Sulle orme di Wesley
Un viaggio in Inghilterra organizzato dal Centro «Ecumene» con un gruppo di adolescenti
Perché un viaggio “sulle orme di Wesley”? «Ritornare alle radici del metodismo non è un esercizio di memoria storica fine a sé stesso, ma un modo potente per illuminare il presente. La spinta motivazionale, i luoghi, le modalità, la dedizione, le scelte dei fratelli Wesley ci parlano ancora oggi, offrendo un esempio concreto di fede vissuta, impegnata e profondamente connessa ai bisogni reali delle persone».
Lo racconta Naomi Cino, vicedirettrice del Centro «Ecumene» di Velletri (Rm), curatrice del viaggio che ha coinvolto giovani del Centro e del Regno Unito, intitolato appunto «Following Wesley’s Footsteps», nato da un’idea del pastore Luca Anziani, presidente Opcemi. «Ecumene» ha da sempre stretti rapporti con l’estero, ma è la prima esperienza di questo genere, così come per Naomi, che aveva già partecipato a diversi viaggi di questo tipo negli Stati Uniti con l’Epworth League, è stato il primo organizzato in completa autonomia. «È stata una sfida, ma anche un motivo di grande gratitudine e gioia, e un’opportunità per offrire agli altri qualcosa che io stessa, in circostanze e modalità diverse, ho vissuto e che mi ha aiutata a crescere spiritualmente e nella vita in generale».
Fondamentale, ci racconta, la collaborazione con diverse persone, tra cui il pastore Tim Macquiban, già direttore del Meor (Methodist Ecumenical Office Rome) e pastore della chiesa metodista di Ponte Sant’Angelo a Roma, la pastora Claudia Lupi, della Square Methodist Church di Dunstable, che ha accompagnato il gruppo insieme a quattro giovani della sua comunità, il past. Richard Grocott, che ha servito per vari anni in Italia a Ponte Sant’Angelo e nelle chiese metodiste di Padova e Vicenza. Molti altri hanno contribuito alla buona riuscita del viaggio, le chiese che hanno accolto i ragazzi, le guide nei luoghi di visita, senza dimenticare il Global Relationships – finanziatore insieme all’otto per mille – e il Connexional Team, che rappresentano la realtà internazionale della Chiesa metodista inglese.
Il gruppo era composto da quattro ragazzi e tre ragazze frequentatrici di «Ecumene», oltre a due ragazzi e due ragazze di Dunstable, tra i 17 e i 20 anni, accompagnati da Naomi Cino, dalla pastora Claudia Lupi e dal pastore János Csomós, originario della Chiesa riformata ungherese e attualmente impegnato a Ponte Sant’Angelo insieme alla moglie, la pastora Sarah Mae Gabuyo.
Il viaggio è iniziato a Dunstable, con la conoscenza reciproca tra i ragazzi e l’ospitalità nelle famiglie. Ci si è poi spostati a Oxford, dove con la guida del dr. Macquiban si sono approfondite le origini del protestantesimo e del metodismo in Inghilterra, il dissenso religioso, visitando il Lincoln College, dove John Wesley studiò e fondò insieme al fratello Charles l’Holy Club, e la cappella del college. Quindi la Martyrs’ Memorial Church, con l’impegno attuale della Chiesa metodista a Oxford, e l’Oxford Castle, incontrando gli aspetti più duri della storia carceraria e il ruolo di John Wesley nel portarvi luce e speranza.
Il giorno successivo, a Bristol, la visita al New Room, fondato da John Wesley nel 1739 come luogo di culto, scuola, ospizio e dispensario gratuito, ha fatto scoprire anche aneddoti e leggende legate alla figura di Wesley, così come la visita alla casa di Charles Wesley.
A Londra sono state esplorate la vita e l’eredità di John Wesley attraverso il museo a lui dedicato, Aldersgate Street, la Charterhouse School, partecipando a una suggestiva Choral Evensong presso la Cattedrale di St Paul’s. L’ultimo giorno, il gruppo ha esplorato l’impatto attuale della Chiesa metodista, incontrando rappresentanti della Global Relationships e del Connexional Team, e successivamente, alla Hinde Street Methodist Church, sotto la guida di Richard Grocott e di Peter Cornick, ha confrontato il metodismo inglese e italiano.
Visitare questi luoghi, ricorda Naomi, «significa confrontarsi in modo diretto e interattivo con le origini di un pensiero che univa spiritualità e azione, preghiera e giustizia, e che metteva al centro l’inclusione dei più vulnerabili e l’educazione delle coscienze. In questo senso, il passato diventa una sorgente di ispirazione per il presente, capace di risvegliare nei giovani un senso di responsabilità verso la società, promuovendo l’impegno attivo, l’inclusione e la partecipazione alla costruzione di comunità più giuste, solidali e aperte».
Ogni sera, dopo cena, il gruppo rifletteva sulla giornata condividendo emozioni e sensazioni, e, ricorda Naomi, «è stato straordinario osservare come i giovani si siano relazionati con naturalezza, nonostante le differenze culturali e le difficoltà comunicative, costruendo legami autentici in tempi brevissimi. L’esperienza diretta nei luoghi del metodismo ha stimolato la curiosità, la partecipazione e l’interesse, trasformando ogni incontro in un’opportunità di crescita».
E conclude: «A volte è necessario fare un tuffo nel passato, raccogliere e rispolverare i frammenti sparsi o nascosti sotto la polvere, per riprendere un cammino già tracciato. Un percorso che, come i cerchi prodotti da un sassolino gettato in uno specchio d’acqua, può estendersi e moltiplicarsi attraverso l’impatto delle nostre storie uniche e irripetibili. Solo una Chiesa in grado di riconoscere, valorizzare e coltivare i doni singolari di ogni persona e di ogni giovane potrà continuare a portare speranza, amore e trasformazione nel mondo».
Ecco le testimonianze di alcuni partecipanti
«Penso che la parte migliore della settimana sia stata imparare la storia e le origini della chiesa metodista ripercorrendo la vita dei fratelli Wesley. Credo che farlo circondato da amici abbia reso l’esperienza unica e sono felice di non essermi persa nulla.
Ho imparato che, anche se ci sono delle difficoltà di comunicazione, la cosa più importante è cercare di divertirsi, e in effetti ci siamo divertiti tanto!
Ho scoperto che c’erano molte cose che in realtà non sapevo sulla chiesa metodista e che ci sono molte possibilità legate a questa chiesa per quanto riguarda viaggi, volontariato e aiuto alla comunità.
Sono rimasta sorpresa nello scoprire il tipo di vita che le persone di quel tempo conducevano e come la religione fosse una delle poche cose che aiutavano a vivere una vita relativamente pacifica.
Penso che le tre parole migliori per riassumere questa settimana siano: divertente, culturale e interessante».
Claudia Trotta (Centro Ecumene)
«Ciò che ho imparato viaggiando con un gruppo interculturale è che ciascuna persona ha uno stile di vita diverso, un modo di pensare e un insieme di valori che possono somigliare o essere completamente differenti dai miei. Ed è proprio questo che rende ogni persona unica. Ho compreso quanto sia importante rispettare gli altri per ciò che sono, e sentirmi rispettata a mia volta. Questa esperienza mi ha arricchito profondamente, sia a livello personale che emotivo. Sono davvero felice di aver avuto l’opportunità di farne parte, e grata di aver incontrato tante persone diverse che, con la loro presenza, hanno reso questo viaggio ancora più speciale e indimenticabile».
Giulia Paris (Centro Ecumene)
«Essere stati capaci di visitare vari musei e imparare molto di più su John e Charles Wesley ha aperto un aspetto del metodismo che non sapevo di aver bisogno di conoscere. La passione che questi uomini avevano è ammirevole e divina.
Ho imparato molto sugli italiani e su quanto sia difficile tradurre, anche se sono bilingue. Naomi ha svolto un lavoro (di traduzione) che io non sarei mai stata in grado di fare; ne sono molto orgogliosa.
La cosa più sorprendente è stata la visita al carcere: il fatto che sia stato chiuso solo 30 anni fa e che le condizioni siano state disumane e inaccettabili. Tutte quelle povere persone che commettevano piccoli reati, costrette a sopravvivere in un duplicato dell’inferno, mi hanno fatto provare pietà, dolore e tristezza per loro. Possano riposare in pace.
Questa settimana è stata ricca di conoscenze, entusiasmante e accogliente!».
Isabelle Ricco (The Square Methodist Church)
«La parte migliore è stata visitare Oxford. Scoprire le radici del movimento wesleyano e l’Holy Club è stato un momento clou, che ha reso viva la storia del metodismo. Ho imparato che la fede condivisa è un ponte che supera le differenze culturali. Ho compreso la missione comune del metodismo: predicare la parola e aiutare gli altri nella mia vita. Ciò che mi ha sorpreso è stata la rapidità con cui si sono formate amicizie: non mi aspettavo di legare così facilmente con persone di un altro paese in così poco tempo. Questa settimana è stata: ispiratrice, gioiosa e divertente!»
Anosike David Ofoma (The Square Methodist Church)
«Non c’è stato un momento migliore di un altro: sono stati giorni meravigliosi pieni di curiosità. Abbiamo scoperto la storia del metodismo, che è anche la nostra storia.Abbiamo esplorato nuovi luoghi fino a quel momento a noi sconosciuti. La cosa più bella, però, è che durante tutto ciò ci siamo conosciuti meglio e, soprattutto, ci siamo divertiti. Quindi sì: i momenti migliori sono stati proprio tutti questi giorni».
Francesca Di Marco (Centro Ecumene)
«Il momento più speciale è stato quando abbiamo mangiato insieme e condiviso un momento di unità e spiritualità. A mio avviso, questi momenti ci hanno legati perché ci siamo divertiti facendo battute e ridendo insieme. Inoltre, in quei momenti c’era anche spazio per la preghiera, cosa che ci ha fatto sentire un senso ancora più forte di appartenenza alla Chiesa metodista.
Ciò che mi ha sorpreso di più questa settimana è stato il modo in cui un gruppo può diventare così unito in così poco tempo. Penso che questi momenti saranno indimenticabili».
Massimo Toscano (Centro Ecumene)
«Penso che la parte migliore della settimana sia stata scoprire la storia e le origini della Chiesa metodista ripercorrendo le vite dei fratelli Wesley. E farlo circondato da amici ha reso l’esperienza unica.
Ho imparato molto, soprattutto sulla storia del metodismo, grazie ai racconti sui fratelli Wesley. Pur avendo incontrato qualche difficoltà di comunicazione, l’aspetto più importante è che ci siamo divertiti tutti insieme.
Quello che mi ha sorpreso di più è stato il carcere. Il fatto che sia stato chiuso solo 30 anni fa e che le condizioni fossero inumane e inaccettabili, mi fa riflettere su com’era l’umanità in quel periodo. In particolare pensando ai ragazzi e alle ragazze che venivano puniti e rinchiusi per bagatelle.
Sono rimasto stupito nel conoscere il tipo di vita che le persone conducevano a quel tempo e come la religione fosse una delle poche cose che li aiutava a vivere.
Tre aggettivi per definire questa esperienza? Fantastico, istruttivo, conviviale».
Martin Kirov (Centro Ecumene)
«Il momento migliore della settimana è stato a Oxford, dove è iniziato il viaggio, ci siamo divertiti e abbiamo imparato cose interessanti.
Viaggiando con un gruppo multiculturale, ho imparato a socializzare parlando un’altra lingua; questa non è stata solo un’opportunità per migliorare il mio inglese, ma anche per confrontarsi con usi e modalità comunicative diverse.
Facendo parte di una Chiesa metodista globale, ho compreso le differenze tra la Chiesa italiana e quella inglese, che sono molto diverse».
Luca Toscano (Centro Ecumene)
Sono rimasta profondamente scossa dal modo in cui venivano trattati i prigionieri e dall’attenzione di Wesley, che entrava in quella oscurità rischiando non solo malattie, ma anche la depressione.
Mi ha ispirato il suo amore per le persone e per Dio, un amore che superava ogni fragilità e paura.
Ho imparato che non ci sono barriere quando Dio è in mezzo a noi.
La connessione è un dono… ogni diversità è una ricchezza per la Chiesa. Possiamo condividere risorse, idee e diventare più forti nella nostra testimonianza di fede nel mondo.
Sono rimasta sorpresa dal coinvolgimento dei giovani e dal loro interesse nell’apprendere gli aspetti teologici e storici del metodismo!
Tre parole per descrivere questa settimana: ispirante, stimolante, divertente.
Pastora Claudia Lupi (The Square Methodist Church)