Affidi e adozioni, un mondo da scoprire
Il dossier del mensile L’Eco delle valli valdesi dedicato a queste due azioni di generosita’
È in distribuzione in tutto il territorio del pinerolese nell’area sud della provincia di Torino (lo trovate in centinaia di luoghi pubblici, dalle biblioteche ai negozi) il numero di novembre del mensile free press L’Eco delle valli valdesi che potete leggere integralmente anche dal nostro sito, dalla home page di di www.riforma.it. Il numero contiene un dossier dedicato a spiegarci il mondo delle adozioni e degli affidi .
Affidi e adozioni. Un mondo di cui si parla poco, di cui spesso si conosce poco e si confondono i termini.
Con la professoressa Joëlle Long, associata presso l’Università di Torino, che da oltre vent’anni insegna, svolge ricerca e promuove iniziative di dialogo con la società (public engagement) nel campo del diritto delle persone, della famiglia e dei/delle minori presso l’Università, cerchiamo subito di fare chiarezza sulla differenza fra i due termini che danno il titolo al nostro approfondimento. «Spesso si confondono i due termini, ma c’è una importante differenza di prospettiva nonostante rientrino entrambi nel sostegno alla genitorialità. L’affido prevede un ritorno, quando possibile, nel nucleo famigliare di origine, mentre l’adozione è un qualcosa di definitivo. A ribadire questo aspetto, nell’adozione bisogna rispettare le “usanze” della famiglia di origine».
In Italia a regolamentare questi aspetti c’è una legge quadro, la 184 del 1983. Una legge che ha più di 40 anni e ovviamente oggi la composizione della società è cambiata, anche rapidamente negli ultimi anni. Chiediamo quindi a Long se andrebbe rivista. «Nei principi fondamentali possiamo dire che questa legge è ancora attuale, funziona bene ma avrebbe bisogno di una importante revisione, alla luce delle esigenze dei minori di oggi e di come la società è cambiata. Se quarant’anni fa il concetto di famiglia era inteso in un certo modo, oggi questa visione è cambiata in modo radicale. Non si può pensare che soltanto la famiglia “tradizionale”, sposata secondo i canoni, possa essere una buona famiglia per affidi o adozioni. Una sentenza recentissima della Corte Costituzionale infatti supera già questa norma aprendo ai single, ma soltanto per le adozioni internazionali. Nulla cambia per quelle nazionali o per gli affidi. In questo campo, come in altri, la legge rischia di essere rigida, mentre ogni caso fa storia a sé e andrebbe affrontato singolarmente. Oggi ci sono coppie che convivono che possono essere ottime famiglie e garantire una stabilità nel tempo: l’essere sposati non è sinonimo, sempre, di stabilità. E inoltre manca in modo forte la mancanza di famiglie “classiche” come prevede la legge che si rendano disponibili a impegnarsi in un percorso di affido e/o adozione».
Un mondo molto complesso in cui emergono anche delle “zone grigie”. «Il tema del confine è molto sfuggente, e il legislatore non si fa carico di queste zone grigie. L’affido a esempio a volte non è possibile chiuderlo con un ritorno alla famiglia di origine, anche dopo molto tempo, e questo si trasforma, previa disponibilità e verifiche varie, in un’adozione. Al tempo stesso un’altra zona grigia non ancora chiaramente normata è quella delle adozioni unite (si riferisce principalmente all’adozione da parte di coppie dello stesso sesso unite civilmente, che in Italia è possibile tramite l’adozione del figlio del partner) oppure delle adozioni aperte in cui si mantengono i rapporti con le famiglie di origine, a volte soltanto a distanza, altre volte con visite, di persona. Ovviamente tutti questi aspetti passano al vaglio delle autorità competenti».
Si discute molto anche dei tempi necessari a svolgere l’iter sia per le adozioni sia per gli affidi, a volte troppo lunghi. «Su questo aspetto mi sento di dover dire che spesso non sono lungaggini inutili. È infatti fondamentale verificare in modo accurato e approfondito i requisiti della famiglia che intraprende questo percorso. Stiamo infatti parlando di rapporti fra persone molto delicati ed è giusto che nessun aspetto venga tralasciato. Nove mesi, tanti quanti il periodo di una gestazione, sono necessari per certificare l’idoneità. Parallelamente ci sono ovviamente delle esagerazioni in alcuni casi, dovuti principalmente alla carenza di personale. Si inizia dai Tribunali per i minori per poi arrivare agli assistenti sociali; e tutti quanti si impegnano nonostante e poche risorse umane disponibili».
Infine, un commento sul calo generalizzato di adozioni e affidi. «A livello delle adozioni internazionali si apre un capitolo a parte. In molti Stati di origine dei bambini la sensibilità è cambiata, il principio di sussidiarietà nella Convenzione dell’Aja prevede infatti l’adozione come ultima possibilità. In altri paesi c’è stata una presa di posizione decisamente contraria al forte flusso delle adozioni. Per quello che riguarda invece il panorama italiano, il calo è dovuto a diversi aspetti di cui abbiamo già accennato prima, in particolare pesa la crisi economica».