Il nostro culto spirituale
La Riforma del XVI secolo ha voluto affermare che la fede non è una questione di chiesa, ma qualcosa che va vissuta nella dimensione secolare della vita. La rubrica di Radio 1 Rai del pastore Luca Baratto
Così scrive un ascoltatore di Roma: «Per andare al lavoro passo spesso davanti a una chiesa protestante che però solo raramente ho visto aperta. Ogni volta che ho provato a fermarmi per visitarla ho trovato le sue porte chiuse. Le chiese cattoliche sono invece aperte tutti i giorni, secondo orari stabiliti. Perché questa differenza?».
Caro ascoltatore, ha ragione. Molto spesso le porte delle chiese evangeliche sono chiuse. Questo per ragioni pratiche, ma anche e soprattutto per ragioni teoriche che ora provo a spiegare. Le chiese evangeliche, infatti, sono aperte soltanto quando vi si svolge una cerimonia o un incontro: in occasione dei culti, degli studi biblici, delle riunioni del coro, di matrimoni o funerali.
Le ragioni di questa particolarità sono essenzialmente due.
La prima è che i templi protestanti non sono luoghi sacri quanto piuttosto luoghi di riunione e di incontro nei quali la chiesa – che non è la somma delle quattro mura di un edificio, ma l’insieme della comunità dei credenti – si ritrova insieme, chiamata dal Signore, attorno alla Parola di Dio. Sentendo il bisogno di pregare, a un evangelico difficilmente verrebbe in mente di recarsi in chiesa perché essa non è un luogo fatto per sedersi in solitudine, ma pensato per l’incontro di fratelli e sorelle in Cristo. Per parlare con Dio qualsiasi altro luogo è adatto: la propria camera, l’angolo di una strada, una panchina sulla via o in un parco pubblico – Dio è lì ad ascoltarti.
La seconda ragione, quella più importante, è che nella coscienza protestante ogni credente offre a Dio il proprio culto non tanto recandosi in chiesa ogni giorno bensì nella sua vita quotidiana. È nelle questioni di ogni giorno, in famiglia, al lavoro, nella società che il credente vive la sua vocazione e risponde all’esortazione dell’apostolo Paolo a presentare «i nostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; il che è il vostro culto spirituale».
La Riforma del XVI secolo ha voluto affermare che la fede non è una questione di chiesa, ma qualcosa che va vissuta nella dimensione secolare della vita: nel matrimonio e nella famiglia piuttosto che nel celibato e nella comunità monastica; nell’uguaglianza di tutti i fedeli e non nella loro divisione in chierici e laici; nel vivere il lavoro come l’ambito della propria vocazione cristiana. È anche e soprattutto così che rendiamo il nostro culto spirituale a Dio.
La rubrica «Parliamone insieme» a cura di Luca Baratto è andata in onda domenica 13 luglio durante il «Culto evangelico», trasmissione (e rubrica del Giornale Radio) di Rai Radio1 a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Per il podcast e il riascolto online ci si può collegare al sito www.raiplayradio.it