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Einstein e la memoria condivisa

Il 27 gennaio ogni anno è celebrato con appuntamenti, incontri, dibattiti, spettacoli, concerti, reading, proiezioni. Il Giorno della memoria è l’occasione più importante per non dimenticare la tragedia della Shoah e la furia nazi-fascista che causò morte e distruzione.

Domani, a una settimana esatta dal Giorno della memoria, alle 16 a Firenze è prevista l’inaugurazione della mostra fotografica dedicata alla Famiglia ebreo-valdese Einstein/Mazzetti, sterminata da un plotone di nazisti nel 1944 a Rignano sull’Arno.

Un doppio appuntamento (mostra più dibattito) che è promosso dall’Anpi di Rignano con il patrocinio del Comune di Rignano sull’Arno e che si terrà presso i locali della chiesa metodista evangelica di Via de’ Benci 9 a Firenze.

Dopo l’inaugurazione, alle 17 insieme a un rappresentante della famiglia Mazzetti, saranno la pastora valdese Maria Bonafede e i professori Valdo Spini e Matteo Mazzoni a tracciarne il ricordo con «La Chiesa valdese a Firenze durante l’occupazione nazifascista.  Gli Einstein, storia di una tragedia».

All’epoca il pastore valdese di Firenze era Tullio Vinay.

Molti furono gli ebrei nascosti e salvati dal pastore valdese fondatore del Centro ecumenico di Agape e del Servizio cristiano di Riesi (insignito del titolo di «Giusto fra le Nazioni» nel 1981), grazie all’aiuto di persone coraggiose e facenti parte della Resistenza.

In un caso però, ricorda la figlia Paola nel libro «Testimone d’amore – la vita e le opere di Tullio Vinay: testimonianze, scritti, ricordi personali», edito dall’editrice Claudiana, non riuscì, e si verificò una tragedia orribile: «Viveva in una villa vicino a Firenze – al “Focardo” – l’ingegnere Robert Einstein, cugino primo del grande  fisico Albert, a lui molto legato per aver trascorso insieme tutta l’infanzia. Robert era sposato con Cesarina (Nina) Mazzetti, figlia di un pastore valdese, dalla quale aveva avuto due figlie: Luce e Annamaria. Vivevano con loro anche due gemelle orfane – Lorenza e Paola Mazzetti –  moglie del fratello di Nina. Tullio andava spesso al “Focardo”, per seguire in qualità di pastore le  figlie e le nipotine di Einstein che frequentavano il catechismo e l’Unione giovanile valdese.

In più occasioni – prosegue Paola – consigliò all’ingegnere di nascondersi in quanto, come ebreo tedesco e per di più cugino del grande fisico riparato in America, rischiava la vita: Tullio sapeva cosa stava succedendo e insisteva, ma Einstein non voleva credere che il suo popolo potesse giungere a simili persecuzioni».

Purtroppo, la sera del 3 agosto 1944, nella campagna di Rignano sull’Arno, a sud di Firenze, furono barbaramente uccise dai proiettili sparati da soldati tedeschi, Nina Mazzetti, 58 anni e le figlie Luce e Annamaria Einstein, di 27 e 17 anni. «[…] qualcuno non mi è riuscito di salvare – raccontava Tullio – tra questi la famiglia dell’ingegner Einstein, al quale dicevo: “Nasconda almeno le sue  figlie, se lei non ha paura”. Ma lui mi diceva: “i tedeschi non fanno queste cose, è tutta propaganda”».

Al piombo tedesco scampò il padre delle vittime, all’epoca sessantenne, perché rifugiatosi nei boschi circostanti la villa del Focardo; trafitto dal dolore Robert deciderà di togliersi la vita l’anno seguente lasciando una lettera testamento per chiedere di poter essere seppellito vicino alla moglie e alle figlie.

Una celebrazione in loro memoria si terrà al cimitero della Badiuzza, dove riposano i membri della famiglia Einstein, venerdì 26 gennaio dalle 10,30 con i ragazzi della scuola secondaria di primo grado, del capoluogo.

La dinamica dell’accaduto è riportata nel libro di Paola Vinay: «Il 3 agosto del 1944, quando già gli ufficiali della Wermacht se ne erano andati, arrivò in villa un gruppo di Ss che chiese subito di Einstein, ma non lo trovò, perché  finalmente si era deciso a nascondersi nel bosco. Allora, presero Nina e le due  figlie, le fucilarono e diedero fuoco alla villa. Lorenza e Paola Mazzetti, insieme a un’altra cugina, furono risparmiate perché non ebree e perché non portavano il cognome Einstein. Robert rimase sconvolto da questa tragedia, tanto che, quando dopo la liberazione riuscì a tornare nella villa, lasciati tutti i suoi averi in eredità alle nipoti, si suicidò nella stanza in cui erano state trucidate la moglie e le figlie. Era il 13 luglio 1945: il giorno dell’anniversario del suo matrimonio».

Nel 2000 l’onorevole Valdo Spini – allora presidente della Commissione Difesa della Camera – chiese ai ministri di Difesa, Affari Esteri, Giustizia, Interno e Beni e Attività Culturali di intraprendere iniziative ufficiali al fine di far piena luce su colpevoli e movente di questa tragedia.

«Il ruolo del pastore Tullio Vinay credo debba essere sottolineato – dice a Riforma.it Valdo Spini –, in quanto riuscì a raggiungere la villa, tentando di mettere sull’avviso la famiglia sul pericolo che stava correndo, purtroppo non riuscì a convincere Einstein che credeva di essere l’unico bersaglio. Una tesi che indica i responsabili materiali dell’esecuzione è attendibile, quella dello storico Gentile. Tuttavia non si è riusciti ancora a fare luce sui veri mandanti. Il più accreditato è lo stesso Hitler, Robert era un fratello per Albert, più che un cugino».

Spini, menziona la tesi dello storico Carlo Gentile, da sempre interessatosi al caso della famiglia Einstein, e il quale sostiene di aver individuato i possibili responsabili: il secondo battaglione del 104esimo reggimento della 15esima Panzergrenadier Division della Wehrmacht.

La strage, tuttavia, e come si legge nel libro di Paola Vinay, è sempre stata attribuita ai reparti delle Ss e le vittime avrebbero pagato con la vita il fatto di essere ebree e di essere imparentate con uno dei personaggi più invisi al regime hitleriano.

Gentile sostiene invece che l’esecuzione sia riconducibile a un’accusa specifica, quella di spionaggio attribuita dai tedeschi a Nina Mazzetti e Robert Einstein e non per la loro religione.

Tuttavia le nipoti e le cugine degli Einstein che portavano il solo cognome Mazzetti, e dunque non ebree, non furono uccise.

Una delle superstiti, Lorenza Mazzetti, scrisse Il cielo cade, rievocando la vita al Focardo e il dramma degli Einstein. Il libro vinse il Premio Viareggio nel 1962.