La risposta dei battisti alla guerra in Ucraina

Il pastore Igor Bandura, vicepresidente dell’Unione panucraina dei cristiani evangelici-battisti, ripercorre in una conversazione i tre anni di conflitto e il ruolo delle chiese battiste 

 

Una conversazione ampia quella che un’anziana della chiesa battista ad Irpin (città nell’Ucraina settentrionale, ndr.) intrattiene con il past. Igor Bandura, vicepresidente dell’Unione panucraina dei cristiani evangelici-battisti, sul conflitto in Ucraina ormai giunto al suo terzo anno. Il resoconto del dialogo è pubblicato sul sito dell’Unione battista della Gran Bretagna (baptist.org.uk). 

 

Vivere in un paese sotto attacco è “brutale”, spiega Bandura. Morte e distruzione perseguitano il paese. Ogni due o tre giorni qualcosa viene colpito da un drone o da un missile e c’è stata una “sofferenza indicibile”.

Gli ucraini vivono sotto “minaccia costante”, senza un posto in cui ci si possa sentire al sicuro. Le sirene antiaeree sono una realtà quotidiana e dirompente: quando ne suona una, tutto deve fermarsi. Bandura dice «potresti stare in un rifugio per mezz’ora o fino a otto ore». Ciò ha avuto enormi ricadute su tutti gli aspetti della vita, non ultimo l’istruzione. «Scuole, college, università: è una situazione terribile».

 

La guerra ha effetti sulla vita di tutti: i figli del pastore Bandura sono ora in età di leva, e c’è la possibilità molto concreta che siano chiamati al fronte. «Ci penso costantemente», racconta. «Se vanno, potrei non rivederli mai più». La loro casa è a Irpin, al centro di un assedio devastante nelle prime fasi della guerra: è sopravvissuta, ma non senza molti danni dovuti al fuoco incrociato.

Più di 12 milioni di persone hanno perso la casa e sono diventati sfollati interni (IDP). Più di 8 milioni di famiglie sono state separate per oltre 1.000 giorni. «Se chiediamo quante persone sono traumatizzate dalla guerra» continua Igor, «allora la risposta è: tutti».

 

La risposta della chiesa

Sebbene i battisti fossero scioccati dall’inizio dell’invasione e dalla sua portata («fino all’ultimo giorno abbiamo sperato che in qualche modo saremmo stati protetti”, dice Bandura), erano ben preparati. «Un mese prima della guerra, abbiamo elaborato un piano: come collegare le chiese a est con quelle a ovest, così chi fuggiva sapeva dove andare»

I battisti hanno iniziato subito a lavorare in termini di sforzi di soccorso, e questo è continuato nei tre anni successivi. Molte chiese sono diventate centri comunitari e coordinano le attività per soddisfare i bisogni primari delle persone. Bandura spiega che sono coinvolti nella distribuzione di cibo e denaro, cucine mobili, fornitura di carburante e progetti di guarigione dai traumi. Mentre ci sono solo 13 cappellani ufficiali dell’esercito, circa 400 pastori battisti agiscono ufficiosamente come cappellani, visitando i centri di “stabilizzazione” (dove vanno i soldati feriti) e facendo il possibile per supportare le persone accolte.

 

Bandura ricorda che centinaia di edifici ecclesiastici sono stati distrutti. Mentre alcuni sono stati colpiti indiscriminatamente, altri sono stati presi di mira deliberatamente nel tentativo di cancellare l’identità ucraina. Le chiese nelle regioni orientali occupate possono esistere, a condizione che cooperino con lo stato russo e il culto sia conforme alla Chiesa ortodossa russa allineata allo stato.

Molte chiese hanno chiuso perché i pastori e i credenti sono sfuggiti ai combattimenti e alle persecuzioni. Alcuni hanno fondato nuove chiese nei luoghi in cui sono fuggiti: 50 nuove chiese sono nate nei primi due anni di guerra, mentre altre 25 sono in fase di formazione. Il continuo sostegno finanziario dei pastori, pari a 100$ al mese, è un aspetto fondamentale della risposta dell’Unione battista in Ucraina.

 

«I pastori sono fondamentali per organizzare e guidare la chiesa», continua Bandura. «Alcuni hanno lasciato tutto e hanno perso non solo il lavoro, ma anche la casa. Quindi volevamo fare il possibile per tenerli nel ministero e nelle chiese».

Nonostante tutti i problemi che hanno dovuto affrontare, le chiese battiste hanno fatto una differenza tangibile; dal 2022 i battesimi sono passati dai 2700 a circa 4000. «Sono orgoglioso della loro perseveranza e del loro fedele ministero», ha commentato Bandura.

 

Proprio “il loro fedele ministero” è la chiave per comprendere la risposta dei battisti ucraini alla guerra. Bandura sottolinea che i battisti non sono solo un popolo che ha dato una risposta sul piano pratico, ma anche un popolo di preghiera. Durante la sofferenza della guerra sono rimasti concentrati sul Vangelo. «È la nostra forza immutabile e una fonte di ispirazione e comprensione».

Dunque, accanto al sostegno pratico, c’è tutto il supporto emotivo e spirituale attraverso le comunità cristiane che si sostengono a vicenda, lo studio della Bibbia e la preghiera. 

 

Alle persone che cercano speranza e risposte alle domande più difficili della vita «non possiamo dare notizie positive, ma possiamo parlare di Dio e di speranza», afferma Bandura. «Ho sentito di avere un solo obbligo ogni volta che predico, ed è quello di condividere la speranza. Non è che siamo speciali, ma siamo un popolo di speranza. Abbiamo svolto il ministero nella nostra comunità durante la guerra, ed è per questo che le chiese sono diventate davvero luoghi dell’amore di Dio».

«La domanda che spesso ci poniamo è: dov’è Cristo in mezzo al mondo? E la risposta è… nelle trincee, negli ospedali… e nelle nostre chiese».

 

Obiettori di coscienza in Ucraina

A fine gennaio il pastore Bandura ha visitato l’Inghilterra come parte di una delegazione di leader religiosi che mirava a richiamare l’attenzione sia sulla persecuzione religiosa nei territori occupati, sia sulla difficile situazione degli obiettori di coscienza in Ucraina. 

Prima dell’invasione su vasta scala, c’erano opzioni di servizio alternative per gli obiettori di coscienza, con una durata doppia del servizio. Potevano scegliere di lavorare in un ospedale o di fare gli autisti, ad esempio. Per ogni soldato in prima linea, ci sono otto persone in ruoli di supporto non combattenti. Tuttavia, con il paese in guerra, questa opzione non è più possibile. 

 

I battisti ucraini hanno discusso la questione dell’obiezione di coscienza al servizio militare in una conferenza nel lontano 2014 e hanno votato all’unanimità per consentire la libertà di scelta individuale. I battisti ucraini, quindi, non incoraggiano il rifiuto del servizio militare: se le persone scelgono di andare, lo fanno sapendo di essere amate e sostenute nella preghiera dalla loro comunità battista, ma anche coloro che preferiscono scegliere ruoli non combattenti, si aspettano che la loro famiglia battista stia al loro fianco sostenendo il loro diritto a farlo.

 

Una pace giusta

A dicembre, il Consiglio ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose ha condiviso con una consultazione europea approfondimenti su come le chiese ucraine percepiscono il concetto di pace giusta. La conferenza di tre giorni è stata guidata dalle parole del profeta Amos: «Scorra piuttosto il diritto come acqua e la giustizia come un torrente perenne!» (cap. 5, 24).

Il rev. Anatolyi Raychynets, vicepresidente del Consiglio ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose e vicesegretario generale della Società biblica ucraina, riferendosi all’occupazione russa dei territori dell’Ucraina, ha dichiarato: «Edifici ecclesiastici presi per le esigenze dell’esercito russo, divieto di tenere culti religiosi, clero ucciso, torture», ha detto. «Pertanto, noi, come ministri della chiesa, chiediamo qualcosa che non è tipico dei pastori: chiediamo di aiutare l’Ucraina con armi e tutto il necessario affinché le forze di difesa dell’Ucraina possano proteggere la vita dei bambini, delle donne e di tutte le persone, perché sono venuti per ucciderci». «La pace giusta – ha concluso – è «quando il male viene punito e la giustizia viene ristabilita».