Guardare fuori e dentro le chiese

Intervista al nuovo presidente Ucebi: le chiese battiste tra sfide sociali, ministeri plurali e impegno per la pace

 

Il pastore Alessandro Spanu è il nuovo presidente dell’Ucebi,l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, eletto nel corso dell’Assemblea Generale. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

 

La recente Assemblea ha toccato temi di rilevanza nazionale e internazionale. Quali sono state, a suo parere, le conclusioni più significative, e come influenzeranno il cammino futuro delle chiese battiste?

«Il motto della 47a Assemblea è stato “guardate alla vostra vocazione” (I Corinzi 1, 26). L’assemblea ha saputo guardare fuori dalle Chiese e dentro di esse. Guardando fuori dalle chiese, l’Assemblea ha votato due mozioni di ampio respiro sulla pace e conto il nazionalismo religioso; guardando dentro le chiese, l’Assemblea ha dato mandato al Comitato Esecutivo di ampliare la riflessione e la sperimentazione sui nuovi ministeri ma ha anche auspicato che il Comitato Esecutivo, in collaborazione con la Tavola Valdese, aiuti tutte le chiese ad avere una provvista pastorale.

Nei prossimi anni, le chiese battiste – come molte altre chiese cristiane – saranno impegnate a ripensare la propria vita, le proprie attività, i culti, linguaggi e i ministeri per aggregare persone nuove e giovani e questo in un contesto molto complesso».

 

Qual è la sua visione per il ruolo delle chiese battiste in Italia nei prossimi anni? Come pensa che si debbano adattare ai cambiamenti sociali e culturali delle nostre società?

«Penso che le chiese battiste e l’Ucebi debbano accogliere il compito di essere un luogo dove persone che hanno provenienze e storie diverse si incontrino e condividano insieme il discepolato cristiano anche se questo richiede pazienza, capacità di ascolto e mitezza. Non ritengo che le chiese battiste debbano adattarsi ai cambiamenti sociali e culturali, piuttosto che si lascino trasformare dall’opera dello Spirito Santo affinché, insieme, capiamo in che modo predichiamo oggi la buona notizia di Dio che è Gesù Cristo. Credo che il cambiamento più preoccupante sia l’affermarsi della guerra come strumento ordinario nel rapporto tra gli Stati. E questo ricade sulla società nei termini di una violenza sempre più diffusa e pervasiva contro la quale le chiese battiste, insieme alle altre chiese cristiane, dovranno prendere posizione e opporsi».

 

Durante l’Assemblea è emersa una forte enfasi sul tema della pace, con una tavola rotonda dedicata. Quali sono le priorità che, come Presidente, intende portare avanti per promuovere una cultura della pace all’interno delle chiese battiste e come messaggio alla società italiana?

«Innanzitutto, proseguendo il dialogo interreligioso. È urgente che le chiese battiste comprendano il proprio compito in un contesto nel quale, oltre al confronto con le altre chiese cristiane, vi sia quello con le altre religioni: ebraismo, islam, buddismo. Questo già avviene in pratica per quelle comunità che, nei contesti urbani, vivono un rapporto di prossimità, ad esempio, con le famiglie nordafricane e musulmane. È necessario passare da un rapporto di buon vicinato a uno di conoscenza anche dei rispettivi principi di fede e teologie, così come ci ha invitato a fare il dott. Hamid Zariate. Inoltre, come è stato detto, dallo storico Gadi Luzzatto Voghera, è urgente riconoscere, nei conflitti in atto, la sofferenza dell’altro: sono convinto che la pace si costruisca su rapporti giusti e un’amicizia compassionevole».

 

Pluralità dei ministeri, è stato un tema molto dibattuto quello del tentativo di valorizzare e promuovere le diverse vocazioni presenti nelle comunità locali. È questa la strada?

«Sì, investendo su formazione, responsabilità e servizio per le chiese locali. Siamo chiamati a uno sforzo di creatività, ad immaginare che le chiese non abbiamo bisogno solo di pastore e di pastori, ma anche di altri servizi. Tuttavia, ogni ministero deve rendere conto alla chiesa locale, deve accogliere la valutazione della chiesa e riconoscere che può esercitare il proprio servizio in una certa chiesa solo per un numero di anni limitato. La mia speranza è che le chiese sappiano dotarsi dei ministri e delle ministre di cui hanno bisogno per la propria missione, saperli sostenere nella preghiera e con le proprie risorse, anche monetarie».

 

Lei arriva da una famiglia radicata nel mondo battista. Suo padre è stato presidente, votato esattamente 40 anni fa alla guida dell’Ucebi. Un pensiero personale e poi per ultimo, come ha visto cambiare l’Ucebi in questi 40 anni?

«Sono profondamente grato a mio padre perché mi ha insegnato ad amare le Chiese battiste, a pensare con la mia testa e in modo laterale: non accontentandomi della risposta più semplice; soprattutto mi ha mostrato che non devo sottrarmi alle sfide e ai momenti difficili. Ma dice bene, tutta la mia famiglia è battista: lo è anche mia madre che porta con sé il retaggio e la fede dei battisti inglesi.

Tre sono i cambiamenti più grandi avvenuti in questi quarant’anni: il contributo delle sorelle nel ministero pastorale e nella vita della chiesa, soprattutto a livello teologico, la presenza delle persone migranti nelle chiese e nell’Ucebi, e la valorizzazione della musica e del canto come modo caratteristico delle chiese battiste di esprimere la propria fede».

 

 

 

Foto di Martina CAroli