Il limite assente
Un ricordo del grande contributo al giornalismo di Roberto Morrione
Lo strillo scelto per le giornate del Premio Roberto Morrione a Torino, ci ricorda Gian Mario Gillio, è “Il limite assente”. Un titolo coerente con tutta la vita e l’impegno professionale di Roberto, un uomo un giornalista di talento. Coerente con la profondità del suo lavoro, i suoi pensieri lunghi, l’amore e la passione che metteva nelle cose che faceva: tutte e sempre.
Ho subito pensato a una grande assise di donne che avviano una riflessione subito dopo la tragedia di Cernobyl (26 aprile 1986). Lo strillo allora era: “scienza potere coscienza del limite”. Si interpellavano la politica il potere oltre alla scienza. Si sosteneva che la coscienza del limite in politica mette in primo piano la scelta etica e sollecita a costruire una democrazia non solo come insieme di regole ma come dialogo relazione comunicazione tra identità soggetti differenti, individuali (donne uomini …) e come comunità (partiti, associazioni …)
“Non tutto quel che si può si deve fare” (la citazione è di Rita Levi Montalcini).
Mi è venuto in mente questa assise anche perché in quello stesso anno, il 28 febbraio 1986, fu assassinato a Stoccolma il leader socialista e pacifista Olof Palme, un punto di riferimento forte per il movimento per la pace cresciuto negli anni degli euromissili… (Olof Palme, dietro l’omicidio dell’ex premier svedese il sospetto della rete Stay Behind, titolava Il fatto quotidiano nei primi mesi 2025). Roberto lo ricordò, quando era capocronista al TG1, insieme a Ennio Remondino e d’intesa con il direttore Nuccio Fava, costruì un’inchiesta internazionale che racconterà lui stesso alla morte di Francesco Cossiga il 19 agosto 2010 su “liberainformazione.org”. Ecco alcuni stralci:
“Penso sia corretto dal punto di vista morale oltre che professionale, rievocare sulla base dei nudi fatti l’insolito incontro “a distanza non ravvicinata”, ma certo letale, che il TG1 ebbe con Cossiga nell’estate del 1990.”
Ero allora capocronista, in un TG 1 assolutamente su Marte rispetto a quello oggi conosciuto, animato da inchieste, approfondimenti, testimonianze, che cercava di penetrare i mille problemi del Paese in una stagione difficile per la democrazia, compresi i misteri e gli angoli oscuri del potere.
Con l’impegno diretto di Ennio Remondino e d’intesa con il direttore Nuccio Fava, realizzammo con il massimo riserbo un’inchiesta internazionale senza precedenti, che partiva da un telegramma inviato dai capi della loggia P2 Gelli e Ortolani a uno stretto collaboratore del presidente americano Bush in cui si annunciava che “l’albero svedese sarà abbattuto”: pochi giorni dopo veniva assassinato a Stoccolma il leader socialista e pacifista Olof Palme.
Ennio…percorse mezza Europa, incontrando ex agenti della CIA e approdò negli Stati Uniti dove intervistò un ex-contractor CIA, Richard Brenneke che gli rivelò come la loggia deviata del gran maestro aretino era stata per anni la longa manus dei servizi USA per alimentare terrorismo ed eversione in Italia …gli consegnò una mole di documenti sui traffici di armi e di esplosivi della P2 di Gelli. …Documenti che, fatti sequestrare dai magistrati romani che indagavano sulla P2, si rivelarono autentici.”
Nonostante il materiale scottante l’inchiesta va in onda in quattro puntate nel Tg delle 20.
“Fra di noi dicevamo: ma chissà, per quest´inchiesta negli Stati Uniti ci darebbero il premio Pulitzer, magari. Qui invece ci fecero fuori tutti”. Questo era l’incipit di Roberto quando raccontava l’esito di questa inchiesta. Come finì? La racconta ancora lui:
“Chiamato direttamente e pubblicamente in causa da Licio Gelli, il Capo dello Stato scrive una lettera riservata al Presidente del Consiglio Andreotti … Il premier è costretto così a presentarsi alla Camera negando su tutta la linea la veridicità dell’inchiesta. …
… Fava è costretto a dimettersi ed è pronto ad arrivare Bruno Vespa. Altro quadro politico, altro TG 1. Da quel momento Ennio Remondino viene spostato come inviato … per me …passerà più di un anno prima di approdare al TG 3 di Sandro Curzi.
… E’ certo che quello scoppio d’ira, quella inusitata pressione anche sulla Rai, … del Presidente picconatore, coincidevano curiosamente con l’inchiesta giudiziaria che il giudice veneziano Casson stava conducendo sulle strutture militari segrete di Gladio e Stay Behind. Noi del TG1 non ne sapevamo francamente niente, ma fummo “fucilati” lo stesso per la nostra inchiesta, chissà, forse a scopo preventivo…”
Roberto continuò a fare il giornalista in ruoli diversi ma lasciando sempre un segno indelebile. Nell’aprile 1999 fonderà Rai News 24, il primo canale all news del servizio pubblico prodotto interamente in digitale. Lanciò il piccolo vascello in clamorose inchieste.. … fu apertamente minacciato. Arrivò in redazione una busta anonima con un bossolo di proiettile calibro 9. Era stata imbucata a Pisa ed era indirizzata a lui e a Sigfrido Ranucci, uno dei suoi cronisti di punta.
Gli scoop più recenti avevano avuto risonanza mondiale; riguardavano la guerra in Iraq in particolare l’uso di fosforo bianco nei bombardamenti americani sulla cittadina irachena di Falluja, le dichiarazioni di un testimone sulle torture nel carcere di Abu Ghraib e, già all’inizio della guerra, nel 2003, la rivelazione che nei corpi di alcuni militari italiani deceduti dopo aver partecipato a quella guerra, c’erano particelle che facevano credere all’uso di bombe a base di uranio impoverito.
Fu l´unico direttore Rai (da Rainews 24), a mandare in onda nel 2000 l’ultima intervista del giudice Paolo Borsellino (ucciso il 12 luglio 1992, due mesi dopo Giovanni Falcone) nella quale il magistrato parlava delle indagini su Vittorio Mangano, stalliere di Arcore.
Ha partecipato alla nascita di Articolo21, Roberto. Ha guardato con interesse alla scelta di don Luigi Ciotti di fondare Libera. Entrerà a farne parte dopo la pensione nel 2006. Reinventandosi diventerà direttore della fondazione Libera Informazione proseguendo nelle battaglie antimafia contro la criminalità; per la giustizia e la legalità.
Un impegno forte e generoso anche nella formazione di giovani impegnati nel sociale e per una informazione pulita e trasparente, nel rispetto di tutti e senza temere nessuno: il suo metodo, che i numerosi premi intitolati a lui portano avanti con orgoglio e passione.
Roberto, in occasione del premio Ilaria Alpi 2008, cura la pubblicazione “Giornalismi e Mafie” alla ricerca dell’informazione perduta”. Giancarlo Caselli nel lungo elenco di persone assassinate di cui parla nella prefazione, a proposito di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin scrive: risaltano come specialmente significative le pagine del libro riservate alla loro vicenda. L’omicidio di Ilaria Alpi – Alta mafia tra coperture, deviazioni, segreti”: è il titolo che Roberto dà alla ricostruzione di quel duplice delitto: una svolta che consentirà a tutti noi di diventare una comunità che pochi anni dopo diventerà quella di #NoiNonArchiviamo.
Condivido il significato del titolo limite assente: sembra non esserci più un confine nell’utilizzo del potere, nell’esercizio della forza, nell’impiego di strumenti eccezionali per limitare o peggio eliminare processi democratici e la partecipazione. Pare non esserci più un limite alle guerre, ai conflitti, alle violazioni del diritto internazionale. Non ci sono limiti agli attacchi sui civili inermi, alle organizzazioni non governative, ai giornalisti e alle giornaliste che tentano di raccontare il tempo che stiamo vivendo.
Secondo l’ONU, il bilancio dall’inizio della guerra del 7 ottobre 2023 è drammatico: almeno 247 giornalisti palestinesi sono stati uccisi.
Anche in Ucraina sono morti dei giornalisti: non conosciamo numeri né nomi.
Vogliamo ricordare, per tutti, Andrea Rocchelli, un fotoreporter di talento, ucciso da una serie ripetuta di colpi di mortaio vicino a Sloviansk in Ucraina il 24 maggio 2014. Muore con lui anche il suo amico giornalista russo Andrej Mironov mentre il fotoreporter francese William Roguelon è ferito gravemente, si salva e sarà un testimone prezioso dell’accaduto… . Si sa come sono andate le cose ma ancora giustizia non è fatta.
Sappiamo che l’Italia si trova al 49° posto nella classifica mondiale per la libertà di stampa, redatta da Reporter sans frontières. Mara Filippi Morrione, sempre accanto a Roberto, richiesta su cosa direbbe Roberto in questi giorni e dopo l’attentato a Sigfrido Ranucci dice parole forti:
”Roberto, 44 anni di servizio pubblico in Rai, e coordinatore di grandi inchieste internazionali, oggi sarebbe sconcertato dalla deriva autoritaria che dilaga nel mondo; ci ricorderebbe che non è casuale il fatto che i primi a essere colpiti e screditati siano proprio i giornalisti. In questo modo è più difficile far arrivare all’opinione pubblica ciò che succede davvero; più facile nascondere le grandi e vere sotterranee manovre anche internazionali, mettere sotto attacco la democrazia, legittimare le guerre, i soprusi e la violenza per la soluzione di ogni conflitto. Il giornalismo la libertà di stampa sono un baluardo di resistenza con la responsabilità di raccontare i luoghi nei quali le luci si stanno spegnendo”.
Roberto Morrione aveva pubblicato in aprile 2010 un articolo con un titolo forte (l’articolo fu quasi subito ritirato e solo dopo parecchio tempo rimesso almeno su Libera Informazione e su Articolo21 dove fu pubblicato in origine).
Il serial killer della memoria e della libera informazione è il titolo. Ripropongo la sintesi di alcuni passi.
Il premier (Silvio Berlusconi) il 16 aprile 2010 va contro le fiction e i libri sulla mafia, accanendosi nei confronti di Roberto Saviano e di Gomorra. … Già nel novembre scorso si era scagliato inaspettatamente contro le storiche serie della Piovra e in generale le fiction televisive sul tema, che a suo dire lederebbero l’immagine del Paese all’estero, arrivando a una sorta di sfogo dell’anima “…strozzerei gli autori della Piovra e chi scrive libri sulla mafia”. La reazione a questa uscita era stata allora vasta, sul piano culturale e della comunicazione oltrechè su quello politico. Michele Placido, che nella Piovra era l’indimenticabile commissario Cattani, gli aveva ironicamente ricordato che le più note e seguite fiction televisive, dal Capo dei Capi alla vicenda di Provenzano, fino alle figure di Falcone e Borsellino, erano state ideate e prodotte da Mediaset… L’offensiva era poi proseguita il 28 gennaio al termine del Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria, quando alle critiche alle fiction sulla mafia aveva aggiunto una valutazione sull’immigrazione clandestina, sostenendo che “una riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali”. Ancora una volta la reazione di sdegno era stata ampia: c’era chi aveva sottolineato come la camorra e la ‘ndrangheta sono così attente a ingrossare le proprie file con gli extra-comunitari da farne strage a Castelvolturno e da espellerli con la forza a Rosarno, dopo averli sfruttati e schiavizzati nei campi… E infine ecco la nuova sortita di pochi giorni fa, nella quale Berlusconi ha affermato che la mafia italiana, pur essendo per potenza solo “la sesta al mondo”, è la più conosciuta, proprio per i film, le fiction e i libri che ne hanno parlato, a partire da Gomorra. … Un’offensiva che è anche un obiettivo freddamente meditato, parte di una strategia volta a distrarre l’opinione pubblica dalla gravità dell’espansione criminale. … …
Una cosa è certa: le ripetute sortite contro una comunicazione antimafia, che ha segnato un positivo salto di qualità nella conoscenza degli italiani di un fenomeno che mina le basi stesse dei diritti e dello sviluppo dell’Italia, richiamano nell’immaginario, ma anche alla ragione, i comportamenti di una sorta di “serial killer”.
Killer della memoria, perché il silenzio sui crimini del passato fa parte di una sotto-cultura mafiosa che ne fa la condizione stessa della propria forza nel presente.
Killer della realtà, perché chiama in causa chi denuncia un problema e non il problema in quanto tale, che passa così in secondo piano, come prendersela al solito con il dito che indica la luna.
Killer della buona informazione, perché si integra ogni volta con capziose e incomplete notizie che nascondono dati decisivi di conoscenza.
Killer della libertà e dell’autonomia creativa di tanti autori, scrittori, giornalisti, registi, attori, che dedicano la loro professionalità e l’impegno civile ai fatti e ai protagonisti della realtà, stabilendo con spettatori e lettori un patto di trasparenza e di lealtà ampiamente ricambiato.
L’insieme di queste “uscite” berlusconiane rappresenta infine non solo un più o meno velato desiderio di una sorta di “minculpop” di impronta fascista, ma per alcuni, come Roberto Saviano o l’autore teatrale Giulio Cavalli, già costretti per la loro denuncia a una vita blindata, ulteriore isolamento e minacce da non sottovalutare”.
Sembra che gli eredi di quegli anni (molti c’erano già), se pur in forme diverse (a volte peggiori), ci sono e continuano quel cammino. Noi, che siamo sempre con Roberto accanto, abbiamo una responsabilità e un compito difficile ma necessario:
far in modo che arrivino presto “la luce e l’onda”. Solo così avremo “Il limite presente”.
(“la luce e l’onda” è il titolo dell’ultimo libro di Massimo Recalcati)