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Emergenza migranti: cosa dice il documento di Consiglio ecumenico e Nazioni unite

Al termine della conferenza che ha riunito allo stesso tavolo il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), l’Unicef, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa), quest’insolito quadrilatero istituzionale ha prodotto un accorato appello congiunto: una “dichiarazione di invito all’azione coordinata per una risposta multilaterale alla crisi europea dei rifugiati”.

Il documento firmato il 19 gennaio affronta il tema dei migranti da un singolare angolazione, individuando una responsabilità collettiva da distribuire sulla pluralità di soggetti coinvolti e chiamando ogni singola organizzazione, sia essa laica o religiosa, ad un’immediata coordinazione. La risposta al fenomeno migratorio deve essere fondata su principi morali (anzitutto per chi ha fede) e su obblighi legali (per le istituzioni); tenendo sempre presente che da entrambi i punti di vista l’immigrato non è “la crisi”, ma una persona portatrice di capacità, creatività e lavoro.

L’emergenza, spiega il documento, parte da un dato di fatto, perché nel 2015 più di un milione di migranti, via terra o via mare, è approdata ai confini d’Europa. Medio Oriente, Asia, Africa: un migrante su tre è un bambino cui vanno garantite tutte le tutele individuate dal diritto internazionale. Dopo aver fatto luce sulle concause dell’emergenza – senza trascurare le responsabilità “occidentali” – la Conferenza ha riconosciuto il dilemma dei governanti europei: la sfida, certamente portatrice di criticità, è quella di conciliare la sicurezza politica ed economica dei propri cittadini senza venire meno al diritto internazionale e ai diritti umani.

Ribadendo l’inutilità della chiusura dei confini nazionali – una reazione che scarica la responsabilità sul paese vicino – la conferenza ha insistito sulla necessità di non lasciare soli gli stati adiacenti alle zone di crisi. Altresì in Europa nessun governo nazionale va abbandonato alla gestione delle proprie difficoltà. Perché alleviare le sofferenze dei migranti – la dichiarazione specifica: sin dalla fase di viaggio – è una responsabilità di tutti: agli Stati spetta la semplificazione degli aspetti legali; ma governi, società civile e agenzie internazionali devono coordinarsi sui metodi d’accoglienza e d’integrazione. Su questo punto, la Conferenza non ha esitato ha chiamare in causa l’Europa politica. L’Unione europea – insiste il documento – ha il dovere di dotarsi di un sistema di asilo comune. Per le persone provenienti da zone di guerra, l’accesso ai diritti per i rifugiati non può conoscere discriminazione di sesso, etnia, nazionalità, religione, o stato di salute. Infine, ogni sforzo congiunto va profuso a prevenzione di ogni discriminazioni razziste, xenofobe o islamofobe.

Quella che giunge da Ginevra è dunque una voce forte, perché composita e unita: le stesse caratteristiche che dovrebbero caratterizzare un’efficiente e coordinata “reazione umanitaria”. Indipendenti ma al fianco della politica, la società civile e le organizzazioni religiose assumono, anche secondo l’Onu, un ruolo di primo piano nella gestione della crisi attuale. Sotto questa luce, il dialogo interreligioso, alla pari del coordinamento tra società civile e istituzioni governative, diviene un’imprescindibile strumento d’accoglienza. Distribuire le responsabilità, condividere le informazioni, le risorse e le attività, costruire un gioco a somma positiva è possibile solo se si tiene in massima considerazione la voce dell’altro. A partire dalla voce di chi ha bisogno.

Foto: via Flickr