Stare saldi a Cristo

Un giorno una parola – commento a II Tessalonicesi 2, 15

Le tue mani mi hanno fatto e formato; dammi intelligenza e imparerò i tuoi comandamenti
Salmo 119, 73

Paolo scrive: «Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiamo trasmessi sia con la parola, sia con una nostra lettera»

II Tessalonicesi 2, 15

Le comunità cristiane non sono comunità fluide. Anzi, non lo devo proprio essere. L’ apostolo Paolo rivolge due esortazioni fondamentali: stare saldi e fare tesoro degli insegnamenti. Nelle nostre società europee occidentali, l’ansia collettiva è sintomo di disorientamento, incertezza perenne, di conseguenza spinge alla ricerca di beni-rifugio che a volte transitano anche attraverso religioni-fai-da-te. L’instabilità non è soltanto geo-politica, ma esistenziale. Lo ‘stare saldi’ sulla parola del Signore appare in controtendenza con quella ‘modernità liquida’ teorizzata da Zygmunt Bauman in cui l’individuo in balia degli eventi, del caso, mette in atto soluzioni pragmatiche, provvisorie, utilitaristiche… di corto respiro. Mai oltre un orizzonte contingente, meno che mai escatologico. Stare, dunque, saldi a che cosa, noi cristiani? Semplicemente a Cristo. Certamente un Cristo da togliere dalla naftalina, da non trasformare in un idolo sotto teca, liberandolo da un dogmatismo che per troppi secoli lo ha sclerotizzato. Un Cristo, a volte, da liberare da certo cristianesimo che se ne appropria. Stare saldi significa lasciarlo libero. E fare tesoro degli insegnamenti significa non disperdere, non negare il valore di secoli e secoli vissuti da uomini e donne che hanno fatto del Vangelo il cuore della loro presenza, fede vissuta. Le comunità cristiane, le chiese, hanno il compito oggi di ridare senso alla storia come cammino, di contrastare il sentimento diffuso della sua inconsistenza, del suo disvalore. Ponendoci anche in questo senso comunità alternative. Amen.