Tra ignoranza, pregiudizio e intenzionalità

Quando la violenza di genere prosegue anche nel linguaggio e nel racconto. Un corso di informazione e di formazione per sfatare luoghi comuni e denunciare atteggiamenti consolidati

 

Secondo il Global Gender Gap Report 2023 World Economic Forum, l’Italia era al 79esimo posto per la riduzione del gender gap, la posizione più bassa tra gli Stati occidentali, nonostante fosse considerato uno dei paesi più avanzati sulle tematiche di equità, parità e diritti.

Un corso di formazione nazionale (grazie a collegamenti online) dal titolo Il racconto giornalistico della violenza alle donne, a cura di Ordine Nazionale dei Giornalisti e Osservatorio STEP. Ricerca e Informazione si è tenuto oggi a Roma per analizzare come e quanto il linguaggio sia ancora potenzialmente dannoso, come può esserlo quello dei “frame incidentalisti” (processo che porta gli individui a interpretare i problemi, gli eventi o la realtà in maniera diversa a seconda di come viene presentata loro l’informazione).

 

 

Una nuova occasione, quella di oggi, per ricordare il lavoro dell’Osservatorio nazionale indipendente sui media contro la violenza nel linguaggio sulle donne, nato a fine 2023 dalla convenzione tra il Dipartimento di Psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione dell’Università di Roma Sapienza, il Dipartimento Economia Ingegneria Società e Impresa dell’Università della Tuscia e le Commissioni Pari Opportunità dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, dell’Usigrai e l’associazione Giulia Giornaliste (presieduto da  Flaminia Saccà) e che ha come obiettivo il monitoraggio della rappresentazione sociale della violenza di genere  sui media, partendo dall’articolo 5 bis del testo unico, del Manifesto di Venezia.

Cinque ore intense preziose e di confronto su come e quanto l’informazione italiana affronti, racconti e  e rappresenti il fenomeno della violenza maschile sulle donne.

 

 

«Nei primi mesi del 2024 si è da subito registrato, purtroppo, un incremento di femminicidi: tutti continuano a presentare dinamiche simili e una narrazione giustificativa di questi crimini. Il quotidiano monitoraggio dei media su testi e immagini dell’Osservatorio permette di evidenziare alcuni elementi per un piano narrativo corretto», hanno ricordato i promotori dell’incontro. Dunque l’Osservatorio evidenzia come non sia più accettabile ridistribuire la responsabilità «tra vittime e carnefici, attenuando le responsabilità del femminicida anche quando la premeditazione è evidente».

Le strategie di contrasto alla violenza si alimentano anche con una buona informazione, perché questa è la funzione sociale dei media: «non sostituirsi ad avvocati e magistrati, non indugiare sugli stati d’animo del carnefice successivi al fatto ma accendere la luce giusta sulle donne che pagano la volontà e il desiderio di libertà e di autodeterminazione con la propria vita».