850 anni dopo: che cosa significa essere valdesi oggi?

Voci e testimonianze raccolte dall’agenzia stampa Nev con Riforma-L’Eco delle valli valdesi e Radio Beckwith evangelica

 

 

850 anni fa la conversione di un ricco mercante, Valdo di Lione, dava origine a un susseguirsi di movimenti e di storie che oggi trovano il loro posto nella Storia. Per questo anniversario sono state organizzate numerose iniziative, celebrazioni, pubblicazioni…; in primavera, la “redazione allargata” composta da Agenzia Nev, Radio Beckwith evangelica e Riforma – L’Eco delle valli valdesi ha deciso di focalizzare la sua attenzione sul presente.

 

Così, ha lanciato un progetto comune per raccogliere e registrare voci e testimonianze di uomini e donne che rispondessero alla domanda: che cosa significa essere valdesi, oggi?

 

Lo speciale è stato inaugurato con la voce del teologo e pastore Paolo Ricca, recentemente scomparso. Vogliamo dedicare proprio a lui questo affresco, nella convinzione che rintracciare le identità individuali possa dare un senso maggiore e profondo anche alle identità collettive.

Troverete, fra le righe, la forza e la fragilità, un certo “orgoglio”, la sobrietà, la visione, la frustrazione e il coraggio dell’essere minoranza, pillole di saggezza e di felicità, intenti e desideri, idee per un presente e un futuro migliori.

 

Di seguito le sintesi delle testimonianze che potete trovare integralmente sul sito dell’agenzia Nev.

 

Paolo Ricca

Anzitutto vuol dire appartenere a una storia. Se non ci fosse quella storia non lo potrei dire. Il fatto che i valdesi esistano ancora è un miracolo assoluto, per tante ragioni, non solo politiche. In secondo luogo, essere valdese per me significa cercare di diventare cristiano, perché il movimento valdese nasce da una conversione, che comporta il mettersi in cammino.Il terzo significato è che in questo cammino c’è stata una scelta irrevocabile, che è la scelta della Riforma. Per me essere valdese significa essere protestante. In un orizzonte ecumenico, ma protestante. Essere valdesi non è qualche cosa di chiuso; è qualche cosa di aperto.

 

Gianluca Fiusco

Significa liberarsi innanzitutto dalla necessità di essere valdese. Nel senso che scegliere di dirsi cristiani in Italia, dalla prospettiva di chi è valdese, significa innanzitutto provare, fortissimamente, ad esserlo. Fuori dalle Chiese, quindi nello spazio pubblico, nella società. Ma, devo dire, ultimamente anche nella Chiesa.
Essere protestante significa per me prendere quindi sul serio il cristianesimo. E prenderlo sul serio oggi: nelle scelte quotidiane. Piccole o grandi che siano. Ovvero testimoniare con la condotta quotidiana, le relazioni con gli altri, le altre, che dirsi cristiani non significa adattarsi al peggio, essere intolleranti, discriminare le persone per i loro amori o per le loro condizioni sociali.

 

Gabriella Sconosciuto

Sono diventata valdese solo dal 5 giugno 2021, giornata della memoria a Guardia Piemontese che ricorda l’eccidio dei nostri Fratelli e Sorelle e la scomparsa della fede valdese a causa di una persecuzione disumana. Ho scelto e mi identifico in una chiesa che tutela le libertà individuali, favorendo al tempo stesso la fratellanza, una coesione sociale, che accoglie i diversi orientamenti sessuali, favorevole al testamento biologico, che avversa l’omofobia e fa della diversità un presupposto di libertà. La mia è una Chiesa libera e priva di dogmi, senza l’imposizione di una lettura calata dall’alto, accogliente verso gli stranieri e soprattutto trasparente. Essere valdese oggi vuol dire tutto questo per me.

 

 

Gabriele Bertin

Per me essere valdese significa essere parte di una storia che parla di fede, una fede che non resta immutata nel tempo ma che si evolve, che si allarga, così come lo spazio della tenda di cui ci parla il profeta Isaia (54,2). Una storia anche civile fatta di libertà conquistate, di affermazioni rivendicate, di diritti, oggi da spendere per tutti e per tutte. Perchè se le libertà e i diritti non sono per tutti e tutte, allora non sono libertà, non sono diritti, ma sono privilegi. E infine essere valdese per me vuol dire avere anche uno sguardo critico ed interrogativo a partire dal modo in cui leggo la Parola, dal modo in cui questa mi interroga e mi tocca.

 

Maliq Meda

Significa essere una minoranza in un Paese cattolico come l’Italia e ciò ti porta a spiegare ed esporre la propria fede, anche se in modo basilare o quasi banale. Il che è ogni volta occasione di ripensarla, di ricordare la storia dei valdesi. Ma significa anche che in un certo senso queste sono occasioni dove ti ritrovi a pronunciare una confessione di fede, agli altri, a sé stessi e a Dio.

 

Annapaola Carbonatto

Essere valdese oggi per me vuol dire rivendicare la propria identità religiosa in un contesto che magari ha qualche nozione legata al cattolicesimo ma che è profondamente ignorante sul tema delle religioni. Essere valdese oggi per me vuol dire sentirmi dire – se va bene – «ah siete quelli dell’8×1000!». Inoltre se sei una giovane donna femminista e impegnata a vari livelli su tematiche femministe e LGBTQIA+ ti troverai spesso e volentieri in gruppi profondamente diffidenti e spesso ostili nei confronti di qualsiasi accenno ad aspetti religiosi. Quindi sì, essere valdese oggi oltre che complesso è anche molto faticoso.

 

 

Bruna Peyrot

Per me è riconoscermi, ma ciò non è solo valido per il presente, in una storia. Una storia complessa, che ha avuto anche una dimensione di fede. È un modo di ragionare, per esempio considerare tutte le persone allo stesso modo, nella valorizzazione delle loro differenze. Per me è ancora impegnarmi nella valorizzazione del patrimonio culturale concentrato nelle Valli valdesi, una terra simbolica per tutto il protestantesimo italiano e non solo. Credo che essere valdese per me oggi sia infine sempre una gioia, nel sapere di essere un piccolo anello di una lunga catena generazionale che – intrecciata con altre forme, linguaggi o modi di essere – testimonierà la sua storia con la Sua fede, speriamo anche domani.

 

Michel Charbonnier

Credo significhi tante cose diverse e forse proprio la pluralità, il poter essere valdesi in tanti modi diversi, è uno degli elementi più caratterizzanti dell’essere valdesi. C’è chi parlerà della fedeltà alla scrittura, chi della diaconia, dell’aiuto al prossimo. C’è chi parlerà dell’accoglienza, delle diversità. Dell’essere una chiesa dal basso, democratica, una chiesa che non ti dice cosa devi fare, ma ti dà gli strumenti per vivere la tua vita nella libertà e nella responsabilità. C’è chi parlerà della storia, delle radici. L’altra cosa bella è che non è obbligatorio essere nessuna di queste cose per essere valdesi. C’è una cosa che se tu togli dall’equazione crolla tutto il resto, non è più “essere valdesi” ed è la fede in Gesù Cristo.

 

 

Anaïs Scaffidi Domianello

Per me significa portare avanti un impegno che ha molto a che fare con il sociale. Come credente mi sento chiamata ad essere cittadina attiva in un mondo pieno di contraddizioni, che è ben lontano da quello che potremmo chiamare il regno di Dio. Credo che essere valdese oggi significhi dover fare i conti con una società piena di contraddizioni, in cui mi sento chiamata in prima persona a fare nel mio piccolo qualcosa di grande, per lasciare questo mondo un posto un po’ migliore di come l’ho trovato.

 

 

Carola Tron

Credo che fare un bilancio sull’essere valdese oggi ci obblighi a ripensare, a ricordare l’origine di questo movimento. Un movimento di tanti anni, che in questo momento speciale di anniversario ci fa rimettere insieme le fondamenta dei valori, della centralità della parola, del vivere la fede nonostante il rischio della persecuzione, il rischio di essere una minoranza. Valori che riguardano la giustizia, la ricerca costante della verità, la centralità di Dio nella vita, oltre noi stessi. Ecco, questi sono alcuni degli aspetti di ciò che significa per me la mia fede, di cosa significa per me essere valdese oggi.

 

 

Daniele Garrone

Posso descrivere che cosa significa per me essere valdese con l’immagine di tre cerchi concentrici. Essere valdese è, per me, innanzitutto essere cristiano in comunione con tutti gli altri cristiani. Significa poi essere protestante, cioè vivere il cristianesimo nella particolare declinazione che ne ha dato la riforma del XVI secolo, nel messaggio come nell’organizzazione assembleare della chiesa. Significa per me essere cristiano, protestante, in Italia, ma anche erede della storia di una minoranza a lungo osteggiata, discriminata e anche perseguitata; e questo si traduce per me e per noi, oggi, in una passione, anzi in una vocazione per la libertà di tutti.