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Dio muta la maledizione in benedizione

Il Signore, il tuo Dio, mutò per te la maledizione in benedizione, perché il Signore, il tuo Dio, ti ama
Deuteronomio 23, 5

Se lo rinnegheremo anch’egli ci rinnegherà; se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso
II Timoteo 2, 13

Di fronte ad un messaggio altamente positivo, come quello in cui viene ricordata l’azione salvifica di Dio, ci si aspetta un atteggiamento solidale e compassionevole verso il prossimo. In un Paese e in un Continente che rivendica le proprie radici cristiane, e che in effetti è abitato da una grande maggioranza di cristiani, ci si aspettano azioni e sentimenti in linea con quanto Dio ha fatto per noi. Azioni e sentimenti che è lecito aspettarsi anche da quanti si rifanno a Dio liberatore e salvatore.

Il versetto 5 di Deuteronomio 23 viene collocato al tempo in cui Israele si trovava in una condizione altamente precaria. Erano un piccolo popolo che fuggiva dalla schiavitù d’Egitto e, dopo una lunga marcia piena di pericoli nel mare e nel deserto, era in procinto di entrare nella terra della sua salvezza. Fu lì che incontrò la maledizione di chi abitava nella terra per la quale stava per passare, lì incontrò gente che non lo aiuto né con pane né con acqua, gente che gli chiudeva la strada, indifferente al suo destino.

In un tempo di estrema precarietà, come fu quello della deportazione a Babilonia, persone ispirate da Dio seppero ricordare eventi critici della propria storia in cui non fu la propria abilità ad assicurare loro serenità, ma fu proprio Dio, il liberatore degli schiavi, il soccorritore dei derelitti, colui che dà pane e acqua al fuggiasco, che muta la maledizione in benedizione. Per noi, italiani e cristiani, sarebbe un esercizio altamente formativo ricordare che anche le generazioni che ci hanno preceduto hanno conosciuto una forma di esodo per lasciarsi alle spalle miseria e schiavitù. Sopravvissero, pur in mezzo a notevoli difficoltà, perché nessuno li maledisse, né gli sbarrò la strada alla frontiera o all’ingresso dei porti. Ricordare tutto questo sarebbe un esercizio di civiltà e, ancor più, di arricchimento spirituale, perché scopriremmo la benedizione di Dio.