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Crisi migratoria, l’accordo Turchia-Unione Europea non piace agli organismi di chiesa

L’accordo tra Turchia e Consiglio europeo sulla gestione dei flussi migratori varato lo scorso 18 marzo a Bruxelles non piace. Né ad ampi settori della società civile, né a numerosi organismi ecclesiali ed ecumenici europei.

In Italia le associazioni riunite nel Tavolo Nazionale Asilo, di cui fa parte anche la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), con un comunicato stampa diffuso ieri hanno segnalato diverse contrarietà al diritto europeo, alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’articolo 10, terzo comma, della Costituzione italiana e più in generale ai principi fondamentali della nostra civiltà giuridica e della nostra tradizione democratica. Pertanto, alle autorità dell’Unione Europea hanno chiesto «di rivalutare immediatamente i termini dell’accordo ed escludere che la Turchia possa essere considerata un “Paese di primo asilo” o un “Paese terzo sicuro”», mentre, per quanto riguarda l’Italia, hanno chiesto al Parlamento di sottoporre a ratifica la decisione dei capi di stato e di governo (per il testo integrale vedi Documentazione).

Leggi il documento.

Alla vigilia dell’incontro tra il Consiglio europeo e il premier turco Davutoğlu, il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), pastore Luca Maria Negro, degli effetti di un accordo siffatto aveva detto: «si trasformerà in un incubo per migliaia di rifugiati e richiedenti asilo che si troveranno intrappolati in enormi centri di accoglienza, privi di tutela giuridica ed esposti all’arbitrio di autorità di polizia svincolate dalle norme e dai principi dell’Unione europea» (vedi NEV 11/2016).

Sulla stessa linea si erano espressi il 18 marzo 5 organismi ecumenici europei che in una lettera mandata ai governanti e alle istituzioni Ue hanno voluto ricordare loro gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, ribadendo l’importanza dell’istituzione di «safe passage per i profughi, di programmi di ingresso con visti umanitari e di ricollocamenti dei rifugiati all’interno della Ue. Le raccomandazioni erano state avanzate congiuntamente dalla Commissione delle chiese per i migranti in Europa (Ccme), Conferenza delle chiese europee (Kek), Eurodiaconia, Eu-Cord e ActAlliance Eu. In tema di gestione dei flussi migratori «l’Europa può e deve fare di più per proteggere la vita e la dignità di chi tra noi è più vulnerabile», avevano scritto.

Intanto, ieri, la Ccme, la Kek e il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) hanno scritto una lettera alle proprie chiese membro e alle organizzazioni partner in Europa, chiedendo loro di accrescere gli sforzi nei confronti dei rispettivi governi in tema di ricollocamenti dei rifugiati. Il prossimo 30 marzo si terrà a Ginevra una conferenza promossa dall’Unhcr, mirata a trovare luoghi di accoglienza per i rifugiati siriani, non solo in Europa, ma anche in altri continenti. Si tratterà della prima riunione del genere mai organizzata dall’Onu. Ccme, Kek e Cec credono che «sforzi concertati a favore di ricollocamenti in diversi paesi europei potranno avere degli effetti positivi anche al di là della sola condizione dei rifugiati siriani. Il nostro auspicio è che possano essere istituiti, per chiunque ne abbia diritto, passaggi sicuri e legali verso l’Europa».

Foto: Bundesministerium für Europa, Integration und ÄusseresArbeitsbesuch Mazedonien, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=42827196