10 anni fa l’attentato a Charlie Hebdo
Le conseguenze nella vita delle chiese e dei cittadini dopo le stragi del 2015. Il ricordo del pastore Clavairoly
L’11 gennaio 2015, in molte città della Francia, enormi folle sono scese in piazza per rendere omaggio alla redazione di Charlie Hebdo, decimata pochi giorni prima , era il 7 gennaio, da due terroristi che volevano vendicare il profeta della loro religione, oggetto di scherno delle vignette e degli articoli del settimanale satirico. Uno shock cui ne seguiranno altri (Bataclan, Nizza fra tutti), un punto di rottura che ha portato la politica a mettere in atto una svolta securitaria che ha riguardato anche le chiese. Un giro di vite sui controlli della provenienza dei finanziamenti e anche sul messaggio che i vari leader possono enunciare. Un tentativo di controllare le parole degli imam radicalizzati che complica però la vita di molte realtà.
La dichiarazione dello stato di emergenza nel novembre 2015, dopo gli attentati di Parigi, ha portato invece a una stretta enorme dei controlli del flusso di persone che desiderano entrare in Francia. Le prime vittime sono state le persone più fragili, i migranti che hanno visto ridursi al lumicino la possibilità di costruirsi un futuro nella nazione dove spesso vivono loro parenti e amici.
Il diritto francese si è arricchito di meccanismi che consentono di bloccare la diffusione di ideologie odiose: sorveglianza attiva degli scambi online, possibilità di ordinare la rimozione di determinati contenuti, chiusura temporanea di un luogo di culto a causa di commenti ivi fatti, scioglimento di un’associazione per sanzionare le idee o le teorie che propaga. La Francia, come tutte le altre democrazie che si confrontano con il terrorismo islamico, è gradualmente passata dalla lotta alla propaganda terroristica all’individuazione dei segnali di “radicalizzazione”, non senza danni collaterali alle libertà individuali e collettive.
Le autorità pubbliche, invece, stanno sviluppando un vigoroso contro-discorso, soprattutto nel contesto dell’istruzione nazionale, per difendere la libertà di stampa e il diritto alla satira affinché il massacro del 7 gennaio, e poi l’assassinio di Samuel Paty, siano compresi per quello che sono: attacchi a ciò che vogliamo essere collettivamente.
Il pastore François Clavairoly era presidente della Federazione protestante di Francia in quegli anni, ed ha affidto al sito del quotidiano Réforme un ricordo di quei momenti: «La mattina del 7 gennaio 2015, noi responsabili del culto eravamo all’Eliseo, ricevuti dal presidente Hollande per la cerimonia degli auguri di inizio anno. All’improvviso, gli sms annunciano l’attacco a Charlie Hebdo: in un attimo, il tempo degli auguri diventa quello della mobilitazione.
Un primo discorso pubblico nel cortile d’onore, poi un comunicato stampa, e poi, tante iniziative, tanti eventi in tutto il Paese, che tutti ricordano. Dieci anni dopo questo periodo di paura, si sono verificati molti altri attacchi e tanti altri motivi per avere paura. Tuttavia, di fronte alla paura, abbiamo bisogno più che mai di ragione per comprendere e agire, e di fiducia per sperare in ciò che deve accadere. Abbiamo bisogno della ragione, abbiamo cioè bisogno che la politica resti unita proprio nel momento in cui sembra così lacerata.
E abbiamo bisogno di fiducia, proprio nel momento in cui la fede talvolta si riduce alla triste arte di voler bene a se stessi. Ragione e fede, queste due sorelle gemelle che litigano spesso e alle quali ci piace tanto opporci in Francia, sono tuttavia i veri rimedi contro la paura, e il racconto dell’Epifania riflette proprio questo. L’epifania è la manifestazione, l’espressione pubblica dove ratio e fides si coniugano, senza confondersi. Il crudele re Erode, nonostante il terrore su cui vuole regnare, e tutti i suoi successori, non avranno mai l’ultima parola».
Alcuni articoli sulla vicenda e sugli sviluppi legislativi in Francia:
https://archivio.riforma.it/it/articolo/2015/01/08/lettera-un-amico-islamico
https://archivio.riforma.it/it/articolo/2015/01/12/innanzitutto-cittadini