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Finalmente il museo della Shoah a Roma

Forse questa è la volta buona. Dopo anni di tentennamenti, personalismi, annunci e smentite, sembra giunta ad una svolta la questione della costruzione del museo della Shoah a Roma. La sede infine prescelta è quella su cui si è ragionato più a lungo, almeno a partire dal 2006, e cioè villa Torlonia, la splendida costruzione del quartiere Nomentano, ricca di significati per essere stata residenza romana di Benito Mussolini, e edificata su catacombe ebraiche. L’improvvisa accelerazione è frutto della mediazione del sindaco di Roma Ignazio Marino, ma ancora più è stata causata dagli appelli dei sopravvissuti alla deportazione, desiderosi di vedere finalmente inaugurato il museo, almeno in occasione della prossima giornata della Memoria del 27 gennaio 2015, settantesimo anniversario della scoperta del campo di concentramento di Auschwitz. Si ritorna da dove si era partiti dunque, villa Torlonia e il suo parco. Anche il progetto è pronto da anni, donato alla città dagli architetti Luca Zevi e Giorgio Tamburini, e il Comune ha già speso 15 milioni di euro per l’acquisto di terreni contigui. Negli ultimi mesi si era fatta prepotentemente strada una soluzione alternativa, e cioè l’utilizzo di un ex centro commerciale all’Eur, scelta meno prestigiosa, ma di più ampia metratura, e che avrebbe probabilmente permesso di tagliare il nastro in tempo utile per il prossimo gennaio. Ma tale opzione ha spaccato la comunità ebraica romana e causato frizioni con l’Ucei, l’Unione delle chiese ebraiche d’Italia. Ora il dietrofront verso quella che pare la destinazione ideale e che doterà finalmente la città di Roma, protagonista delle battaglie della Resistenza alle barbarie nazifasciste, di un museo che la avvicinerà in questo alle grandi capitali mondiali. Seppur con colpevole ritardo. La speranza è quella di poter posare la prima pietra il prossimo 27 gennaio. In attesa che i lavori si compiano, è stata anche individuata la sede provvisoria del museo della Shoah, che sarà ospitato proprio nel ghetto ebraico, all’interno della casina dei Vallati, a due passi dal portico d’Ottavia. La giustificabile fretta, figlia delle invocazioni dei superstiti al secondo conflitto mondiale di veder aperto il luogo del ricordo prima della propria morte, stava per generare un pasticcio tutto in salsa italiana. La decisione dell’amministrazione comunale di donare gli spazi della casina dei Vallati ha consentito di superare l’impasse e di guardare finalmente con fiducia al progetto.