitosa.

Il vostro culto no stop è un’espressione di fede che si rivolge a Dio in una situazione in cui la bontà di Dio sembra meno visibile. Il vostro riunirvi, le preghiere e la condivisione è un’espressione della vostra fede per dimostrare che Dio è presente in questo mondo. La vostra insistenza sul fatto che azioni ingiuste di governi e tribunali non devono avere l’ultima parola sul benessere degli esseri umani rende la vostra azione molto politica nella sua profonda spiritualità. Nella migliore tradizione delle nostre Chiese Riformate, testimoniate che anche in una società secolare le istituzioni dello stato sono sotto la volontà di Dio. Nell’esperienza della persecuzione e della migrazione, le nostre chiese hanno imparato che i governi perseguono ciò che è buono quando proteggono i deboli e salvaguardano il sostentamento di coloro che non sono protetti. Questa testimonianza è importante oggi come lo era quando fu espressa per la prima volta nella storia della nostra chiesa. In una situazione in cui è difficile credere che le istituzioni del governo proteggeranno il benessere e il sostentamento dei bambini e delle loro famiglie, il culto continuo è una forte testimonianza della presenza di Dio in un mondo pieno di scandalo».

Nella foto il pastore Philp Vinod Peacock nel tempio Bethel