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Non possiamo rimanere in silenzio

Sabato 10 febbraio, ad una settimana dall’orribile violenza razzista che ha armato la mano di un fascista contro un gruppo di stranieri innocenti, Macerata ha accolto il corteo antifascista e antirazzista promosso da diversi movimenti: decine di migliaia i partecipanti, oltre i 12mila secondo gli organizzatori.

Tra i manifestanti anche una piccola presenza evangelica. La Chiesa metodista plurisede Fermo-Palombaro-Pescara, che ha aderito ufficialmente alla manifestazione, ha partecipato nelle persone del presidente del Consiglio di chiesa e della sorella Greetje Van Der Veer, incaricata della Chiesa metodista plurisede e membro della Tavola valdese. «La manifestazione ha avuto una partecipazione al di là delle aspettative – afferma Van Der Veer –. Vi erano tantissimi giovani: la loro presenza è stata un bel segno di speranza per il futuro del nostro paese. Abbiamo partecipato alla marcia, convinti che di fronte al moltiplicarsi di atti a sfondo fascista, razzista e terroristico, non possiamo più rimanere in silenzio. Non possiamo tacere perché il silenzio, soprattutto quando riguardano atti di razzismo e fascismo, implicano complicità. Era per noi importante essere presenti con il nostro corpo e la nostra voce». «Il clima di odio diventa sempre di più tangibile, semina troppo paura – si legge nel comunicato ufficiale diffuso dalla Chiesa metodista plurisede –. La paura e la libertà non vanno insieme. Sappiamo fin troppo bene ciò che significa non poter vivere in libertà senza essere attaccati. Infatti in questi giorni ci prepariamo a celebrare il 17 febbraio, giorno in cui nel 1848 i valdesi ottennero i diritti civili. Per noi non è una commemorazione, ma un impegno quotidiano per i diritti di tutte e tutti. Atti che ledano l’esistenza e i diritti altrui vanno fortemente condannati. Gli atti di odio sono fra questi».

 

Presenti anche il pastore della chiesa battista di Tolentino (Mc), Luis Giuliani con la moglie, e il pastore evangelista Ivano De Gasperis, segretario del Dipartimento di evangelizzazione dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi), che ha inviato una lettera aperta al sindaco di Macerata, Romano Carancini.

Espressa vicinanza nella preghiera ai familiari di Pamela Mastropietro, e ai sette giovani feriti Jessica Valentina Faoro, di Jennifer Otioto, Gideon Azeke, Mahamadou Touré, Wilson Kofi, Festus Omagbon, Omar Fadera), il pastore ha evidenziato che la preghiera sarebbe vana, se a essa non si accompagnasse un serio impegno per la giustizia e la pace.

«Per questo le scriviamo con la volontà di ribadire quanto per tutti noi sia importante in questo momento storico non abbassare la guardia contro l’intolleranza. (…)

In Italia c’è tanta gente che si sente sola e dalla finestra guarda al futuro con crescente incertezza. È nostro dovere difendere queste persone da chi usa la paura e l’ignoranza come strumento di manipolazione per creare un consenso malato e pericoloso.

Noi non ci lasceremo intimidire dai fanatici, non ci lasceremo zittire da chi ci minaccia con la violenza e non lasceremo spazio alcuno all’odio o alla menzogna. La giustizia ci è cara più della vita stessa, perciò le chiediamo di non arrendersi e non cedere alla prepotenza.

Nell’incoraggiare l’apostolo Paolo al compimento della sua missione, il Signore gli rivolse una parola che facciamo nostra e che vogliamo dedicarle: «Io ho un grande popolo in questa città, perciò non temere, ma continua a parlare e non tacere» (Atti degli Apostoli 18, 9-10)».

 

«Sappiamo che in questo Paese c’è una maggioranza pacifica e accogliente, ma troppo silenziosa – prosegue la lettera aperta –; forse è poco convinta di poter fare la differenza; forse è poco disposta ad affrontare la responsabilità della libertà; forse, teme le minacce dei violenti.

Il pastore battista, Martin Luther King, sognò un mondo più fraterno e giusto, ma, a differenza di molti oggi, ebbe il coraggio di credere nel suo sogno per realizzarlo.

I pavidi gli suggerirono di smetterla con le sue marce. I benpensanti gli chiesero di pazientare e, non riuscendo a rabbonirlo, lo etichettarono come estremista ed agitatore. Gli opportunisti pur di impedirgli di “turbare” con i suoi discorsi la coscienza anestetizzata di una società ipocrita e razzista, lo arrestarono.

Infine, esattamente cinquant’anni fa, King fu colpito da una pallottola esplosa dall’odio razziale».

 

«Benché morto – si conclude la lettera – egli non ha smesso di parlare, e continua a ripeterci che “è più pericoloso il silenzio dei giusti, delle grida dei violenti!”.

Oggi, dobbiamo ribadire che il corpo delle donne non è un oggetto da sfruttare a proprio piacimento. 

Oggi, affermiamo che gli esseri umani non sono migliori o peggiori a seconda della loro etnia, della loro religione, del sesso o della cultura. Rifiutiamo di vedere negli altri una minaccia alla nostra sicurezza, anziché dei compagni di viaggio. 

Oggi, vogliamo rifiutare la perversa logica della detenzione di armi come strumento di sicurezza e l’uso della violenza come strumento di risoluzione dei conflitti.

Oggi vogliamo scegliere da che parte stare.

Con la chiesa battista delle Marche abbiamo scelto di essere a Macerata, per marciare, certo, ma anche per ricordare l’esempio di King e testimoniare dell’amore del Signore che col suo corpo spezzato e il suo sangue versato invita tutti ad abbandonare la via della violenza per percorrere quella della comunione e della pace».