Da Saulo a Paolo
L’intervento del pastore della Cisgiordania Munther Isaac durante il Consiglio Generale della Comunione mondiale di chiese riformate. «La chiesa deve lasciarsi trasformare»
Era molto atteso il suo intervento. Al culto e allo studio biblico del 27° Consiglio Generale della Comunione mondiale di chiese riformate in corso a Chang Mai in Thailandia, ieri lunedì, il pastore Munther Isaac – palestinese, autore e teologo luterano con sede in Cisgiordania – ha esortato i cristiani ad abbracciare la trasformazione modellata sulla conversione dell’apostolo Paolo sulla strada per Damasco.
Predicando da 1 Timoteo 1:12–17, Isaac ha riflettuto sulla gratitudine di Paolo per la misericordia di Dio e su come l’incontro con Gesù cambiò radicalmente la sua vita.
Isaac ha incentrato il suo messaggio su quattro modi in cui Paolo è stato trasformato dopo aver incontrato Cristo.
Una nuova visione di Dio
Il primo cambiamento fu nella comprensione di Dio da parte di Paolo. «Scomparve la visione di Paolo di un Dio tribale, il Dio della violenza. Invece, Paolo incontra un Dio che cerca le persone, non per giudicarle, ma per salvarle».
Una nuova visione di sé
In secondo luogo, la percezione di Paolo di se stesso si è spostata. «Prima di conoscere Cristo, Paolo era molto orgoglioso di se stesso L’incontro di Paolo con Gesù ha fatto a pezzi questa concezione. Definendosi il peggiore dei peccatori, Paolo incarnava una “teologia dell’umiltà”» che Isaac ha detto essere molto necessaria oggi.
Una nuova visione degli altri
La terza trasformazione era nel modo in cui Paolo vedeva gli altri. Prima della sua conversione, Paolo guardava le persone con condiscendenza. Ma, Isaac ha ricordato alla congregazione: «Quando disprezziamo gli altri, ricordiamoci che disprezziamo il Creatore. Dopo Damasco, Paolo vedeva ogni persona come un oggetto dell’amore di Dio. Possa Dio liberarci dal peccato del fanatismo religioso» ha commentato Isaac.
Una nuova visione della religione
Infine, la comprensione stessa della religione di Paolo è cambiata. «Anche il cristianesimo può degenerare in una religione di leggi. Paolo cambia, si posiziona con i perseguitati, non con i persecutori».
Il pastore ha sottolineato la sofferenza globale e regionale – la guerra in Sudan, la persecuzione dei Dalit in India e la devastazione in corso a Gaza – come prova della continua cecità dell’umanità. «I bambini di Gaza vengono bombardati e uccisi. Abbiamo l’apartheid in Palestina – un apartheid sionista – e molti cristiani lo rendono possibile».
La guerra a Gaza, ha detto, ha rivelato una dolorosa verità. «Molti in Occidente, anche in alcune chiese, non guardano a noi palestinesi come uguali. I diritti umani non si applicano a noi».
Ha criticato il silenzio e la complicità tra i cristiani di fronte alla sofferenza. «Ci sono prove schiaccianti che riconoscono ciò che si sta svolgendo come genocidio. Molti nella chiesa hanno scelto il silenzio, o peggio, hanno scelto di difendere il genocidio. Il loro silenzio era troppo forte per essere ignorato».
Isaac ha esortato la chiesa «a essere plasmata dal potere liberatorio del vangelo, non dai politici e dall’ideologia del giorno». Si è lamentato di quanto sia diventato difficile distinguere «la voce della chiesa da quella dei leader politici e dei poteri. La chiesa deve identificarsi ed essere modellata da coloro che vengono emarginati. Solo quando noi stessi siamo trasformati possiamo essere agenti di trasformazioe».
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Chiudendo il suo messaggio, Isaac ha ricordato ai presenti che «Colui che ha trasformato Saulo in Paolo sta ancora trasformando le vite oggi. Abbiamo bisogno di Cristo oggi più che mai – il Cristo che ci incontra sulla strada e affronta la nostra cecità, che trasforma i nostri cuori di pietra in cuori di carne. Come nuove creazioni in Cristo, possiamo testimoniare la speranza in un mondo spezzato e sofferente. Amen».