Il corpo: linguaggio e primo spazio in cui mettere in campo la propria libertà

 

 

Spogliarsi come estremo atto di protesta è quello che ha fatto nelle scorse settimane la giovane iraniana, Mahla Daryaei, che per la sua azione è stata arrestata e portata in un ospedale psichiatrico.

In Iran per le donne è proibito, oltre che scoprirsi il capo, anche cantare, danzare, suonare. Non a caso l’inno delle proteste, scritto nel 2022 in onore di Mahsa Amini, dice «Barāye tūye kūche raqsidan» (Perché tu possa ballare per strada).

 

Se allora il corpo è il primo spazio dove la nostra libertà è percepita e agita, ogni ribellione vi deve passare attraverso. Un regime che nasconde, costringe, mutila, sottomette i corpi per controllarli, in particolare quelli delle donne, va contrastato e smascherato, ecco quello che ci hanno voluto trasmettere le donne iraniane del movimento di protesta “donna, vita e libertà”.

È nel corpo e attraverso il corpo che si giocano le nostre relazioni, siano esse positive o no, lo sappiamo bene. Ma vi è modo e modo di vivere e raccontare i corpi, in particolare quello delle donne che da una parte viene costretto e nascosto, mentre dall’altra viene commercialmente sovraesposto e mercificato. Il corpo delle donne, ci dice chi affronta il sessismo linguistico, è descritto con mille linguaggi che contribuiscono a sostenere e codificare stereotipi, disparità, discriminazioni, financo violenza.

 

Il Quaderno della Federazione Donne evangeliche in Italia dei “16 giorni per vincere la violenza” sulle donne, Il corpo è linguaggio – proponendo in qualche modo un percorso al contrario rispetto al Cristo giovanneo del Logos che si fa carne – vuole entrare in questo intreccio per cui il corpo, specificatamente quello femminile, diventa linguaggio, ma troppo spesso diventa preda di un linguaggio figlio di una mentalità maschilista e patriarcale. Ecco che allora è sembrato necessario, al Comitato Nazionale Fdei e a chi ha collaborato alla costruzione del Quaderno 2024, smascherarne le ambiguità e i pregiudizi di fondo per offrire uno sguardo altro, per aprire squarci di riflessione critica e per proporre orizzonti di solidarietà improntati a una visione di fede in cui il corpo è presenza abitata dallo Spirito di Dio, Spirito di amore e di liberazione.

 

Commenti, versetti biblici e brevi meditazioni, preghiere e domande per discutere, suggerimenti di libri e film per approfondire, sono ancora una volta gli strumenti che insieme alla nuova curatrice del Quaderno, Elena Ribet, ci si è dati per condurre le singole e i singoli, i gruppi, le chiese locali in un percorso di riflessione e azione che ci si augura non si fermi al 10 dicembre ma prosegua con forza, anche nei nostri ambiti istituzionali. Al Quaderno si aggiunge il “dossier del 25 novembre” con cui il Cn/Fdei vuole sostenere le chiese nell’azione di sensibilizzazione attraverso materiali liturgici, poesie e un power point con immagini sul tema. Ogni occasione di incontro e attività può contribuire a coinvolgere tutti e tutte verso questo obiettivo.

 

Nota a margine: l’azione spregiudicata e forte di Mahla Daryaei contro il suo governo ha riportato alle nostre menti la lotta di tante donne e uomini. Vari governi hanno espresso solidarietà con la giovane arrestata per la sua protesta, reiterando il biasimo verso il regime degli ayatollah che avevano suscitato le crudeli repressioni, gli arresti e le esecuzioni di attivisti e attiviste iraniane gli scorsi anni.

 

Mi pongo allora la domanda come sia possibile arrestare con l’accusa di essere scafiste due giovani fuggite dall’Iran per il loro impegno politico e per scampare a un compagno violento? Come è possibile che Maysoon Majidi e Marjan Jamali, fuggite per non rischiare la prigione, si trovino in Italia a subire per mesi la detenzione senza prove solide per il reato di cui sono accusate? A loro tutta la solidarietà del Cn/Fdei.

 

 

La pastora Mirella Manocchio è presidente della Federazione Donne evangeliche in Italia